È il Milan di Rino Gattuso, prendere o lasciare
Al termine dei 90 minuti più congruo recupero, la sensazione è stata quella della prostrazione, della fatica fisica e mentale a dispetto del comodo divano di casa dove si era seduti. Milan-Bologna è stata una lunga contesa di catch per i nervi del milanista, un dondolo di emozioni terminata grazie al cielo con il Diavolo sopra e la banda Mihajlovic sotto. È il Milan di Rino Gattuso, prendere o lasciare.
Una squadra che nel bene e nel male sa prendersi i risultati solo in questa maniera, non certo per la superiorità tecnica, per la freschezza del gioco. Fa pensare – e non è necessariamente un aspetto solo positivo – che la scossa che ha portato poi al successo sia venuta dalla piazzata tra il mister e Bakayoko, avvenuta in un momento in cui i rossoneri stavano subendo senza apparenti contromosse tattiche e agonistiche le folate sempre più velenose del Bologna.
È stata davvero una lotta continua. Lo scazzo a cielo aperto, José Mauri ripescato dal nulla e mandato in campo nel momento più delicato, il gol di Suso, il ko di un finalmente ispirato Calhanoglu, le corse e il gol di Borini, che assurge come figura-simbolo della vittoria. E infine lotta continua anche con l’ennesimo elemento di questa “new wave” arbitrale targata Nicchi e Rizzoli, Di Bello: l’espulsione di Paquetà, se possibile (e ormai non è facile) ha offerto un nuovo inedito della casistica, vale a dire la punizione di un giocatore che allontana la sbracciata del direttore di gara nei suoi confronti.
L’inadeguatezza sua, e di altri fischietti già visti in azione come Abisso e Fabbri, è palese, gli errori tecnici sono largamente superati da queste overdose di permalosità (si è visto anche negli ultimi istanti, con il delirio di cartellini gialli e rossi) che altro non fanno che attestare una evidente mancanza di personalità e di buon senso. Questi dovrebbero rappresentare la futura punta dell’iceberg arbitrale, facciamoci il segno della croce.
La parte buona della modestia e del realismo è stata invece interpretata ieri sera da gente come José Mauri, come Fabio Borini, ragazzi che in questo momento rispecchiano perfettamente tutti i limiti e la residua forza di volontà di un Diavolo che si regala almeno un’altra settimana di speranza, di parole buone per coprire tutto quello che succede e succederà dietro le quinte di Milanello.
La resa dei conti tra Gattuso e Bakayoko potrà anche fare tremare i muri, ma rimarrà fine a se stessa se il già giubilato allenatore non sarà comunque sostenuto al 101% dalla società, che non può passare in cavalleria la clamorosa e pubblica ribellione del francese in nome della necessità. E inoltre, c’è il discorso del futuro, della prossima stagione che è ormai domani e sulla quale Leonardo, nel dopopartita di ieri sera, ha gettato una secchiata d’acqua gelata prevedibile finché si vuole, ma comunque disturbante. La speranza è che un lavoro serio, pensato a dispetto dei limitati mezzi economici a disposizione sia già in cantiere a dispetto di quanto filtra. Il Milan va cambiato radicalmente, è un lavoro enorme e complicato: questo, almeno, se ha voglia di sporcarsi le mani può ancora portare a casa qualcosa. Il prossimo, chissà.