Copertura completa del fabbisogno calorico e di quello proteico, reintegrazione salina e controllo dell'ossidazione
Nello sport ogni performance può essere vista come il risultato della combinazione di tre elementi complementari:
allenamento, alimentazione e aspetto mentale.
Le esigenze di uno sportivo
Non solo il runner, ma chiunque faccia sport, non dovrebbe mai dimenticare alcuni principi di base:
• copertura completa del fabbisogno calorico (normocaloricità);
• copertura completa del fabbisogno proteico (normoproteicità);
• integrazione minerale selettiva;
• copertura antiossidante.
La medicina di segnale ci spiega che se la dieta dell’atleta non fosse normocalorica (cioè pari al fabbisogno nutrizionale effettivo) genererebbe un segnale, appunto, di carestia o di emergenza cui farebbe seguito un rallentamento metabolico, un calo della massa muscolare e una successiva tendenza all’accumulo di grasso, oltre a indurre parallele condizioni mentali di stanchezza, perdita della determinazione e frustrazione.
Ecco anche perché, ad esempio, è importante non saltare mai la prima colazione, con la quale mandiamo subito un primo, importante segnale di abbondanza in grado di stimolare tutti gli assi metabolici dell’organismo, da quello tiroideo a quello sessuale, fino alla costruzione di ossa e muscoli.
Con le proteine, però, non costruiamo solo muscoli, ma anche ormoni, recettori, enzimi, citochine, immunoglobine, molecole di trasporto e altro ancora. È una considerazione da non dimenticare mai, perché un’assunzione proteica ridotta comporta sempre una riduzione generale del metabolismo.
Due dovrebbero essenzialmente essere i fattori che determinano la muscolazione di un atleta: l’attività fisica e l’assunzione quotidiana di un’adeguata quantità di proteine. A tal proposito, però, è sempre utile ricordare che 100 g di proteine non corrispondono a 100 g di cibo proteico: 100 g di bistecca non sono 100 g di proteine, ma circa 20.
Il runner che si dedica alle lunghe distanze, in realtà (così come tutti gli altri atleti che praticano le discipline di endurance) non ha bisogno di grandi masse muscolari. L’agilità può in certa misura compensare la potenza mancante.
Chi fa sport, soprattutto nelle discipline che conducono a una produzione elevata di sudore, ha necessità di reintegrare, oltre all’acqua, anche i sali minerali persi durante l’attività.
La ghiandola sudoripara ha lo scopo principale di raffreddare l’organismo che sotto sforzo si surriscalda, ma il suo comportamento varia quando la sudorazione è minima rispetto a quando è abbondante. Quando la sudorazione è intensa, infatti, assieme al sodio vengono espulse con il liquido anche grandi quantità di potassio e magnesio che, a causa del flusso intenso, il dotto ghiandolare non riesce a recuperare, mentre ci riesce quando il fluire della sudorazione è lento e non abbondante.
Una sudorazione lenta, quindi, permette ai dotti ghiandolari il recupero della maggior parte del potassio e del magnesio, mentre una sudorazione intensa può fortemente depauperare l’organismo di questi due preziosi elementi, che devono essere prontamente ripristinati, sia nell’immediato (sotto sforzo) sia nella vita di tutti i giorni.
Gli studiosi la chiamano ormai la “quarta priorità nutrizionale”: si tratta del controllo dell’ossidazione e dell’infiammazione cellulare, problema che investe tutti gli atleti.
L’attività fisica intensa, in quanto tale, genera ossidazione, perché il mitocondrio (la centralina energetica della nostra cellula) produce naturalmente scarti durante il suo lavoro, i quali assumono la forma di radicali liberi, che sono tra i maggiori imputati nel processo di invecchiamento e degenerazione cellulare e per questo devono essere contrastati da sostanze naturali presenti nel nostro organismo, che hanno una specifica funzione antiossidante.
Dei radicali liberi, però, occorre non dimenticare un’importante funzione: sono proiettili in grado di colpire organismi invasori più grandi o resistenti di batteri e virus. parassiti intestinali, funghi e vermi, ad esempio, possono essere attaccati con successo solo con il contributo dei radicali liberi, che devono però essere tenuti a bada all’interno di appositi “contenitori” cellulari quando non utilizzati.