Lo Shenzen nega addirittura con un comunicato l'interesse per l'esterno rossonero. La sua partenza era data per scontata. Come gli acquisti di...
Ci sono le indiscrezioni, per non chiamarle chiacchiere, e ci sono le certezze. Il tutto mescolato dentro un cocktail di mercato che ha un retrogusto fin qui amaro e che non si riesce proprio a comprendere. Per capirsi è necessario concedersi un viaggio nel profondo Est e prendere atto di quanto arrivato, in via ufficiale, dalla Cina: "Non siamo interessati all'acquisizione del calciatore dell'Ac Milan Fabio Borini". Firmato Shenzen. Il Milan è solo il mittente di una notizia che ha smesso in due righe di essere tale e che ha lasciato un po' tutti sbigottiti. Facciamo un passo indietro: da giorni si parlava, come se non restasse che mettere nero su bianco, di un imminente trasferimento nella Super League di Borini. Sembrava che l'unico problema fosse l'accordo sul cartellino. Il Milan voleva circa 10-12 milioni, lo Shenzen non ne scuciva più di 8. Con il giocatore era tutto bell'è che fatto. Era, perché poi è arrivato il comunicato dello Shenzen e la questione ha smesso di essere quasi ufficiale per diventare ufficialmente una bufala. E' il mercato, si direbbe. Ma davvero è tutto qui?
Nell'ultimo mese, affascinati dalla possibilità che il nuovo Milan potesse tornare a farsi sentire in Europa, sono stati accostati ai rossoneri diversi giocatori di spessore. Magari non giovani, ma sicuramente di qualità e talento. Ibra, innanzitutto, poi Fabregas, Quagliarella e Muriel, per citarne quattro che hanno trovato casa altrove. Comun denominatore: hanno strappato condizioni contrattuali migliori forse proprio perché accostati ai rossoneri. Nulla di nuovo sul fronte, nel senso che fa parte del gioco delle parti, ma fa specie che dei quattro almeno tre siano stati espressamente citati come obiettivi da Leonardo. Il che lascia pensare, se non altro, perché va bene la linea Elliott - niente over 30 -, ma se un giocatore finisce ufficialmente - ripetiamo, ufficialmente - nel mirino di un club, se qualcosa va storto un pensierino va fatto.
Quale? Innanzitutto che è stata sottovalutata da media - noi compresi, chiediamo venia - la portata della sentenza Uefa che ha poi convinto il Milan a rivolgersi nuovamente al Tas. La questione FFP è delicata e in buona parte illogica. Delicata perché si pensava che il Milan avesse mani sufficientemente libere per questa sessione di mercato e invece così non è (si tratta di rientrare da un passivo importante, frutto dell'anno cinese, per evitare l'esclusione dalle coppe tra due anni). Illogica perché, come da più parti si dice adesso, il deficit concesso dalla Uefa per restare all'interno dei paletti del Fair Play non può essere lo stesso per Paesi come Inghilterra e Spagna che fatturano 10 e Paesi come il nostro che, Juve esclusa, fattura 1. E' come pensare che uno stipendio italiano abbia lo stesso potere d'acquisto qui o, per dire, in Congo. Ma questo è un argomento complesso che il Milan proverà a trattare a Losanna.
Forse, però, questi affari sfumati sono legati a questo stesso filo. La sensazione è che la portata della sentenza Uefa sia stata inizialmente sottovalutata anche dal Milan. Che, cioè, anche il club di via Aldo Rossi abbia capito con un certo ritardo di essere finito in una rete dalla quale non si esce. Quindi Ibra era possibile e poi non lo è più stato, così come si potevano ipotizzare altre operazioni che ora finirebbero dritte dritte sul tavolo della Uefa. Lo ha detto Leonardo: a Nyon hanno voluto chiarimenti sull'affare Paquetà. Ed è abbastanza incredibile, visto che l'affare è economicamente più che positivo (dilazione ampia). Fatto sta che il mercato rossonero è diventato tanto più complesso quanto illeggibile. Spuntano nomi, uno dopo l'altro, e sfumano quasi alla stessa velocità. Un giocatore dietro l'altro, con l'obiettivo di abbinare costi ridotti - specie alle voce ingaggi -, a profili futuribili. Sensi, per dire, oppure Duncan o, come qualcuno ha scritto, il romanista Pellegrini.
Il punto però è un altro: Gattuso ha bisogno di un attaccante - esterno o seconda punta - e possibilmente di un centrocampista. Perché in tutto questo, in fondo alle clausone europee, la necessità prima e irrinunciabile è l'accesso alla prossima Champions. E per centrare l'obiettivo la squadra va migliorata, completata. Borini poteva essere un buon affare in uscita, ma anche l'ultima certezza è diventata la certezza di aver ipotizzato un'operazione sbagliata. Carrasco? Vedremo, ma costa tanto (30 milioni) e ha un ingaggio molto alto. Dendoncker? Profilo interessante, ma quest'anno non ha giocato davvero mai.
Mentre gennaio resta un enigma e giugno un mese che rischia di essere complicato. Ci sono riscatti da onorare, Higuain e Bakayoko, entrambi costosi (il centrocampista del Chelsea è in pratica pagato da André Silva, che sarà riscattato dal Siviglia) e cessioni da evitare, Donnarumma, ad esempio. A meno che un'altra volta il Tas non venga in aiuto al Milan aprendo orizzonti del tutto diversi. Perché come accaduto all'Inter in questi ultimi tre anni, i soldi ci sono, ma non si possono spendere. E questo, per chi vuole tornare grande, è un problema grosso davvero.