Il sei volte iridato di corsa in montagna e il racconto del suo record (ancora imbattuto) nella storica skyrace transfrontaliera
di Stefano Gatti© SCARPA Ufficio Stampa
Veni, vidi, vici: Marco De Gasperi, una sola partecipazione subito vincente e impreziosita da un record sulla distanza (31 chilometri e 1800 metri D+) che dura tuttora nella Skyrace Valmalenco-Valposchiavo. Gara pioniera dello skyrunning, quella transfrontaliera tra Valtellina e Canton Grigioni torna in pista (anzi sui sentieri) per un’attesissima edizione rievocativa domenica 20 agosto. Da battere c’è il record assoluto da due ore, 32 minuti e tre secondi fissato nell’ormai lontano 2007 dal sei volte campione del mondo di corsa in montagna (attuale brand manager di SCARPA per il trailrunning) che - dopo quella incursione isolata e vincente nella Skyrace - tornò per qualche anno a dedicarsi alla disciplina più classica della corsa in natura. A Marco, grande campione e amico di Sportmediaset, abbiamo chiesto di raccontarci passo passo (nel vero senso della parola) la storia della sua performance record di sedici anni fa, annessi e connessi: di volta in volta tecnici, curiosi, persino gastronomici!
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È infatti un racconto puntuale e motivazionale ma anche godibile e tutt’altro che scontato, che a noi personalmente ha strappato grande ammirazione, una punta di “sana” indivia ma anche qualche sorriso. E speriamo che sia così anche per chi legge. Può casomai servire - a chi fa parte della entry list della prima domenica dopo Ferragosto - come guida pratica per una tattica di gara molto seria ed esigente. Ecco, appunto: a meno che non siate dei top runners riconosciuti, la raccomandazione è quella di non prendere il “Dega” troppo alla lettera, invece privilegiando gli aspetti più ludici e leggeri. Se poi volete schierarvi nella gabbia di partenza con un (anzi "il") piatto tipico della cucina valtellinese nello stomaco (a proposito di “leggerezza” e spoilerando in parte uno dei passaggi più scanzonati del racconto), beh… fate voi!
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Quell’anno mi sentivo pronto, le sensazioni era buone e avevo fatto una ricognizione in un caldissimo pomeriggio di fine maggio su indicazione di Nicolao Lanfranchi che all’epoca era la mente dell’organizzazione ma poi anche con il supporto di qualche “local” che mi aveva fatto strada nella prima parte per trovare il sentiero giusto. Poi avevo proseguito da solo, all'incirca dall'altezza del Lago Palù in avanti.
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Più avanti però avevo sbagliato strada: ero rimasto troppo a sinistra di Passo Campagneda, “mancando” l’arco che proprio non vidi da tanta neve che c’era, finendo per scendere in Val Poschiavina: rimasi in giro sei ore e quindi quello fu una sorta di “lungo”, da aggiungere ad un solo altro fatto poco tempo prima. Tornai sui miei passi un po’ alla cieca per buttarmi per puntare su Poschiavo. Non mi ricordo da dove… So solo che non avevo da bere e avevo pasteggiato a pizzoccheri a mezzogiorno, prima di partire! Comunque era stato bello, però ero un po’ preoccupato di aver speso troppe energie.
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La sera prima della partenza c’era stata la bellissima presentazione con Gianni Mauri della FIDAL, con Silvano Gadin (che non avevo mai incontrato prima di allora) e con Kilian Jornet. Era la prima volta che lo incontravo di persona: non lo conoscevo se non per via del tempo apparentemente folle che aveva segnato l’anno prima al Vertical Kilometer di Fully. Ricordo di aver chiesto a Marino Giacometti se quella performance (sotto i trentadue minuti, mai visto prima!) da parte di un ragazzo di diciannove anni fosse verosimile. Anche Marino era scettico: ‘Mah, sai, con questi spagnoli non si capisce mai…'. In realtà poi lì me lo presentò Agustí Roc Amador che in quel periodo era una star delle Skyrunning World Series: me lo descrisse come un giovane con il quale si sarebbero dovuti fare i conti per il futuro. Kilian era tutto contento di conoscermi: ricordo il suo sguardo molto timido, dal quale traspariva la grande emozione di aver incontrato uno che per lui era in quel momento (e per quello che gli avevano raccontato) era un punto di riferimento.
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La mattina al via c’erano anche Ricardo Mejia ed Helmut Schiessl, due tra i più forti atleti di quegli anni. Helmut in particolare era un mio diretto avversario: vicecampione europeo di corsa in montagna nel 2005 davanti a me e poi quarto ai Mondiali. Molto bravo, in salita soprattutto. Oltre a loro due, c’erano tutti i più forti skyrunners del momento, anche se devo ammettere che il livello assoluto non aveva niente a che vedere con quello attuale. Partimmo… tranquilli per il mio standard dell’epoca (io ero abituato a partenze folli) e via così per i primi chilometri, fino a prendere la prima salita, dalle parti di Cima Sassa.
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Lì decisi di cambiare passo: mi restò attaccato solo Roc Amador, anche Mejia era rimasto indietro. Nella discesa successiva e nel tratto che porta alle dighe (Campo Moro e Alpe Gera, ndr) provai belle sensazioni e da lì in avanti riuscii a fare corsa solitaria. Nessuna flessione particolare, una sola sosta al ristoro verso le due ore di gara. Non avevo niente da bere (non c’era ancora l’obbligo di portarsi dietro una riserva di liquidi). Due ore e mezza di gara erano per quanto mi riguarda una distanza abbastanza facile e gestibile, a patto di approfittare regolarmente dei punti di ristoro lungo il percorso.
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La prima parte della discesa finale - molto tecnica - andò via bene. Persi invece tempo nella seconda - che era piuttosto lunga (una quarantina di minuti) - per via dei crampi. Fui costretto a fermarmi due volte, anche nel rettilineo finale prima di entrare a Poschiavo, facendo una gran fatica a tenerli sotto controllo. Poi finalmente il traguardo della gara, che all’epoca assegnava il titolo europeo (Schiessl e Mejia chiusero al secondo e al terzo posto-vedi foto qui sotto, ndr). La ricordo ancora con tanto affetto, anche perché erano venuti a seguirmi tanti amici (non abito lontano) e anche i miei genitori.
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Una bella esperienza ma estemporanea e di fatto isolata perché poi per qualche altro anno non ho più fatto gare di quel tipo (giusto qualche skyrace da una ventina di chilometri), tornando a puntare ancora su corsa in montagna e towerrunning fino al 2010, quando ho corso il mio primo Giir di Mont. (Marco De Gasperi per Sportmediaset.it)
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Tredici anni fa Marco chiuse il suo primo Giir al secondo posto, tagliando il traguardo tre minuti e venti secondi dopo Kilian (sempre lui!), puntualissimo al terzo dei suoi cinque successi nella grande classica di Premana, i primi quattro dei quali consecutivi: uno dei momenti più belli del rapporto tra i due grandi campioni, nato sulle montagne di confine tra la Valmalenco e la Valposchiavo, che stanno per riaprirsi allo skyrunning. Quello originale ma soprattutto motivazionale, sulle tracce dei più grandi campioni delle corse sui sentieri in alta quota, evocati da De Gasperi nel racconto della sua toccata e fuga (per la vittoria!) di sedici anni fa.
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