Nel giorno dei 92 anni del Presidente Onorario Boniperti, la Juve domina il derby contro il Torino e mette un’altra pietra importante verso l'obiettivo minimo stagionale per Sarri
di Stefano Discreti
Nel giorno del novantaduesimo compleanno del presidente onorario e simbolo juventino Giampiero Boniperti, la Juventus batte il Torino (in un derby mai davvero in discussione) per quattro reti ad una, mettendo un’altra pietra importante sulla costruzione del nono scudetto consecutivo. Giampiero Boniperti va tramandato alle nuove generazioni anche per cercare di far capire di cosa si parla quando si fa riferimento al tanto decantato “Stile Juventus, lo stile in primis del compianto Avvocato Gianni Agnelli ma anche quello della bandiera bianconera per antonomasia.
Un tempo altro che procuratori, agenti, mamme di calciatori e donne in carriera. I giocatori si presentavano nella stanza dell’attuale presidente onorario e firmavano un contratto in bianco (senza conoscere minimamente la cifra), dove era lui stesso, in base al valore del singolo, all’impegno dimostrato dal calciatore nel corso della stagione ma soprattutto degli obiettivi raggiunti o meno, a decidere la cifra. Riuscite ad immaginare minimamente una cosa del genere (e così meritocratica) nel mondo d’oggi?
Tanti, probabilmente, nemmeno sapranno che Giampiero Boniperti è quel Presidente che lasciava la partita sempre alla fine del primo tempo perché non sopportava le tensioni della gara ma soprattutto le polemiche del post partita. Immaginate, tanto per capire, se subito dopo il rigore (davvero dubbio) concesso al Var da Maresca e trasformato da Belotti, Andrea Agnelli fosse andato via.
Oggi, che della ricerca frenetica dello scontro verbale e mediatico, del casino, della polemica a tutti i costi se ne fa uno stile “caccia audience”, potrebbe ancora resistere un uomo tutto d’un pezzo così nel mondo del calcio? “Vincere è l’unica cosa che conta” è il motto di Giampiero Boniperti che la Juventus ha fatto suo e che la maggior parte dei media (soprattutto anti-juventini) ha trasformato in un arrogante e presuntuoso modo di essere; ma le sue parole ovviamente volevano dire che alla Juventus arrivare secondi viene da sempre considerato un fallimento e le cose, queste si, non sono cambiate per niente nel corso degli anni. Basti pensare che Sarri, nonostante il primo posto in classifica è ancora sotto osservazione e pronto ad esser nuovamente contestato al prossimo passo falso.
La chiamata di Sarri di quest’anno poi, con la ricerca del bel gioco, a molti ha ricordato l’epurazione proprio di Boniperti nel 1990, quando fu mandato via per dare spazio a Luca Cordero di Montezemolo (mamma mia che errore clamoroso che grida ancora vendetta a distanza di 30 anni…) e al calcio champagne di Maifredi. Le bollicine al bicarbonato prodotte dalla Juve dell’epoca però non sono lontanamente paragonabili alla Juve di oggi, così come non sono nemmeno accostabili gli allontanamenti da allenatori vincenti di Zoff nel 1990 e di Allegri la scorsa estate. Una cosa però sicuramente accomuna le due situazioni: la voglia di restaurazione in caso di zero titoli, di fallimento tecnico.
Nel 1991 il tracollo di Gigi Maifredi (fu davvero l’unico colpevole di quello scempio?) riportò sulla panchina bianconera addirittura Giovanni Trapattoni. Quest’anno, dopo la scoppola subita in Supercoppa contro la Lazio ma soprattutto dopo la sconfitta in finale di Coppa Italia contro il Napoli, in tanti hanno invocato il ritorno di Massimiliano Allegri. Sarri ha invece tutte le attenuanti del caso (mercato sbagliato, squadra vecchia, emergenza Covid-19 e varie) ma la rosa a disposizione, nonostante tutto, in Italia resta nettamente la migliore e allora per rimanere seduto sulla panchina bianconera anche nel corso della prossima stagione dovrà per forza vincere lo scudetto che in fondo, Boniperti dixit, resta l’unica cosa che conta.