I nerazzurri tremano ma poi risorgono e si riprendono il secondo posto
di Gabriele Borzillo
Finisce tre a uno, in gloria, con l’Inter annaspante nei marosi della crisi più profonda ma, tu guarda, seconda in classifica. Perché, alla fine dei giochi, quel che conta è sempre e solo il risultato. Non la prestazione, il risultato, che muove anima e pancia dei tifosi. Specifico una cosa: non è stata una bella Inter, quella dei primi sessanta minuti col Bologna, fino al rigore sbagliato da Lautaro intendo, aveva giocato molto meglio: opinione personale, sia chiaro, come opinione opinabile.
Solito schema di Conte, 3412 con Eriksen in panca – materiale da passare a Marotta, ci sarà da lavorare parecchio prossimamente – e Skriniar seduto accanto al danese, dopo la prestazione opaca di Verona. L’allenatore nerazzurro si prende una bella responsabilità scegliendo Borja e Godin, non oso immaginare cosa sarebbe capitato se l’Inter avesse perduto definitivamente bussola e concentrazione. Ad ogni modo siamo prevedibili, dove prevedibili è un eufemismo. Tanto possesso palla, pochissime occasioni per segnare. Questi sono i minuti iniziali della banda Conte, punita per una papera che nemmeno io il sabato mattina con gli amici riesco a confezionare, manco impegnandomi: ma di orrori del genere è piena la storia del pallone. Oltretutto il tifoso si scorda presto delle castagne, tante, tolte dal fuoco da Samir negli anni. La testa dei giocatori interisti adesso è pesante, pochissime idee enormemente confuse. Tanto che il Toro rischia, al primo vero contropiede, di raddoppiare: perché l’Inter, presa in velocità, traballa a ogni ripartenza avversaria: limite che Conte deve sistemare se davvero vuol puntare a vincere qualcosa nel futuro immediato.
Beh, vien da chiedersi all’intervallo, adesso il tecnico leccese qualcosa cambierà. Invece no, per niente. Invece si continua con gli attori, poco protagonisti, dei primi quarantacinque minuti. Però, chissà come mai, gli stessi attori inventano una rappresentazione ad inizio ripresa degna del premio Oscar. L’uno due firmato da I wanna be Ashley Young e Godin rinfranca la truppa nerazzurra. I meccanismi iniziano a oliarsi da soli quasi come se la scintilla, all’improvviso, fosse diventata dinamite (cit.) e le linee di passaggio nerazzurre, magicamente, appaiono come autostrade, non più angusti e tortuosi sentieri di montagna. Il gollonzo di Lautaro, sulla cui esultanza mi vien da dire ma siamo certi che abbia tutta ‘sta voglia di andare a Barcellona a far cosa poi boh, è utile al ragazzo e al risultato finale. Giovedì c’è la Spal e un secondo posto da difendere. Il quesito è: quale Inter ci aspetta?