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TRENTA SENZA LODE

"Caio" Ferrarese: piedi buoni due gol in A e un po' d'azzurro

Centrocampista classe '78, ha giocato nel Verona, nella Cremonese nel Torino e nel Napoli

di Matteo Dotto
04 Mag 2022 - 17:29
 © twitter

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Dall’anno di nascita 1959 a quello 1988: storie di 30 campioni mancati del nostro calcio, grandi talenti che hanno però deluso (in tutto o in parte) le promesse

Piedi buoni, tanta corsa e un rammarico: quello di aver “ballato” solo pochi mesi in A in rapporto al suo talento. E’ la storia sportiva di Claudio Ferrarese, centrocampista offensivo classe 1978, per tutti “Caio”. Una carriera, la sua, che più completa non si può, essendosi snodata per più di 20 anni tra Serie A, B, C, D, Eccellenza e Promozione. Una carriera cominciata – dopo le giovanili nella Virtus, la seconda squadra scaligera - all’Hellas Verona con esordio in B nella stagione 1995-96 e chiusa nel 2017 con una doppia promozione con la maglia del Trento dal campionato di Promozione alla Serie D.

La stagione dell’affaccio in prima squadra è anche quella tinta d’azzurro. Siamo nel 1995-96, sulla panchina del Verona in B siede un maestro di calcio (e persona squisita) come Attilio Perotti, alla guida della Nazionale Under 17 e della Juniores c’è Francesco Rocca, l’indimenticato “Kawasaki” della Roma anni settanta, campione di sfortuna e sergente di ferro in panchina. La giornata dell’esordio avviene il 5 novembre ’95 al Manuzzi di Cesena ed è contrassegnata da grandi nomi. Allenatore dei romagnoli un campione del mondo, Marco Tardelli;  a dirigere la sfida un non ancora internazionale ma già assai promettente Pierluigi Collina. Perotti butta nella mischia Caio, ancora minorenne, a 12 minuti dalla fine al posto di Zanini: il Cesena, avanti 1-0 grazie a un gol di Binotto, raddoppia poi con Hubner. “Ricordo Ferrarese – ci dice Perotti dal suo buen retiro genovese – come un esterno molto tecnico e rapido. Uno che senza dubbio avrebbe potuto e dovuto fare una carriera migliore.” Dopo qualche sporadica panchina, Ferrarese rivede il campo il 10 marzo ’96 sempre fuori casa, a Reggio Calabria. Questa volta gioca un po’ di più: con il Verona in svantaggio entra al minuto 65 per il difensore Caverzan ed è un ingresso che porta bene visto che un minuto dopo Totò De Vitis risolve una mischia e firma l’1-1 gialloblù. Due mesi e mezzo dopo il Verona di Perotti festeggia con due giornate di anticipo il ritorno in A dopo quattro stagioni nel Purgatorio del calcio italiano. Perotti però, nonostante l’affetto dei tifosi e il pressing della società, saluta la compagnia e torna nella “sua” Genova sponda rossoblù. Ferrarese ovviamente rimane forte anche delle buone prestazioni (e di un gol segnato al Belgio) con l’Under 17 al torneo internazionale di Piestany, in Slovacchia.

