Con la conquista del titolo-bis nella premier class, il campione torinese prende la scia dei più grandi di sempre
di Stefano Gatti© Getty Images
Mettendo la seconda firma consecutiva sull'albo d'oro della MotoGP dopo il trionfo nel Gran Premio della Comunità Valenciana e la caduta del suo rivale al titolo Jorge Martin, Francesco Bagnaia non si è semplicemente ripetuto al capolinea di una stagione molto complessa nel suo svolgimento, segnata dal suo allungo iniziale e dalla rimonta dello spagnolo a cavallo della pausa estiva, oltre che complicata dall'incidente al via del Gran Premio della Catalogna di inizio settembre che ha a sua volta dato il via ad un terzo finale di stagione all'insegna dell’equilibrio e di un weekend finale ad altissima tensione. Pecco ha invece dato continuità al suo "regno", consolidato le fondamenta di una possibile serie negli anni a venire, rafforzato il suo ruolo di uomo-faro del team ufficiale Ducati. Questione di allargare i gomiti, fare le spalle larghe e per così dire marcare il territorio, soprattutto nel caso in cui il prossimo anno il suo rivale per il titolo 2023 - oltre che guidare la stessa moto - possa cavalcarne una dagli stessi colori: quelli ufficiali! Già prestigiosa di suo, l'impresa-conferma posiziona insomma Bagnaia un "cielo più in alto" (per dirla con il Poeta), nell'empireo del motociclismo. I precedenti non sono solo semplicemente illustri: di più!
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Dei quattro campioni plurititolati dell’era MotoGP (ventidue stagioni a partire dal 2002 e compresa questa), a riconfermarsi da un anno all’altro sono stati solo (in ordine di… anzianità) Valentino Rossi e Marc Marquez, mentre Casey Stoner e Jorge Lorenzo si sono dovuti prendere una o anche due stagioni di pausa per focalizzare e centrare di nuovo la missione. Back-to-back nel 2008 e nel 2009 per il Dottore, nel biennio 2013-2014 per Cannibale. Senza dimenticare (ci mancherebbe altro!) che tanto Valentino quanto Marc sono andati parecchio oltre: lo spagnolo con il poker 2016-2019, l'italiano con quello 2002-2005, che diventa "manita" dal carattere storicamente significativo, agganciandovi il primo titolo nella premier class datato 2001 in sella alla Honda 500. Un back-to-back che - appunto - fa di Rossi un campione senza tempo, forse addirittura l'anello di congiunzione tra due diverse ere "geologiche" del motociclismo. Per metterlo nero su bianco occorre però attendere ancora qualche anno, una prospettiva più ampia: a definire i contorni della quale saranno anche i campioni oggi protagonisti in pista e poi nei prossimi anni: come gli stessi Bagnaia e Martin, come Fabio Quartararo (non dimentichiamolo!) come speriamo Marco Bezzecchi o i futuribili Pedro Acosta e Fermin Aldeguer.
Meglio però tornare in traiettoria: alla riconferma di Bagnaia, al presente e alle sue importanti radici storiche, a Rossi anello mancante tra MotoGP e 500.
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Ecco, appunto, la 500: prima di Rossi e Marquez (ma stiamo parlando degli anni Novanta e addirittura Ottanta del... secolo scorso), erano stati addirittura Michael Doohan, Wayne Rainey e Eddie Lawson a fare doppietta in un premier class di stampo continuativamente anglosassone, nel loro caso facendo meglio di Freddie Spencer, Kevin Schwantz e Kenny Roberts Jr., questi ultimi due in ogni caso "monotitolati".
A proposito di Roberts: la tripletta di "King Kenny" (1978-1979-1980) fa da cerniera tra due decenni e probabilmente tra due epoche del motociclismo, preceduta come fu dall'uno-due di Barry Sheene e dal regno di Giacomo Agostini. Qui però siamo per così dire già oltre. Bagnaia (che era stato campione del mondo Moto2 nel 2018), merita di potersi concentrare sulla stretta attualità: per controcorrente che sia, la Storia con la esse maiuscola viene dopo e... può attendere. Lo merita anche il suo già autorevolissimo rivale, lui pure candidato a mettersi nella scia dei più grandi.
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Giusto però, prima di chiuderci alle spalle la porta sul 2023, finire con un pensiero sul neo e bis campione Bagnaia. Due titoli e due imprese: quella di ripetersi un anno dopo l'altro e (tornando al 2022) quella di trionfare da primo italiano tredici anni dopo l'ultimo sigillo di Rossi ma soprattutto mezzo secolo esatto dopo l'ultimo successo di un binomio pilota-moto tutto italiano: Giacomo Agostini con la MV Agusta nel lontano 1972, naturalmente. Viene allora da pensare: con quali effetti speciali ci stupirà Pecco nel 2024? È il primo tema che lanciamo in direzione del prossimo anno: al tramonto di Valencia e all'alba della stessa Valencia: perché è proprio dal"Ricardo Tormo" che si riparte subito.