La dirigenza rossonera guarda quelli che viaggiano e sta aspettando che l’operazione stadio risolva il tutto. Intanto però...
Ricorreva ieri l'anniversario della scomparsa di un grande, che continua a mancare a dispetto degli anni – 37 – che ormai sono tanti: Beppe Viola. Proprio nell'ultimo tratto del cammino, Viola, milanista vero, seguì da par suo la rovinosa caduta in Serie B, i fatti raccontati con l'ineguagliabile ironia, e senza sconti. “Calma ragazzi, non siamo ancora salvi, dice Rivera – scrisse sul “Giorno” poco prima della retrocessione -. Ricorda quel tipo che, gettatosi dal sesto piano, passando dal terzo fa ‘Per ora tutto bene”. Quanto vorremmo, quanto servirebbe anche oggi un Beppe Viola a raccontare il Milan tenendoci su il morale, strappandoci un sorriso mentre ci spiega come stanno davvero le cose, che non recita la favoletta per gonzi e che con una battuta fulminante come quella sulle parole di Rivera (deus-ex-machina alla rovescia non appena passato dal campo alla scrivania, guarda un po' i corsi e ricorsi storici) indica una responsabilità, muove una critica, scatta una fotografia della realtà.
Ora, il Milan dell’ottobre 2019 non sta ancora – forse – volando dal sesto piano, anzi. Sta seduto sul marciapiede, a bordo strada, al sicuro dalle macchine che tuttavia vede sfrecciare, andare via. Mentre lui è lì seduto, immobile, a guardare apparentemente inerte. La pausa di campionato forse più disastrosa di sempre per il Milan si chiude con la presentazione del bilancio economico peggiore della lunga storia rossonera, pur costellata di momenti difficili, di casse vuote o semivuote, di presidenti pericolosi e di commissari straordinari (vedi anni ’30, un periodo più che buio di cui non si parla mai). I 146 milioni di buco in una singola stagione sono terrificanti, di facciata, ma – con buona pace del partito Serie D che si agita tra stampa, addetti e pseudoaddetti ai lavori – non porta ancora a scenari funerari. Causa però una serie di conseguenze che non possono essere che dannose, a cominciare dal futuro europeo, dalle nuove sanzioni Uefa che seguiranno a quelle già pesanti (altro che “ce ne fottiamo dell’Europa League") comminate per i precedenti esercizi delle gestioni targate Galliani e Fassone. Molti hanno tirato in ballo la necessità di vendere urgentemente dei giocatori, privarsi dei “gioielli": e qui, francamente, non si sa se sorridere o allargare le braccia. A parte che di “gioielli”, inteso come calciatori con un vero e importante valore di mercato, dalle parti di Milanello ce ne sono due, e rispondono al nome di Donnarumma e Romagnoli; a parte che venderli avrebbe l'ennesimo, devastante effetto sull'immagine e sul rapporto con la tifoseria; ecco, con l'eccezione del capitano, tutti gli altri – compreso Gigio – sono stati per tutta l’estate sulla bancarella del mercato. Il punto è che se per il portierone è mancata l'offerta giusta ed è pesata la volontà forte di rimanere in rossonero, per il resto della truppa non è volato manco mezzo straccio, neanche per Piątek, per Paquetà, che erano evidentemente attesi a una conferma dai grandi club internazionali. E per dare una spintarella al bilancio mollando i vari Suso, Calhanoglu, Kessié, Silva, Rodriguez, Calabria e compagnia cantante bisogna essere capaci di vendere, vendere e monetizzare quello che evidentemente non c'è. E invece, da questo gruppo di giocatori, da un possibile più è nato un altro meno, quello dei milioni – 24 - del riscatto di Kessié.
Nel frattempo, si potrebbe fare qualcosina sul piano strettamente commerciale e comunicativo, perché tenere su un marchio in ribasso aiuterebbe eccome. Una giovane e bravissima collega mi faceva notare qualche giorno fa un'intervista di Donnarumma a Milanello, e alle sue spalle il classico “back" una volta ripieno di marchi e oggi drammaticamente deserto. Ma il Terribile Ivan – altro che Ivan il Terribile – sonnecchia, e così pure gli uomini che dovrebbero provare a spingere, a inventarsi qualcosa per fare sì che il mondo si ricordi che a Milano c'è uno dei club più grandi, e appetibili del pianeta. Non ancora per molto, però: aspettando una riscossa anche e soprattutto dal campo, e promettendo di non seppellirci per il raggelante -146, per ora al Potentissimo Fondo Elliott, al Grand.Uff.Lup.Mann. Singer chiediamo almeno una cosa: dia una sgrullata forte a tutto il comparto dirigenziale dell’A.C. Milan, bene di sua proprietà. Stanno lì seduti sul marciapiede, a guardare quelli che viaggiano, aspettando che l’operazione stadio risolva il tutto. Un pezzetto mica piccolissimo di quel -146 è anche nelle loro buste paga, prima di vendere Donnarumma e Romagnoli si potrebbe pensare di cominciare a risparmiare da lì.