I tre punti sono di tutti, il sorpasso è della squadra bianconera
Ci sono partite che lasciano reazioni forti, ma che poi non restano. Inter-Juve 1-2, Dybala-Lautaro-Higuain, è di quelle invece (non così frequenti in Serie A) che mettono tutto insieme perché hanno una forza speciale per i nostri colori: l’avversario si inchina di fronte al campo senza le abituali recriminazioni. Nell’insieme ci sono la prima di Sarri a San Siro da tecnico bianconero, la sua prima assoluta contro un attore protagonista che come ogni ex è tale soltanto la prima volta nonché il sorpasso in classifica. Tutto incorporato dentro una prestazione convinta e coraggiosa, da squadra bella e brava (9 falli contro i 22 dell’Inter, 70 tocchi complessivi con i difensori contro i 150 dell’Inter, 100 palloni tondi di Pjanic in una trasferta dove giocare sul velluto è sempre complicato): parola chiave personalità, come specifica con un focus perfetto Sarri nella conferenza del dopo partita. Al secondo posto, ma eccitante, arriva a ruota poi la qualità.
Ma cos’è la personalità a cui si riferisce con ogni probabilità Maurizio Sarri, ovvero quella che possiamo provare a reinterpretare noi in parole? Il primo quarto d’ora, per esempio. Trascorso subito a caccia dell’Inter. Cioè a non far entrare la squadra di Conte in modalità “canovaccio”. E in modalità “simbiosi” con lo stadio. Una caccia sistematica ma non furiosa e dissennata. Una caccia votata a bruciare le cadenze classiche di gioco (vedi il gol di Dybala, uomo a terra per noi e bacchetta-sorpresa di Pjanic per la Joya con il bosniaco che non fa più la parte del gatto pigro in mezzo al campo). La personalità è poi soprattutto dopo, quando la Juve è vittima del cosiddetto episodio di gioco e rimette in gioco l’Inter con quello che è l’unico vero errore di un 19enne che non resta con la testa sul pasticcio combinato e difende a tutto campo come un forsennato, tra sbavature e chiusure, tra palle aeree e corpo a corpo. La Juve si comporta come se queste situazioni possano essere la normalità dentro una partita (e lo sono). La Juve di Sarri è per una notte quella cosa che ciclicamente i tifosi bianconeri bramano: la percezione di poter confidare in una squadra cannibale, che insista sull’onda di ciò che funziona e sulle difficoltà intraviste nell’avversario. Una Juve che non si spaventa e che non si accontenta, comunque vada. Perché se vinci (e poi tante volte vinci) il giudizio trasversale di superiorità fa godere il doppio. Fa sentire forti il doppio. Fa inorgoglire la comunità società-squadra-sostenitori il triplo.
Personalità che è quella, per esempio, di Rodrigo Bentancur. Figlia della personalità calcistica di Sarri, che prima osa perché è giusto cercare il sangue sportivo dell’avversario con il tridente, che poi aggiusta apparentemente improvvisando. Ma l’uruguagio è l’uomo dell’effetto domino: trequartista come Bernardeschi addosso a Brozovic, ma trequartista che deve dare il pallone giusto, con i giri giusti, al momento giusto. Lo fa una volta e in cielo, in quella stessa porta, ci va Gonzalo Higuain. Però quella palla ha una forza ancora superiore: da assist vincente consegna giusto onore alle prestazioni (di grande personalità) di gente come Cuadrado, Bonucci e Matuidi. I tre punti sono di tutti, il sorpasso è della Juve. Il campionato è iniziato.