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I boccoli biondi erano un must negli anni Ottanta, quando ancora non esistevano i social e i calciatori dicevano la loro solo sul campo. Oggi, probabilmente, Paolo Benedetti avrebbe moltissimi followers su Instagram, soprattutto in ambito femminile. Era all’epoca uno dei più “gettonati”, anche se la concorrenza nel suo ruolo e una Serie A molto più competitiva di quella di oggi gli hanno riservato una carriera inferiore a qualità espresse e meriti acquisiti nonostante numeri comunque “robusti” che parlano di più di 250 partite nella massima serie.
Toscano di nascita (Pisa, dove comincia a tirare i primi calci al pallone nella squadra del suo quartiere, l’Aurora Barbaricina, e dove chiuderà in nerazzurro a 37 anni dopo tre stagioni di pausa dall’ultimo campionato con il Lecce), comincia la sua carriera da professionista a soli 17 anni nella Lucchese, in C1. Lo lancia e lo valorizza il triestino Marino Bergamasco, vecchio amico e sodale del Paron Nereo Rocco. Due anni in rossonero e poi dalla C2 (dove la Lucchese era scivolata nel ’79) il triplo salto in Serie A. Sempre in Toscana, a Pistoia. La maglia è arancione, la stagione per certi versi storica: la prima (e finora unica) della Pistoiese nella massima serie. Tra i suoi compagni di squadra tre sono a fine carriera ma con importante pedigree: Mario Frustalupi, regista sopraffino vincitore di due scudetti (nel ’71 con l’Inter e nel ’74 con la Lazio); Mauro Bellugi, arcigno stopper titolare ai Mondiali d’Argentina del ’78; Marcello Lippi, che un quarto di secolo dopo da ct diventerà campione del mondo in Germania. Anche lo straniero della squadra allenata da Lido Vieri ed Edmondo Fabbri (ct azzurro nel disgraziato Mondiale ’66) lascerà suo malgrado una traccia: il brasiliano Luis Silvio, forse il peggior bidone dalla riapertura delle frontiere. Benedetti, da debuttante, fa cose egregie. Firma, per esempio, il primo gol in A della Pistoiese: 21 settembre 1980, seconda giornata, 1-1 contro un’Udinese che pareggia solo all’87esimo con Acerbis. Segnerà 4 reti in tutto nel suo primo torneo di A e tutte portano punti. Oltre al pari di cui sopra, Benedetti va a segno in altre tre partite, sempre in casa: contro il Perugia (1-0), l’Avellino (2-1) e il Torino (1-1). Le sue brillanti prestazioni non passano inosservate. Azeglio Vicini lo convoca nell’Under 21, a fine stagione la Pistoiese retrocede ma Paolo rimane in A. Il Napoli, reduce dalla delusione per uno scudetto perso sul filo di lana, sborsa per lui più di un miliardo per una campagna acquisti che porta sotto il Vesuvio anche il bomber Palanca (dal Catanzaro), il regista Criscimanni (dall’Avellino) e il difensore Citterio (dalla Lazio). Sotto la guida di Rino Marchesi il Napoli però delude e non va oltre il quarto posto. Benedetti soffre forse il salto dalla tranquilla provincia toscana alla calda metropoli partenopea e così a fine stagione risale la Penisola e approda al Genoa. Rimane tre anni in rossoblù: una sofferta salvezza, una retrocessione e un campionato di B. Ma Benedetti a Genova diventa presto un idolo. Centrocampista dai piedi buoni e dalla grande falcata, abile negli inserimenti di testa, in possesso di un gran tiro da fuori e bravo in acrobazia soprattutto nelle rovesciate, quasi un marchio doc. Questo l’aspetto “tecnico”. La sua Golf rossa, poi, è la macchina più “assediata” dalle ragazzine quando finiscono gli allenamenti e i calciatori lasciano Sant’Olcese per raggiungere le loro abitazioni. La B, anche se a Marassi è un re, gli va stretta. Così nell’estate ’85 torna nella massima serie e passa