Qualcuno lo ha pensato: in una giornata del genere a Firenze - lasciamo perdere i 34 gradi centigradi - la Juve di Allegri avrebbe vinto 1-0 mentre il Napoli di Sarri avrebbe perso 3-0. Il calcio è fatto di ricordi e similitudini, ma la verità è che questo sport è sempre un metro più avanti e un pizzico più imprevedibile di quanto riescano a fare la nostra nostalgia e la nostra fantasia (la prima Juve di Lippi, per esempio, dette sensazioni addirittura peggiori nelle sue prime uscite in campionato. Machissenefrega).
Termina 0-0 e la sconfitta è solo tecnica, al punto che Sarri si trova paradossalmente a parlare di Juve fisica nel progetto stagionale spiegato alla vigilia del match del Franchi eppure commenta il dopogara affidandosi al credo di sempre: Khedira avrebbe potuto segnare nell’unica vera giocata riuscita alle spalle della difesa viola (che è stata anche l’unica giocata di Higuain) ma l’assenza di qualità complessiva ha detto no ai bianconeri. Con questo allenatore la squadra andrà apparentemente sempre alla caccia della vittoria sul pulito - non fraintendete, l’aggettivo è di Sarri - e diversamente, quando il livello sale e salirà ancora, potrà aggrapparsi alle antiche virtù per non perdere.
Questo è il riassunto concettuale di una partita che ha azzerato (complici le statistiche) la Juventus dei due convincenti spezzoni contro Parma e Napoli. La Juve è ufficialmente un cantiere e un mattone messo male può condizionare il lavoro di settimane. Ma questo è il problema minore, perché tutto sta nella fiducia dentro la squadra di lavoro: Sarri ha bisogno delle prestazioni per tenere tutti dalla sua, e per quanto possa svilupparsi un‘altalena iniziale, anche di prestazioni dentro le prestazioni. Per questo il pari di Firenze è un reset e la gara di mercoledì a Madrid sarà un appuntamento centrale quasi a prescindere dal risultato: il tifoso vuole vedere, il club vuole credere, Cristiano vuole vincere.
Inutile andare sui singoli, ma fa effetto ascoltare Sarri parlare del necessario di questa Juve - finché sarà questo l’assetto - ovvero di Blaise Matuidi e poi toccare con mano che effettivamente l’ex Psg, seguito da lontano da Alex Sandro e De Ligt, sia stato l’unico a restare sempre e costantemente dentro la battaglia nonostante l’inerzia costantemente viola. Comunque sia, supereremo anche questo pareggio proprio perché il calcio è sempre un metro avanti e domani è già antivigilia Champions. Un punto e tanti grattacapi, che a settembre non guastano quando la società e sana, lucida e determinata. Grattacapi e forze fresche, che alla faccia degli infortuni (dovevamo cancellarla, questa parola) la Juventus detiene in grande quantità a patto che la squadra la finisca di combattere con i crampi quando non è ancora trascorsa un’ora di gioco. A Madrid guarderemo proprio questo: l’ultima mezz’ora. Perché vogliamo essere ancora lì, a centro ring, come piace a Maurizio Sarri.