Le analogie con gli anni all'Inter
È tornato Mourinho, viva Mourinho. Non sappiamo il giorno della prima conferenza stampa, della presentazione, della prima dichiarazione ad effetto, magari in romanesco. “Io non sono un pirla” da cosa sarà sostituito? Chissà, aspettiamo fiduciosi immaginando di tutto e di più, convinti che questo colpo di mercato da parte della Roma difficilmente potrà essere superato, quantomeno dal punto di vista dell’impatto mediatico. Sognando sognando, per vedere se Mourinho è davvero rimasto “The Special One”, proviamo a pensare a cinque mosse che potrebbe fare il portoghese in giallorosso.
VINCERE UN DERBY IN 9 CONTRO 11
Nella stagione del triplete, undici anni fa, il momento forse più godurioso quantomeno in campionato dell’Inter di Mourinho era stato il derby vinto 2-0 contro il Milan giocando in dieci per 64 minuti e in nove per 3. Una partita in cui il dominio mentale, quasi la manipolazione dell’avversario, da parte del tecnico portoghese era stata totale. Specie dopo l’espulsione di Sneijder al 26′ per applauso ironico rivolto all’arbitro Rocchi. Pur in inferiorità numerica l’Inter domina i rossoneri, che rimbalzano su questo muro di gomma come se in dieci fossero loro e non i rivali cittadini. Come un blocco di opliti greci, una testuggine insuperabile e abile a ripartire, l’Inter sfrutta il gol in avvio di Milito su assist involontario di Abate e colpisce su calcio da fermo con un altro episodio che, riletto a posteriori, racconta molto della magia e della predestinazione di quella squadra: punizione per l’Inter dal limite con Pandev, pronto ad essere sostituito da Thiago Motta, che però vuole tirare. Esecuzione semplicemente perfetta, 2-0 e tutti a casa, dopo che già in precedenza in un contropiede il macedone e Milito da soli contro l’intera difesa del Milan erano arrivati in porta, fermati solo dal palo. Ciliegina sulla torta, il rigore parato da Julio Cesar a Ronaldinho dopo il rosso a Lucio. “Abbiamo fatto una gara che dal primo minuto si sentiva che la vittoria era nostra. La perdiamo solo se finiamo con sei, anche con sette vincevamo”: Mourinho è quasi trasfigurato nel dopo-partita, può affrontare “il rumore dei nemici” col petto in fuori. Lo attende un derby che ogni volta è una battaglia.