La Gazzetta dello Sport ha parlato con Tim Sparv, il primo giocatore acquistato grazie al metodo di Beane che il Milan ha scelto per il suo calciomercato
C'è chi sostiene che lo studio degli algoritmi faccia parte del calcio da tempo, chi non si arrende alla nuova tecnologia e chi ha aggiunto volentieri la parola Moneyball al proprio vocabolario. In mezzo c'è Tim Sparv, barba lunga e folta, scrive la Gazzetta che lo ha intervistato, e un passato nel Midtjylland dove approdò dal Greuther Fürt, squadra di seconda divisione tedesca, proprio grazie ai dati trasferiti dall'algoritmo di cui sopra fino alla scrivania di Rasmus Ankersen, il direttore sportivo che ha messo in pratica le idee di Billy Beane, consulente del numero uno del Milan Gerry Cardinale.
Il succo del discorso lo abbiamo capito da tempo: al club danese, evidentemente non ricchissimo, serviva un giocatore che garantisse certe prestazioni. Hanno studiato i dati ed è spuntato il nome di Sparv, uno che, vista la collocazione nel calcio mondiale, la seconda divisione tedesca appunto, non sarebbe mai finito dov'è finito. Cosa è accaduto, quindi, lo spiega direttamente lui, attualmente collaboratore dello Sparta Praga oltre che autore di libri.
"Quando sono arrivato in Danimarca Ankersen mi ha preso da parte e mi ha svelato che aveva analizzato centinaia di dati sulle mie partite. Lui e il suo team conoscevano tutto: il numero di tackle stagionali, quante volte mi ero spinto in area di rigore, i tiri in porta. Avevo segnato un solo gol, ma spiccavo per altro. Non fu un esperimento, ma una filosofia precisa. Matthew Benham, il proprietario, amava ripetere: se non possiamo competere a livello economico con i grandi club, allora dobbiamo scovare le pepite d’oro nascoste a modo nostro, attraverso le statistiche. Ha cambiato la storia del club. Nel 2015 abbiamo vinto il campionato per la prima volta, poi ci siamo ripetuti nel 2018 e nel 2020. Nel 2016, inoltre, abbiamo battuto il Manchester United in Europa League".
Come lavora l’area scout?
"Hanno una squadra di analisti e osservatori che si occupano solo di questo. Studiano quello che l’occhio comune non riesce a vedere. Qualcosa che va al di là dei gol, degli assist o del semplice dribbling. Ognuno di noi aveva un report personalizzato con una serie di dati individuali e di squadra. Mi hanno scoperto così, cambiandomi la vita". E ancora: "Oggi studio da allenatore e mi chiedo spesso: di cosa ho bisogno? Quanti giocatori sono in grado di fare quello che cerco? Faccio un esempio: mi serve un esterno che dribbla? Analizzo quante volte salta l’uomo, quante va sul fondo, quante si accentra, quanto calcia in porta, expected goals . Poi lo vado a vedere. Così ho il quadro completo".
Quindi è un rischio affidarsi soltanto alle statistiche?
"Non c’è una scienza esatta, ma ciò che è certo è che ormai bisogna avvalersi dei dati. Adattarsi ai tempi e cambiare approccio, mentalità. Il Milan, ad esempio, sta adottando la giusta strategia. Sono convinto che RedBird sia la proprietà ideale per valorizzare la storia di questo club".