Sarebbe comunque stato molto peggio se avesse vinto il Tottenham
Guardiamola allo specchio, questa finalissima di Champions League 2019: se l'avesse vinta il Tottenham con rigore stupido al secondo minuto e diagonale di Lucas Moura allo scadere sarebbe stato molto peggio, perché il Tottenham - facendo anche esattamente la partita che hanno tirato su i Reds a Madrid - campione d'Europa sarebbe stato davvero troppo per non rimuginare. Così è diverso, anche con l'estetica "delle due inglesi, chissà che ribaltamenti e che emozioni" rappresentato dal 4-4 e calci di rigore pronosticato da Alessandro Del Piero a poche ore dall'inizio del match. È diverso perché tutti sappiamo, juventini e non, che Jurgen Klopp se l'è meritata per la proposta con cui ha dato una direzione al suo Liverpool fin dal primo non semplice anno. È un po' come l'Atalanta di Gasperini che alla fine si è presa la zona Champions a coronamento di un percorso. Percorso che Allegri ha scelto a un certo punto di vivere alla giornata e non più con una vision dopo la batosta di Cardiff.
E poi Klopp è affascinante: è una figura che emana convinzione e energia, fair-play e coraggio, calcio giocato e calcio in cui alla fine si riesce a mandar giù tutto con il sorriso. Sembra non prendersi troppo sul serio, il vero fattore retrogrado del calcio nostrano, e soprattutto nelle gioie (il tedesco ha cambiato la storia dei luoghi comuni alla pari di Sarri con l'Europa League, anzi all'ennesima potenza rispetto a Sarri) come nei dolori (quattro finali europee perse iniziavano a pesare) Klopp ha sempre dimostrato di avere le idee chiare.
Ecco perché fa meno male, anche se fa male. Il tifoso bianconero ha in effetti assistito a una partita anche tattica, dai ritmi non infernali, subendo in fondo l'idea che forse forse contro questo Liverpool avrebbe potuto essere la volta buona. Intesi: l'appuntamento con la storia nel primo anno di Ronaldo non è stato neppure sfiorato, però gli inglesi hanno costruito la vittoria basandosi su un vecchio copione del manuale del calcio mondiale. Ovvero un portiere che para, un centrale difensivo insuperabile e un fattore campo devastante (sarà per questo che i neocampioni non hanno rubato l'occhio). Un po' come accadeva alle grandi squadre degli anni '70 e anni '80.
Però attenzione, perché cogliere l'attimo europeista per la Juventus sarà comunque decisivo perché il discorso su cui puntare è un discorso macro. Per il micro, i dettagli e fare ciò che puoi fare meglio nel singolo momento, il dna italiano è già più che sufficiente. Ditelo e ricordatelo anche al prossimo allenatore della Vecchia Signora...