Il quinta appuntamento della stagione ha confermato la china pericolosa imboccata dal Mondiale
di Stefano Gatti© Getty Images
"Dobbiamo tutti darci una calmata, altrimenti non arriva nessuno a fine stagione". Dure, drammatiche e inevitabili, le parole di Maverick Vinales nel dopogara di Le Mans indicano la via da seguire o meglio... quella da scartare al bivio obbligato del primo scorcio di stagione: tre weekend di pausa per invertire la rotta, in occasione della ripresa delle ostilità (è il caso di dirlo) al GP d'Italia del Mugello tra poco meno di un mese. Intervallo di tempo necessario e sufficiente per porre... un freno ad una situazione esplosiva. La catena di incidenti che ha contraddistinto i primi cinque GP (quelli del Portogallo, di Spagna e di Francia in modo particolare) impone riflessioni urgenti e una correzione di rotta che - inutile negarlo - è in definitiva demandata alla coscienza dei piloti. Sì perché ormai la strada è tracciata e il movimento non può fare marcia indietro su un format di gara più accattivante che in passato ma varato senza pensare troppo alle conseguenze e in base solo a logiche commerciali, che poco o nulla hanno tenuto in conto chi in pista scende per davvero e deve affrontare lo stress di due gare (poco conta che una sia Sprint) nell'arco di ventiquattro ore.
© Getty Images
Le conseguenze si sono viste fin da subito. Il primo Mondiale di Enea Bastianini con la Ducati factory e di Pol Espargarò con la GASGAS non è mai iniziato, quello di Marc Marquez è già compromesso (per quanto riguarda la corsa al titolo), Luca Marini e Alex Marquez a Le Mans hanno rischiato grosso, Miguel Oliveira è stato abbattuto sia a Portimao che a Jerez de la Frontera. Le griglie di partenza non sono mai state così "ricche" (si fa per dire di piloti di riserva), collaudatori ed ex protagonisti del Mondiale, richiamati per prendere il posto dei titolati costretti alla... panchina o addirittura in tribuna. Senza nulla togliere ai vari Petrucci, Folger e Savadori, un impoverimento dello schieramento di partenza bello e buona e una decapitazione netta di motivi di interesse: come la rincorsa di Marquez al nono titolo o la sfida interna tra Bagnaia e Bastianini, solo per fare due esempi.
© MotoGP
Ciò che i piloti denunciano sono i tempi serratissimi del weekend di gara, anzi di gara. Non si tratta, a nostro giudizio, di semplice mancanza di tempo per trovare la messa a punto della moto in vista del via, quanto di adrenalina che scorre fuori controllo. Non solo: mentre fino all'anno scorso su una gara andata male, un errore, un incidente, i piloti (e le squadre) avevano modo di riflettere e ragionare per almeno cinque giorni (in caso di GP back-to-back) o magari una decina di giorni o anche due settimane, ora questo prezioso intervallo di tempo e di "stacco" non esiste più.
© MotoGP
Un errore commesso nella Sprint del sabato, un episodio controverso, una caduta comportano necessità di "rivincita" immediata, già all'indomani. Senza possibilità di rifletterci sopra, il tempo di prendere le contromisure. Si torna subito in pista, senza rielaborare, in preda all'adrenalina di cui sopra. Dite che i piloti sono lì per quello? È un punto di vista legittimo, ma parziale. Ma tant'è: soluzioni immediate non ce ne sono. La bomba è innescata e a disinnescarla non saranno comunque i piloti, che accettano il rischio per mestieri e -una volta abbassata la visiera, inutile sperare il contrario - diventano nel bene e nel male prede della loro stessa indole.