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L'Inter, Conte e l'identità

A ore partirà la stagione dell'ex tecnico del Chelsea in nerazzurro e la prima considerazione è se sarà più un Trapattoni o un Lippi

29 Mag 2019 - 19:32

Nemmeno quattro giorni dopo la fine del Campionato si è già proiettati verso la prossima stagione, mandando in dissolvenza un'annata raddrizzata in extremis e con più ombre che luci. Così spuntano le prime foro di Conte con lo staff media dell'Inter e si contano i giorni per il ritorno di Oriali. Immancabili i primi nomi, su tutti quello di Barella e Dzeko, con vista su Lukaku, pur facendo riferimento anche alle conferme, a partire da Samir Handanovic, in odor di santità dopo la partita di sabato.

Abbiamo già vissuto questo genere di avvicendamenti, con sentimenti ovvi e il fascino del nuovo. Questa volta però andrebbero analizzati molto attentamente i meccanismi della società, la politica che intende adottare in futuro, la strategia e la speranza che venga data grande attenzione alle personalità dei nuovi arrivi. Il valore identitario è sottovalutato ma ha un fondamento che negli ultimi anni è risultato impattante o lacerante, a seconda delle situazioni. Prendendo Conte ci si affida a un uomo che, come Beppe Marotta, ha un'esperienza e un vissuto fortemente connotato nella Juventus. Conta la capacità, contano le idee e le qualità manageriali, siamo d'accordo. Spesso però, quando si parla di calcio si tende a scomporre il valore del soggetto dalla tradizione e la cultura di provenienza.

Accade perciò che uomini fortemente legati a una maglia e un percorso, trovandosi in un altro contesto, non riescano a esprimere il potenziale per una forma di svuotamento, come nel caso di Nainggolan o di approccio inadeguato, come in passato Marcello Lippi. Al contrario abbiamo casi di allenatori che, pur non avendo grande esperienza, sono stati presi proprio per quel valore culturale e sono diventati preziosi e determinanti, come nel caso di Zidane al Real Madrid.

L'Inter da anni aspetta l'uomo del destino, un trascinatore e vive di riflesso, come se la propria sorte dipendesse unicamente dalla personalità possibilmente debordante dell'allenatore. La storia dice che all'Inter vincono gli Herrera, i Trapattoni, i Mancini e i Mourinho. Se sono vie di mezzo, scommesse o bravi professionisti durano tutti poco. L'Inter deve imparare a cambiare anche in questo, perché gli uomini del destino si riducono, costano tanto e non tutti sono adeguati. Il professionismo di Conte è indubitabile ma la speranza è che sappia comprendere di che materia è fatta l'Inter. Le bandiere sono sparite ma il rispetto, quello vero e reciproco, può fare miracoli.