L'occasione sprecata col Napoli fotografa ancora una volta i limiti di questo gruppo
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Nell'eterna metàfora del bicchiere che accompagna un pareggio, non riesco davvero a iscrivermi nel gruppo del “mezzo pieno" per questo Milan-Napoli. Era una partita da vincere, punto. A San Siro, contro l’avversario più morbido – insieme alla malmessa Spal – incontrato da quando c'è Pioli in panchina: l’atteggiamento generale degli azzurri è stato a tratti sconcertante, e non averne approfittato fotografa ancora una volta gli enormi limiti di questo gruppo.
I napoletani sono entrati in campo dopo avere avuto la conferma dell'intenzione della società di citarli per l'ammutinamento al ritiro; i milanisti, o parte di essi, dopo avere controllato Whatsapp, o le ultime stories di Facebook e Instagram. Peccato che però quando si tratta di avere a che fare col pallone, la story sia sempre la stessa: la squadra produce sprazzi di gioco e tentativi con una minima continuità solo per un tempo, il primo; poi, intorno all'ora, comincia a tirare dietro il braccino, a essere spompa nella testa ancor prima che nelle gambe, e pare aspettare il pugno dell'inevitabile ko. È la storia delle partite con la Lazio, con la Juventus e persino il fantasmatico Napoli di sabato ha avuto l'occasione di prendersi tutto.
È un gruppo ormai bacato quello milanista, inutile illudersi ancora. Troppe mezze figure, troppi personaggi in cerca di un autore che non troveranno mai. Su Piątek persino inutile infierire, povera anima persa caduta anche lui nel gorgo di quella maledetta numero 9: in genere un centravanti sfiora il gol, lui sfiora il pallone. Per Biglia parla l’uscita su Insigne che si aggiusta la palla al limite in occasione del gol napoletano, andatelo a rivedere. Con Rebic si possono solo allargare le braccia. E poi Paquetà che non riesce proprio a progredire nella concretezza nelle scelte, Theo Hernandez forte davanti ma altrettanto preoccupante dietro, Conti non ancora fuori dal tunnel, Romagnoli appannato. Degli assenti Suso e Calhanoglu (che sogna il Bayern: sullo sfondo, le risate che si sentono nei telefilm americani) sappiamo tutto. Su questa insalata scondita, come vuole il format della tragedia greca, nella mente dei tifosi (e in quella di Boban e Maldini, soprattutto) si è ormai stagliata la figura del deus-ex-machina Zlatan, la figura soprannaturale che viene a salvare uomini alla deriva.
Ma è proprio l'innegabile fatto che Ibra il Grande sia cercato per questioni caratteriali, di carisma ed extra-campo (tipo provare a vendere qualche maglietta in Italia e all'estero) che per quanto può effettivamente produrre sul terreno di gioco innestato in questo Milan dice tutto dello sfacelo tecnico del progetto, che dovrebbe essere rivisto, e di corsa, prima di finire davvero sul bordo del burrone. Proprio uno che di mercato se ne intende, Beppe Marotta, ha ricordato l'altro giorno che gennaio è un posto povero di idee e di contenuti: figuriamoci poi se si sovrappone una povertà di portafoglio, perché la verità è che negli uffici dell’amata Associazione stanno discutendo anche a proposito dell'operazione Ibrahimovic. Questione di filosofia, raccontano dall'interno, ma anche questione di quattrini che pesano anche se non sono tantissimi.
Per ragionare di Ibra, di Mandzukic (ragionamento personale, ce provo) e di qualsiasi altra alternativa praticabile servirebbe cedere, lo sanno tutti: mestiere che durante la loro prima esperienza di compravendita Boban, Maldini e Massara non hanno proprio appreso. E se il teorico tesoretto viene da Kessié, Borini, Rodriguez, ecco, la verità sporcata da un filo di carogneria è anche la curiosità di vedere chi sono i possibili acquirenti, e soprattutto accertare quanto siano disposti a spendere per i corrispondenti cartellini. Quello che è certo, comunque, è che Ibra non possa bastare, per rattoppare il Milan dei “mal trà insema". Gennaio si avvicina: in mezzo, quattro partite che dovranno farsi largo tra smartphone e procuratori nella testa dei nostri, perché fallirle e continuare con la media-Pioli (0,83 punti a partita) significherebbe iniziare il 2020 in posti che noi “agé" milanisti pensavamo di non dovere frequentare più. Altro che Ibra. Ibrividi.