L'Europa League non è la Champions, ma i nerazzurri sono di nuovo a casa
di Gabriele Borzillo
Raccontate quel che vi pare ma l’Inter è tornata. Certo, d’accordo, non è la Champions questa: ma, dato di fatto, da quando esiste l’Europa League mai nessuna italiana si era spinta tanto oltre, fino ad arrivare in finale. Finale, che bella parola se solo penso a dove eravamo tre o quattro anni fa, con onesti pedatori nulla più a vestire il nerazzurro e tifosi dipendenti ora dalle bizze di questo ora da quelle dell’altro. Molte primedonne o presunte tali a pestarsi i piedi, litigare sul nulla, giocare per la propria gloria che chissenefrega della squadra basta che io sia sempre il migliore.
Esattamente, da questo venivamo. E da questo siamo ripartiti in primo luogo grazie a Luciano Spalletti, ricordiamolo, che ci ha restituito una dignità pallonara riportandoci nell’Europa dei grandi: ma i quarti posti, per quanto valessero la qualificazione alla Champions, non erano ciò a cui puntava Suning. Allora sotto con la caccia a un numero uno della panchina, a qualcuno che sapesse come ristrutturare partendo dalle basi, cosa già fatta in passato e ben presente nel suo curriculum, caccia ad Antonio Conte da Lecce. Perché questa finale, comunque vada sarà un successo, è sua: sua e dei suoi ragazzi, di quel gruppo che dopo Bergamo ha stretto intorno a sé perché, piaccia o meno, a lui le palate di cacca lanciata addosso non sono gradite.
Potremmo discutere tempi e modi di quell’uscita ma, senza ombra di dubbio, da quell’uscita è nato un gruppo unito, forte, psicologicamente in grado di reggere le pressioni esterne, di vincere partite da favorito e stravincere quella, paradossalmente, meno scontata. Questa Inter è figlia del lavoro, della disciplina tattica, della difesa a tre che non sopporto, di Barella (ehhh, ma mica si spendono 40 milioni per un ragazzino che viene dal Cagliari), di Ro-me-lu (per me 75 li vale tutti), di de Vrij e Godin, di D’Ambrosio e Gagliardini, di Young e tutti quanti, compreso quel Lautaro che avrà anche la testa a Barcellona (io non lo credo dal primo giorno ma non leggo i pensieri del Toro) intanto però segna col nerazzurro addosso.
Certo, non si è vinto nulla e il Siviglia è una gran brutta bestia, per me in assoluto il peggio che ci potesse capitare, lo vado predicando da epoche non sospette: ma è la sicurezza che questa squadra oggi trasmette a rendermi fiducioso, la capacità di gestire partita ed episodi, la cattiveria nel chiudere i conti quando serve, la crescita mentale dei singoli. No, non è la Champions, e nessuno lo nega, ma è comunque una finale europea: e noi ci siamo. Anzi, ci ri-siamo. Tornati a casa, finalmente.