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FORMULA 1

Hamilton come Schumacher: così lontani, incredibilmente vicini

Settimo sigillo iridato per Lewis Hamilton nel Gran Premio della Turchia. Ad Istanbul il Re Nero affianca Michael Schumacher nella storia delle corse.

di Stefano Gatti
16 Nov 2020 - 14:42

Ha prima raggiunto e superato i numeri del suo idolo di gioventù Ayrton Senna, con il quale non ha mai incrociato le traiettorie in pista. Poi ha fatto lo stesso con Michael Schumacher, del quale ha direttamente testimoniato la parte finale della carriera per poi prenderne il posto al volante della Mercedes. Ora Lewis Hamilton condivide con il tedesco il gradino più alto del podio della storia della Formula Uno.

Gran Premio d’Italia 2017: a Monza Lewis Hamilton mette a segno la pole position numero 69 della sua carriera (oggi sono diventate 97…), staccando Michael Schumacher che aveva eguagliato solo il GP precedente a Spa-Francorchamps.

Gran Premio del Portogallo 2020, solo tre settimane fa: Lewis centra la vittoria numero 92 (oggi sono già 94…), staccando subito il tedesco, che aveva raggiunto appena quindici giorni prima al Nuerburgring.

Gran Premio della Turchia 2020, il presente ed in un certo senso una porta aperta sul futuro: spalancata oppure appena socchiusa, ancora non è dato saperlo. Hamilton vince ancora (quarta vittoria di fila, decima su quattordici quest'anno) e pareggia Schumacher nel conto dei titoli iridati: sette, appunto. Ma in questo caso, a differenza di quanto avvenuto per il conto delle pole positions e delle vittorie, abbandonare la compagnia dell’ex ferrarista non sarà questione di settimane. Piuttosto mesi, come minimo. Forse anni. Comunque il tempo per Lewis di assaporare la pienezza di un traguardo unico nel suo genere e coltivare il desiderio di inseguirne uno ancora più lontano e più suo, anzi tutto suo. Da conservare poi per molto tempo: questa è già una certezza. E per noi, il tempo di definire meglio i contorni di un’impresa che nella sua sostanza appartiene solo allo stesso Hamilton. Cercare senza affanno i punti comuni e le peculiarità tra due campioni ugualmente affamati e spietati in pista ma così diversi (per non dire opposti) nel vissuto quotidiano: da riflettori sempre accesi il britannico, da uomo riservato e padre di famiglia Michael, secondo uno stile di vita che da scelta si è drammaticamente trasformato in necessità da ormai quasi sette anni a questa parte. Far away, so close: lontani e vicinissimi.

Dei molti tratti comuni tra i due, delle molte possibili chiavi di lettura del “rapporto”, una ci pare significativa. Come Schumacher, anche Hamilton ha dovuto attendere a lungo per passare dalla prima incoronazione alla gloria duratura. Allora alla Benetton, Michael vinse i due titoli 1994 e 1995, prima di saltare sulla Ferrari e lavorare duro per renderla di nuovo vincente mentre Williams e McLaren facevano incetta di mondiali con Hill, Villeneuve e Hakkinen. Per poi mettere a segno la “manita” rossa dal 2000 al 2004. Lewis, da parte sua, ha assistito addirittura per un intero lustro ai successi altrui (il titolo one-off di Button, seguito dal poker di Vettel) prima di poter “collegare” il Mondiale vinto nel 2008 con la McLaren (motorizzata... Mercedes) ai sei conquistati nelle ultime sette stagioni  (l'intera epoca ibrida) con la Casa di Stoccarda. Uno strapotere interrotto solo dal suo compagno di squadra Rosberg ma con tale dispendio di energie da spingere Nico al ritiro, completamente pago dell’exploit e intimamente convinto di non poterlo mai più ripetere.

Insomma, ai titoli vinti, ai propri nomi scritti nell’albo d’oro, all'aspetto "esatto" del parallelo, sia Schumacher che Hamilton affiancano “coccarde” simboliche ma secondo noi altrettanto cariche appunto di significato: confezionate con la tenacia, la costanza, il carisma e tutto quanto ha reso entrambi i più vincenti (ed i più grandi) di ogni tempo, anche soprattutto quando vincere era difficile. quasi impossibile, di fatto un episodio dentro un tempo che apparteneva ad altri. Il marchio distintivo ci sembra proprio questo.

Oggi l’immagine che ci viene in mente è anche quella del Gran Premio d’Australia del 1993, ventisette anni fa. Ayrton Senna vince ad Adelaide il suo ultimo GP, battendo sul traguardo Alain Prost (campione del mondo per la quarta ed ultima volta) ma “issandolo” al suo fianco sul gradino più alto del podio: come oggi in un certo senso idealmente Schumacher fa con Hamilton. E come se il podio non fosse quello di un Gran Premio di Formula Uno ma quello di una gara dei tempi dei kart, da ragazzini entrambi pieni di speranze e di ambizioni: l’origine di tutto, ma come se fosse oggi, adesso, qui.

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