Con 68 punti solitamente si va in Europa League, quanti punti persi per strada
Anche la serata occupata dalla finale di Coppa Italia finisce con quel po’ di fastidio, quel po’ di cattivi pensieri. Ogni risultato - degli altri - viene codificato in funzione del Milan, scatta questa sorta di domino con la classifica, il calendario, le necessità, le convenienze, soprattutto inevitabili quanto antipatiche dietrologie. Ecco, ha vinto la Lazio, e l’Atalanta ora andrà a Torino col sangue agli occhi, e magari la risarciranno per il torto subìto a Roma, e poi c’è anche il Toro che rischia addirittura di rimanere fuori dall’Europa, ma se vince domenica l’Empoli è praticamente retrocesso e va scarico a San Siro con l’Inter all’ultima giornata, a meno che il Genoa, l’Udinese, eccetera.
Che fatica, ragazzi. Che brutta cosa, che peccato essere ridotti così. La verità è una sola, se ci si vuole sforzare di essere oggettivi, ovvero che il Diavolo, nella migliore delle ipotesi, ha fatto un campionato da 68 punti, e 68 punti, nella normalità della Serie A, significano zona Europa League. Si cerca di incastrare comunque i pezzi del puzzle Champions, ma troppe tesserine sono state perse lungo la strada: la memoria del tifoso è a cortissima gittata, ma oltre al deleterio mese di aprile, c’è anche un dicembre che grida vendetta, i punti lasciati in maniera sconcertante a Bologna e col Frosinone, avversario di domenica.
Si poteva stare con la pipa in bocca e ragionare con tranquillità di futuro, sapendo di avere a disposizione un più largo budget e un vastissimo entusiasmo per il ritorno, dopo un lustro, nella competizione più familiare al Milan, Amen. Si cominci a vincere con Frosinone e soprattutto a Ferrara, dove - vista anche la Spal col Napoli - sarà tutto meno che un po’ di guanti con lo sparring partner, giusto per avere un pezzo di coscienza a posto.
Poi, con almeno un’ Europa (League) in tasca, si ragionerà di futuro. Già dal primo buio dalla fine del campionato, o al massimo al primo sole seguente, giungeranno notizie dalle quali ripartire: il destino di Gattuso, in primis (tutti così sicuri che se ne vada?) e poi qualche addio, comunque un po’ dolorosi quelli di Abate e Zapata, “bandierine” di Milan purtroppo più grigi che rossoneri. Saranno i primi gradini di un’estate ancora una volta fatta di insopprimibili speranze di giorni migliori e di migliori squadre.
Poi, però, verrà la scalinata vera, e al di là di quelle che saranno le reali possibilità della società, la notizia vera da attendere è quella di una direzione tecnica precisa, stabilita. L’improvvisazione forzata dello scorso anno non avrebbe ragion d’essere nella prossima estate, anche quello che è e sarà il fattore condizionante di tutte le operazioni - vale a dire la Uefa, la questione del Fair Play Finanziario - è noto da tempo, deve nascere un Diavolo giovane, low cost e potenzialmente rivendibile, visto che le plusvalenze saranno elemento fondamentale per rimettere in sesto i bilanci e uscire dalla pastoie europee.
Difficile, anzi, difficilissimo: ma chiaro come il sole. Con un vero d.s. al fianco di Leonardo e Maldini, forse sarebbe tutto più facile: ma salvo colpi di scena, quel ruolo continuerà a rimanere una casella vuota nella diligence rossonera. Si può solo sperare che dietro le quinte, qualcosa si stia già muovendo per il verso giusto. Dal 27 maggio - terminati i calcoli su punti, incroci, scontri diretti - comincia subito un nuovo campionato, fatto di nomi e di cifre. Ci sarà da soffrire, ancora.