Nell’estate ’96 parte per il ritiro di Pinzolo agli ordini del nuovo tecnico scaligero Gigi Cagni. Cambia il numero di maglia (dal 25 al 22) non l’ambizione di far bene e debuttare in A con la squadra della sua città, quella per cui faceva il tifo da bambino, quella che a neanche sette anni gli aveva regalato la gioia più grande: lo scudetto. Le sue scorribande sulla fascia e i suoi cross al centro possono venire utili in stagione. In verità Ferrarese trascorrerà più tempo con la Primavera di Beppe Corti (ex mediano tra gli altri di Monza, Genoa e Lazio e futuro talent scout di campioni del calibro di Cavani e Kessie al servizio di Palermo e Atalanta) che con la prima squadra di Cagni. Fa comunque in tempo a togliersi lo sfizio dell’esordio in A, finalmente al Bentegodi: è il 16 marzo 1997, contro il Piacenza entra all’81’ al posto di Manetti ma il risultato non cambierà (0-0) e con quel pareggio in pratica il Verona firma virtualmente la sua retrocessione. Curiosa la panchina ricca di… futuri allenatori: con Vincenzo Italiano e due storici vice, il portiere Landucci “secondo” di Allegri e Paolo Vanoli braccio destro di Conte prima di guidare in prima persona lo Spartak Mosca. Qualche mese prima di “assaggiare” la A Caio si era tolto qualche bella soddisfazione con l’azzurro della Juniores. Un gruppo di qualità quello del ct Rocca, con tre ’79 che avrebbero fatto una discreta carriera: Andrea Pirlo, Fabrizio Miccoli ed Emiliano Bonazzoli. L’Europeo di categoria si ferma però contro la Jugoslavia: dopo l’1-1 dell’andata ad Anagni, a Belgrado i plavi vincono 2-1. Il primo gol lo segna un classe ’78 di nome Dejan Stankovic, tra gli altri protagonisti della squadra un attaccante ’79 che lascerà il segno in quasi tutti i campi d’Europa: Mateja Kezman.

La stagione 1996-97 si chiude però con la discesa in B. La società del presidente Mazzi conferma comunque Cagni in panchina. Ferrarese continua la spola tra prima squadra e Primavera e troverà spazio soprattutto nelle battute finali del torneo, quando Sergio Maddè prende il posto di Cagni. All’ultima giornata di un campionato 97-98 ormai compromesso e chiuso dal Verona con un deludente sesto posto arriva contro il Ravenna il primo gol di Caio tra i “pro”: di testa, non proprio la specialità della casa, in anticipo su Sean Sogliano a battere il portiere Sardini dal limite dell’area piccola come un centravanti opportunista.

Il quarto anno nella rosa gialloblù, 1998-99, ha un nuovo presidente (Giambattista Pastorello), un nuovo protagonista in panchina (Cesare Prandelli) e il lieto fine della promozione in A, la seconda per Ferrarese anche se a quella del ’96 - con neppure 18 anni – Claudio aveva contribuito per soli 37 minuti complessivi. L’apporto questa volta è più cospicuo: 22 presenze e 1 gol (nell’1-1 del Porta Elisa contro la Lucchese della seconda giornata), con 8 partite da titolare e 5 intere. La prospettiva di una quinta stagione da panchinaro spinge però Ferrarese ad accettare il prestito alla Pistoiese, in Serie B. Dove vivrà, agli ordini di Andrea Agostinelli, la sua prima stagione da titolare.

Un’annata, quella targata 1999-2000, con 6 partite su 6 in Coppa Italia, 34 e 3 gol in regular season (Genoa, Monza e Alzano) più le 2 presenze nello spareggio salvezza contro il Cesena. A proposito proprio Agostinelli, oggi apprezzato commentatore Mediaset, ricorda… “Nella sfida di ritorno, dopo aver vinto 3-1 a Pistoia, il Cesena ci stava facendo grande pressione. Nella ripresa feci entrare “Ferro”, che non era al meglio, per tenere palla e farci respirare. Il suo apporto fu utilissimo e quando Cesari fischiò la fine dopo otto interminabili minuti di recupero il primo che abbracciai fu proprio Ferrarese. Uno che quando era in giornata ti faceva vincere le partite, un calciatore di grande qualità tecnica e di notevole spessore umano. Non a caso in un mercato invernale lo chiamai qualche anno dopo a Piacenza, in A, ma venni esonerato poche settimane dopo il suo arrivo. Un difetto? Forse era un po’ troppo “casalingo”, nel senso che fuori non rendeva come quando giocavamo in casa… Comunque è incredibile che uno come lui abbia giocato così poco in Serie A. Oggi sarebbe titolarissimo in squadre di medio-alta classifica.”

