L’evoluzione tattica di uno dei migliori attaccanti della A
Uscire da sé e dai propri schemi mentali è per chiunque una delle cose più difficili. Di norma non lo si fa mai da soli, serve qualcuno che dia dall’esterno gli input giusti. Nel caso di Domenico Berardi, Roberto De Zerbi sembra più che un semplice tecnico. È in realtà la persona che ha saputo riposizionare in campo e sul piano psicologico un giocatore di grande talento ma con un fiuto particolare per il boicottaggio di sé stesso.
Il tecnico è riuscito nell’impresa modificando prospettive e percezioni di quella che era la principale risorsa al centro dell’attacco del Sassuolo. Ma per arrivare alla rinascita Berardi ha dovuto attraversare il deserto personale, fatto di momenti esaltanti e fasi di crisi acuta. E se l’attuale mister neroverde è l’uomo che lo ha rilanciato ad alti livelli, il primo ad averne compreso potenzialità e limiti è stato Eusebio Di Francesco.
Domenico Berardi, calabrese di Cariati classe 1994, mancino naturale, nasce come tipico centravanti con ottimi fondamentali e la voglia matta di far gol. Ma ha una caratteristica che, se da una parte rappresenta una spinta essenziale in campo, dall’altra è un limite con il quale fare i conti. Da bravo giovane emergente, tende a confondere voglia di mettersi in luce e carattere, una certa prepotenza in campo e leadership nello spogliatoio. Equivoci non da poco, specie nell’economia di un gruppo. Ma anche i difetti possono diventare punti di forza.