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Turchia, lo Stato d'eccezione

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11 Giu 2021 - 07:56

Quando ancora l’AKP (il Partito della Giustizia e dello Sviluppo) piaceva in Occidente, presentandosi come fautore di un processo di democratizzazione e modernizzazione della Turchia, Recep Tayyip Erdogan era considerato l’uomo giusto per traghettare il Paese in Europa. Tempi lontani, in cui i capi di governo di importante Nazioni europee non si sarebbero mai sognati di chiamarlo “dittatore” (Draghi) o “tiranno” (Macron). Tempi nei quali a fare fede erano l’atteggiamento aperto della Turchia e un manifesto programmatico stilato da Yalçın Akdogan, consigliere politico di Erdogan, nel quale l’AKP diceva di ispirarsi a un modello di “democrazia conservatrice” che, come scrive Lea Nocera nel libro La Turchia contemporanea (Carocci Editore) fosse

«a favore dello sviluppo e del progresso, aperto all’innovazione» e considerasse «valori fondamentali lo Stato di diritto, la centralità dell’individuo, l’economia di libero mercato, una società civile forte, diritti umani universali, dialogo e tolleranza».

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