Il positivo campionato in arancione vale a Ferrarese il ritorno al Verona. Nell’estate 2000 sulla panchina gialloblù è di nuovo seduto Perotti, il tecnico che lo aveva fatto debuttare cinque anni prima in B. Caio parte per il ritiro ma l’arrivo dal Messico di un argentino tutto estro e fantasia che sulla fascia dribbla e crossa che è un piacere (tal Mauro Camoranesi) lo convince a salutare la compagnia nel gennaio 2001. Dalla B alla A, da Verona a Cittadella: pochi chilometri (88) per sentirsi però di nuovo protagonista in una squadra dall’alto profilo offensivo allenata da Ezio Glerean, il profeta del 3-3-4.  Dopo la mezza stagione (con 15 gettoni di presenza) arriva la conferma per un campionato, il 2001-02, ricco di soddisfazioni personali con 30 partite e 4 reti (a Salernitana, Ancona, Crotone e Bari) ma che si conclude con un’amara retrocessione. La discesa in C1 però non coinvolge in prima persona Ferrarese. Che ha varie offerte anche dalla A (il Chievo di Delneri, che proprio sugli esterni offensivi basa il suo spumeggiante 4-4-2) ma che alla fine decide di scegliere una piazza prestigiosa come Napoli.

Stagione 2002-03 in maglia azzurra dunque, con Franco Colomba in panchina e grande ottimismo per un ritorno in A solo sfiorato l’anno prima. I risultati sul campo però non arrivano. Anzi, quando dopo l’esonero di Colomba in panchina arriva il professor Franco Scoglio l’avventura di Ferrarese a Napoli si chiude bruscamente. Questo il suo ricordo. “Scoglio mi disse: sappi che con me non giochi, non conto su di te. In effetti contro l’Ancona mi aveva portato in panchina solo per far numero. E sapevo che non sarei mai entrato in campo...” Scaricato insomma senza un perché… “Con Scoglio peraltro non ho mai avuto nessun litigio, nè uno screzio. E’ vero che nell’amichevole infrasettimanale contro l'Esperance di Tunisi avevo giocato male. Ma non mi pare che gli altri avessero brillato...”, la difesa di Ferrarese all’epoca.

E così a gennaio del 2003 arriva la chiamata di… un vecchio amico per il ritorno in A. Maglia del Piacenza, allenatore Agostinelli che però rimarrà solo tre partite sulla panchina biancorossa causa esonero e sostituzione con un’altra vecchia conoscenza di Ferrarese, Gigi Cagni. Corsi e ricorsi in carriera… Sarà comunque un’annata da ricordare per l’esterno offensivo veronese che segna i suoi primi (e unici) gol nella massima divisione, entrambi in partite che vedono vittorioso il Piacenza, entrambi con due gioielli balistici. Il primo non si scorda mai e ha la data del 13 aprile 2003 e il luogo il campo neutro di Parma, avversario il Torino: sul 2-1 ecco il tris emiliano con un destro da fuori area che supera Sorrentino. Il bis due settimane dopo al Galleana nel 5-1 rifilato al Perugia: splendida volèe mancina su cross di Marchionni. Alla fine il Piacenza scende in B così come Ferrarese che approda alla Ternana nel 2003-04. Un campionato cadetto extralarge con 24 squadre e 46 partite di cui il veronese ne gioca ben 38 sotto le direzioni tecniche di Mario Beretta e, per le ultime 12 giornate, di Bruno “Maciste” Bolchi.