all’Avellino. Nella prima stagione in Irpinia stabilisce il suo record personale di gol: 5, soltanto Ramon Diaz (con 10) ne segna di più in quell’Avellino. Come a Genova, Benedetti rimane tre anni anche in Irpinia. Nell’estate ’88, con l’Avellino retrocesso, Carletto Mazzone lo chiama a Lecce. Saranno cinque le stagioni in Salento, tre in A e due in B con la carriera che si chiude a soli 32 anni in modo abbastanza insolito. Benedetti è il capitano della squadra che torna in A al termine della stagione 1992-93: con Bolchi gioca 38 partite su 38 e non salta neppure un minuto. Ma nell’estate ’93 (con Sonetti che nel frattempo prende il posto di Bolchi sulla panchina giallorossa) non trova l’accordo con la società e decide di smettere, nel pieno del suo splendore fisico. Genoa, Avellino, Lecce: ovunque Paolino il biondo, dopo gli esordi con Pistoiese e Napoli, ha lasciato grandi ricordi e firmato gol indimenticabili. Per bellezza e/o importanza. Ecco la sua top six (un consiglio: dateci un’occhiata sul web…) a cominciare da due “zuccate” prestigiose in casa Juve: 1982-83, ultima giornata, forse in omaggio di un gran colpitore di testa come Bettega, un gran colpitore di testa, apre le marcature per il Genoa con un bell’inserimento in area su corner dello specialista Pasquale Iachini. Poco importa che la gara finisca poi 4-2 per i bianconeri… ; 1983-84 ancora un 4-2 juventino e ancora uno splendido colpo di testa in rossoblù, questa volta in elevazione su Cabrini e su puntuale cross dalla sinistra di Policano, che vale il momentaneo 2-2. Nel 1985-86, con l’Avellino, è prestigioso lo scalpo interista: i nerazzurri perdono 1-0 al Partenio e il gol, spettacolare, è… tutto biondo: Agostinelli scodella un invitante pallone a centro area, Benedetti azzecca una strepitosa rovesciata che lascia esterrefatti due campioni del mondo come Bergomi e Collovati e obbliga Zenga a raccogliere il pallone in fondo al sacco. Anche a Lecce spettacolari dispetti alle grandi e un gol “di peso”. Stagione 1988-89, numero 10 sulle spalle, colpo di testa in tuffo su corner al bacio di Barbas per il vantaggio salentino su un Milan che pareggia poi con Virdis. Nella stessa stagione è in pratica uno spareggio salvezza la sfida che all’ultima di campionato mette di fronte Lecce e Torino: uno spettacolare colpo di testa di Benedetti su precisa imbeccata di Barbas mette subito in discesa la partita che i giallorossi alla fine vinceranno 3-1 condannando i granata alla seconda retrocessione della loro storia. L’abitudine di far male alle grandi accompagna il centrocampista goleador pisano anche la stagione successiva, vittima sempre il Milan che nel 1989-90 vince 2-1 al Via del Mare rimontando con Baresi e Van Basten l’iniziale marcatura del solito Benedetti: assist di Pasculli, controllo di destro e stoccata vincente di sinistro in area che non lascia scampo a Pazzagli. Zeru tituli in carriera ma numeri comunque importanti: in A 28 reti (quasi tutte belle e mai banali), con il rimpianto di non aver mai vestito l’azzurro della Nazionale A per un “tuttocampista” completo in possesso di corsa e senso tattico, bravo a impostare, a rifinire e a concludere. Finita la carriera con il divorzio a malincuore dal Lecce nel ’93 (e con uno sporadico ritorno all’attività nel 1996-97 in C1 con la maglia del “suo” Pisa propiziato dal suo sfortunato concittadino Luca Signorini, ex Genoa e all’epoca direttore generale nerazzurro), Benedetti non rientra più nel mondo del calcio. Gestisce, insieme con la moglie, un centro estetico nel centro di Pisa.
Paolo Benedetti classe 1961
Serie A: 263 presenze, 28 gol
Serie B: 93 presenze, 4 gol