Con la pandemia verso il “football light”
All’inizio sembrava surreale, ma ne abbiamo colto l’essenza migliore: il ritorno al gesto tecnico, al gol, alle voci dei protagonisti del campo, ai primi timidi abbracci, dopo i poco credibili colpi di gomito delle reti segnate a maggio in Bundesliga. Un modo, l’unico, per tornare a godere del calcio, nonostante gli stadi vuoti e l’eco assordante. Abbiamo provato a fingere che, quella di vedere partite giocate senza pubblico sugli spalti, fosse un compromesso accettabile.
Le ultime grandi partite di Champions disputate con gli stadi pieni sembrano ricordi lontanissimi: l’Atalanta che domina il Valencia a San Siro, in quella che per alcuni è la partita zero del contagio, l’apice in termini di euforia collettiva che ha coinvolto praticamente tutta la comunità bergamasca e generato un effetto virale incontrollabile, e l’Atletico Madrid che strappa una qualificazione clamorosa a casa del Liverpool, ad Anfield, in un match pieno di colpi di scena, ribaltamenti, emozioni, afflati passionali tra giocatori e tifosi. Quelli del Liverpool che esultano a pochi centimetri dalla Kop e quelli dell’Atletico che scavalcano per andare ad abbracciare i propri, più di 3000, fan accorsi dalla Spagna in una sorta di allegria dei naufragi. Mentre vedevamo Morata segnare il gol qualificazione dei colchoneros, tutti noi eravamo coscienti che quella sarebbe stata l’ultima partita vera che avremmo visto, almeno per un po’. Una ricerca di Edge Health ha quantificato le vittime causate dagli effetti di quel match: circa 41.