Il russo della Toro Rosso tra Budapest e futuro: "Sono un uomo nuovo". E in casa Haas giurano: "Andiamo d'accordissimo"
Un weekend che ti cambia la vita. Lo ha vissuto a Hockenheim Daniil Kvyat, divenuto papà e capace di riportare la Toro Rosso sul podio per la prima volta dalla storica vittoria di Sebastian Vettel a Monza nel 2008. Tanto da alimentare le voci di un possibile ritorno in quella Red Bull che lo scaricò dopo quattro Gran Premi nel 2016.
Sulla possibilità di riprendersi il sedile ora di Pierre Gasly, il russo parla chiaro: "Queste cose devono essere decise dalla dirigenza della Red Bull. Io al momento guido per la Toro Rosso, ma è chiaro che a lungo termine il mio obiettivo sia tornare a lottare per podi e vittorie. Ma la decisione spetta a loro".
Per lui, reduce da un 2018 senza volante, è una grande soddisfazione e rivincita: "Perdere un sedile in Formula 1 non è stato facile, credevo che un ritorno non fosse possibile. Ma quando mi hanno chiamato è stato importante prepararmi meglio dal punto di vista mentale, e questo lavoro sta dando i suoi frutti. Sono un pilota e una persona molto migliore rispetto al passato e voglio dimostrarlo. La nascita di mia figlia? Fino a 24-48 ore prima non potevo saperlo, l'ho scoperto sabato sera. Ma c'era una gara da fare ed era importante mantenere la concentrazione, e poi sono addirittura salito sul podio. Sono andato subito in ospedale, già domenica sera. Ho dormito con mia moglie e mia figlia, che stanno benissimo e poi sono ripartito subito per venire qui. I miei piedi sono tornati per terra, del resto ora sono qui in Ungheria".
Tono diverso per Robert Kubica, nonostante il primo punto ottenuto da lui e dalla Williams: "Sono state emozioni contrastanti, è bello aver ottenuto finalmente un punto in classifica, ma per il modo in cui è arrivato non è stato atteso. La gara è stata folle e piena di errori, il nostro merito è stato riuscire a rimanere sull'asfalto. Un risultato positivo, ma dobbiamo continuare a lavorare e a spingere. Questo punto lo dobbiamo ai ragazzi che stanno facendo un gran lavoro, il nostro momento non è un granché ma loro continuano a lavorare sodo. Una valutazione realistica? Positivo avere aggiornamenti, un po' siamo migliorati, ma credo che tutti crescano e noi per ridurre il divario con gli altri dobbiamo migliorare più di loro". Sono attesi 35-40mila tifosi polacchi per lui: "Vorrei ripagare il loro affetto, ma credo sarà molto difficile vedendo quanto successo finora. Un sostegno del genere però è sempre stupendo".
Clima decisamente diverso in casa Haas, dove Romain Grosjean e Kevin Magnussen sono reduci da diversi incidenti tra loro nelle ultime gare. Il team ha parlato possibili di "provvedimenti calcistici" per loro (ossia un'espulsione per una o più gare), ma i due gettano acqua sul fuoco. A partire da Grosjean: "La realtà è che ci amiamo, e per questo in pista ci baciamo spesso. Scherzi a parte, siamo stati vittima di circostanze sfortunate. Dall'esterno non sembra così, ma il nostro rapporto è molto buono e ci parliamo spesso. Anzi, ci sentiamo anche al telefono almeno una volta a settimana. Vogliamo far crescere il team e se la soluzione che troveranno sarà come quelle del calcio la accetteremo. Ma i calciatori non hanno un microfono che registra tutte le loro liti in campo, noi sì e questo magari ingigantisce delle semplici reazioni dovute alla foga del momento".
La replica di Magnussen: "L'episodio di Silverstone è stato davvero sfortunato, abbiamo forato entrambi per un contatto di lievissima entità. La realtà è che mi piace lavorare con lui e nella foga della corsa può capitare di commettere errori e magari sfogarsi per radio. Romain è un ragazzo in gamba e la gente non vede che ci riuniamo spesso a fine gara e parliamo per progredire insieme. Possibili decisioni drastiche da parte del team? Non è fondamentale sapere cosa ne pensiamo noi, capisco il loro punto di vista e dobbiamo rispettare loro eventuali decisioni".