Leggenda dei motori, il britannico si è spento con un particolare primato: il più grande tra i non campioni del mondo di Formula 1. Un destino condiviso con altri protagonisti di altre discipline
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Il mondo dei motori ha salutato Stirling Moss, una vera leggenda della Formula 1 di cui è considerato un campione di ogni tempo. Pur non essendolo: non vinse mai un mondiale. Un destino condiviso con tantissimi altri fuoriclasse delle discipline più disparate: da Mamola nel motomondiale a Poulidor nel ciclismo. Senza dimenticare i particolari casi di Malone e Baylor in Nba, le sei finali perse da Hector Cuper o la nazionale olandese di calcio.
Stirling Moss se n'è andato domenica mattina, a Pasqua, all'età di 90 anni. Malato da tempo, aveva scritto il suo nome nella storia della Formula 1 come uno dei migliori piloti di sempre. Una piccola, grande anomalia considerando un dato statistico quasi incredibile: non si era mai laureato campione del mondo. In pista negli anni di Farina e soprattutto Fangio (un vero cannibale nella corsa all'iride degli anni '50), non a caso Sir Moss - Ufficiale dell'Ordine dell'Impero Britannico "per meriti sportivi" dal 1959 - divenne per tutti il "Re senza corona".
Ma la storia dello sport è piena di campioni considerati tali pur senza aver vinto un mondiale, una coppa, uno scudetto. Basti pensare a Gilles Villeneuve, nell'immaginario di chiunque ami la Ferrari iscritto a pieno titolo tra i migliori di sempre. Nonostante le sole sei vittorie raccolte nel corso della sua tragicamente breve carriera.
Ma c'è anche a chi andò peggio, nel mondo delle quattro ruote e non solo. Si pensi a Chris Amon. Neozelandese, era uno dei preferiti dal 'Drake' Enzo Ferrari. In rosso negli anni '60, nell'arco di tredici stagioni si mise anche al volante di Lola, Lotus, Cooper, March, Matra, Tyrrell, BRM, Wolf: tutti team che vinsero mondiali o anche solo qualche gara. Ma mai con lui: Amon chiuse la carriera senza aver mai vinto una gara, nonostante la bellezza di 851,4 km trascorsi in prima posizione. In anni decisamente più recenti fu Nick Heidfeld a fissare un primato simile: meno talentuoso di Amon ma caratterizzato da una grande costanza, il tedesco attivo tra il 2000 e il 2011 in Formula 1 fu in grado di collezionare otto secondi posti in carriera e cinque terzi. Un totale di tredici podi, senza mai vincere nemmeno un Gran Premio. E che dire di Luca Badoer? Amatissimo collaudatore Ferrari e amico fraterno di Michael Schumacher, tra il 1993 e il 2009 riuscì a correre 59 Gran Premi in Formula 1, senza però ottenere mai nemmeno un punticino mondiale: a nessuno in pista per così tante prove iridate è mai successo.
Spostandoci al mondo delle due ruote, motorizzate o meno, sono due i nomi di cui non ci si può dimenticare. Parlando di motomondiale è emblematico il caso di Randy Mamola: nell'antenata della MotoGP, la Classe 500, raccolse infatti quattro secondi posti nel campionato del mondo (gli stessi di Stirling Moss in Formula 1). Fu battuto infatti da Kenny Roberts (1980), Marco Lucchinelli (1981), Eddie Lawson (1984) e Wayne Gardner (1987). Ma nel mondo della moto Mamola era e resta una leggenda. Proprio come Raymond Poulidor nel ciclismo: il numero più alto di podi nella storia del Tour de France è suo, peccato che arrivò solo secondo (1964, 1965 e 1974) o terzo (1962, 1966, 1969, 1972 e 1976) e mai primo.
Ma anche altri universi sportivi vantano professionisti considerati dei fuoriclasse nonostante la bacheca malinconicamente vuota. Come il tennis, dove Julien Benneteau è arrivato dieci volte alla finale di un torneo Atp, senza però vincerne nemmeno una. O addirittura il wrestling, disciplina di quel "Rowdy" Roddy Piper che fu eletto il "migliore cattivo della storia". Ma che in quarant'anni di attività non divenne mai campione del mondo (al suo avversario per eccellenza, Hulk Hogan, accadde invece ben dodici volte). In ambito basket, poi, vanno almeno citate due autentiche leggende della Nba: Karl Malone, il 'Postino' degli Utah Jazz ancora oggi secondo marcatore di sempre della storia (solo Kareem Abdul-Jabbar meglio di lui), che però perse ognuna delle tre Nba Finals disputate, e soprattutto Elgin Baylor. Ala piccola dei Lakers negli anni '60, arrivò in finale sette volte raccogliendo solo sconfitte. E visto che il destino sa essere beffardo, si ritirò nel 1971. Con i Lakers fatalmente campioni proprio nel 1972.
E il calcio? Celebre il caso di Michael Ballack, che in particolare nel 2002 si abbonò ai secondi posti: con il Bayer Leverkusen perse in 15 giorni campionato, Coppa di Germania e Champions League, poi prese parte ai Mondiali con la nazionale tedesca, sconfitta in finale dal Brasile. Doppia finale persa anche nel 2008: con la Germania agli Europei e con il Chelsea in Champions (con i Blues arrivò anche per tre volte di fila secondo in Premier League). Ma nel suo caso fu l'esperienza al Bayern Monaco a garantire diversi titoli, a differenza di Hector Cuper. Famoso per il 5 maggio 2002 alla guida dell'Inter (con cui peraltro arrivò terzo e non secondo in campionato), l'Hombre Vertical da allenatore di Mallorca, Valencia e Aris Salonicco e da Ct dell'Egitto fece registrare sei finali perse su sei disputate.
Ma negli occhi di tutti gli amanti del pallone rimane l'Olanda, nazionale in grado di cambiare il modo stesso di concepire il calcio negli anni '70. L'epoca di Rinus Michels in panchina e Johan Cruijff in campo generò però due sole finali mondiali, entrambe perse contro i padroni di casa: Germania Ovest nel 1974, Argentina nel 1978. La possibile rivincita nel 2010: finale in Sudafrica, ma ai supplementari vinse la Spagna. E dopo il 2014 gli Oranje addirittura non si sono mai più qualificati né per gli Europei né per i Mondiali...