Permessi di lavoro, svalutazione della sterlina e tasse: ecco cosa comporta per il calcio britannico l'abbandono della UE
Fumata bianca a Bruxelles sull'accordo per la Brexit. Lo ha reso noto il portavoce della Commissione Ue. Esulta il premier britannico Boris Johnson: "Abbiamo trovato un grande nuovo deal sulla Brexit". "Dove c'è volontà c'è accordo e noi lo abbiamo", ha twittato Juncker. Una notizia, per quanto riguarda lo sport, temuta dalla Football Association che ora si troverà a fare i conti con limitazioni notevoli su vari livelli, dal calciomercato ai permessi di lavoro per i tesserati non britannici. Da quando l'accordo sulla Brexit sarà attivo, i giocatori europei verranno trattati esattamente come quelli non appartenenti alla European Economic Area, con tutti i criteri del caso da rispettare per approdare nel Regno Unito. Non a caso tutti i club della Premier League si sono sempre schierati contro questa soluzione.
Cosa cambia per il calciomercato dei club di Premier League è naturale conseguenza. Chi vorrà giocare nel massimo campionato inglese, oggi il Paradiso di ogni giocatore per investimenti e qualità, ma derivanti proprio dal libero mercato all'interno della UE, dovrà uniformarsi a ogni altro lavoratore straniero in UK e dovrà procurarsi un permesso di lavoro come dipendente del club in cui vorrà giocare. Non un passaggio semplice né scontato. Il documento viene rilasciato dallo UK Home Office che riconosce il rispetto dei requisiti (già oggi succede per i calciatori non europei): per quanto riguarda i calciatori, il permesso viene rilasciato automaticamente quando la combinazione tra ranking FIFA della sua Nazionale e la percentuale di partite disputate nei due anni precedenti la richiesta soddisfa i criteri stabiliti. Inoltre bisogna considerare il costo del trasferimento, lo stipendio e la carriera antecedente, discutendo ogni posizione anche a livello orale.
Insomma per le grandi stelle mondiali il problema del permesso sarebbe relativo, mentre diventerà consistente per i giocatori meno in vista a livello globale. Non un problema da poco, anzi, secondo uno studio lanciato dalla stessa FA nel 2018, sono più di 300 i giocatori che non soddisferebbero i criteri per giocare nel Regno Unito. Un esempio: giocatori protagonisti oggi in Premier come Kanté e Mahrez non avrebbero potuto giocare.
Semmai il problema per tutti potrebbe essere di carattere economico. Il valore della sterlina con la Brexit calerebbe drasticamente rendendo più difficile ai club britannici restare competitivi nel mercato internazionale. Anche i top club rischiano un ridimensionamento sul lungo periodo, soprattutto per la difficoltà di competere nell'acquisto di grandi giocatori o per la permanenza delle stelle in rosa, tentati da contratti più vantaggiosi in Europa.