Storia di uno dei difensori più iconici degli anni Novanta
Cartesio sosteneva che “Essendoci una sola verità per ogni cosa, chiunque la trovi ne sa tanto quanto se ne può sapere”: un principio che può ricondurre a una realtà calcolata matematicamente, esatta per certi versi. Questo nello sport non è stato sempre vero: sono tante le eccezioni che hanno permesso di credere che, ad esempio, la squadra oggettivamente più forte vincesse sempre, o che ci fosse la capacità di realizzare il prototipo indiscutibile dell’atleta più forte. Le verità, per così dire, sono tante quante le variabili che si possono manifestare. Nel caso di Jaap Stam la verità è una sola, cartesiana: lui era “il” difensore. E non ci sono evidenze che ci dicano che tale affermazione possa essere confutata.
Nato nel 1972 e transitato da Olanda, Inghilterra e Italia, la sua carriera è un monumento per quella corrente di “Millenials” votata alla celebrazione del calcio “nostalgico”, in una pulsione continua a rendere archetipali profili entrati nella mitologia dello sport episodi unici e difficilmente ripetibili.