In Umbria però Caio rimane solo una stagione, nell’estate 2004 infatti approda alla Salernitana. Un buon campionato sotto l’aspetto personale (35 partite con 4 gol) e di squadra (undicesima posizione, con Gregucci che sostituisce Ammazzalorso dopo un avvio stentato fatto di tre pareggi e tre sconfitte). Tanto che Ferrarese torna a sorpresa in A. Il campionato 2005-06 lo vede al via con la maglia rossoblù numero 30 ma sarà una (mezza) stagione piuttosto tribolata per il Cagliari di Cellino: prime tre giornate con tre allenatori diversi in panchina, nell’ordine Tesser, Arrigoni e Ballardini. Nel girone d’andata saranno solo tre i gettoni di presenza, tutti da subentrato, per un totale di 76 minuti. Così a gennaio del 2006 arriva la chiamata dell’ambizioso Torino del neopresidente Cairo con Gianni De Biasi in panchina. Nella trionfale cavalcata verso la Serie A il ruolo di Ferrarese, sia pur non da attore protagonista, è comunque importante: nella regular season 15 partite di cui 9 da titolare e un gol al Mantova nella miglior prestazione di Caio in granata con tanto di standing ovation al momento della sostituzione, all’85esimo, con Rosina. E pazienza se poi nelle quattro sfide dei playoff contro Cesena e Mantova sia arrivata solo una misera panchina nella magica notte del 3-1 al Mantova e della promozione.

La stagione di A 2006-07 in granata è da assoluto comprimario, colpa anche del cambio in panchina con De Biasi sostituito proprio alla vigilia della prima di campionato da Zaccheroni: 2 minuti in Coppa Italia contro l’Ivrea e 16 minuti (subentrando a Fiore) nel tracollo casalingo del Toro contro la Lazio quando già il punteggio era di 0-4. Fare tribuna, anche no. E così Ferrarese a gennaio subisce il fascino del “suo” Verona. Arriva in contemporanea al cambio di allenatore, con Gian Piero Ventura che prende il posto di Massimo Ficcadenti e che per il suo 4-2-4 punta sulle sgroppate in fascia di Caio. Finirà malissimo, con la discesa dell’Hellas in C1 e numeri personali non esaltanti (21 presenze e 1 gol) prima delle due sfide dei playout culminate con la retrocessione nell’amarissimo pareggio 0-0 contro lo Spezia del 22 giugno 2007, con un Bentegodi quasi stracolmo (25mila gli spettatori) che non riesce a spingere i gialloblù verso l’impresa dopo la sconfitta 2-1 del Picco. Un’onta, la Serie C, che il Verona non conosceva addirittura dal lontano 1943. Ferrarese prova a… lavarla rimanendo all’Hellas anche nel torneo successivo ma anche la stagione 2007-08 non è esaltante: mezza stagione in gialloblù e mezza, dal gennaio 2008 in avanti, alla Cremonese sotto la guida di Emiliano Mondonico con una promozione in B sfumata ai playoff contro l’Albinoleffe.

Da allora Ferrarese non tornerà più ai piani nobili del calcio italiano. Tanta C, nella duplice declinazione di Prima e Seconda Divisione, tanta D, Eccellenza e addirittura Promozione. Spezia, Trento, Sambonifacese, Fersina Perginese, Virtus Verona e ancora Trento per un doppio salto (dalla Promozione alla serie D) dal 2015 al 2017 negli ultimi due anni da calciatore.

Poi, per Claudio Ferrarese detto Caio, comincia la carriera dietro la scrivania dopo aver conseguito il patentino da direttore sportivo a Coverciano con tesi sulla “Evoluzione delle società sportive negli ultimi vent’anni.” Tre stagioni al Levico Terme, una (2020-21) al Sona con l’ingaggio dell’ex tripletista nerazzurro Maicon e una (quella appena passata) al Vigasio in Eccellenza con due colpi niente male come l’ex juventino Simone Bentivoglio e il bomber uruguayo Pablo Granoche detto El Diablo. Non sufficienti, però, per centrare il salto in D.

CLAUDIO FERRARESE classe 1978

Serie A: 25 presenze, 2 gol

Serie B: 239 presenze, 15 gol

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