Abbiamo assistito per voi alla “prima” italiana del docufilm dedicato alla traversata dei Pirenei compiuta dal fenomeno catalano lo scorso autunno
di Stefano Gatti© NNormal Press Office/David Ariño
Non c’è proprio verso, è sempre così: lo sguardo verso Kilian corre sempre (corre!) dal basso verso l’alto. Perlopiù adorante. Non è adulazione: rispetto e ammirazione invece. È accaduto così anche alla “prima” italiana (e milanese) di “Into The (Un)known”, il docufilm dedicato alla traversata “sky” pressoché integrale dei Pirenei che lo straordinario campione catalano ha intrapreso lo scorso autunno e che sta facendo il giro d’Europa (il film!), nelle più grandi città del nostro continente. Noblesse oblige, anche in questo caso… e dal basso verso l’alto, ancora una volta: lui in equilibrio sulle creste della catena montuosa che fa da cerniera tra Spagna e Francia, noi comodamente seduti in platea, anzi sprofondati in poltrona (e non solo per modo di dire!) in prima fila, grazie all’invito personale ricevuto da B-Factory, l’agenzia di rappresentanza in Italia di NNormal, il brand di abbigliamento outdoor fondato nel 2022 da Kilian in collaborazione con Camper.
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Appuntamento negli spazi e nell’ambito di The Pill-Base Camp a Milano allora, per una proiezione della durata di poco superiore all’ora: un tempo limitato ma suscettibile di ridestare riflessioni più o meno approfondite sul senso di una skyrunning performance non solo sportiva e sulla dimensione di un personaggio che no smette di stupire, per come sa regolarmente rinnovarsi e rilanciarsi. Sempre un passo avanti, proiettato nel futuro senza mai tradire le proprie radici e anzi ritornarvi per riaffermarle. Proprio come accaduto per la traversata pirenaica eastbound (da ovest verso est) che nel mese di ottobre del 2023 ha chiuso su una nota altissima una stagione sportiva azzoppata da un infortunio. Seguita a un 2022 di grandissimo successo ma anche premessa a un 2024 che alla fine di aprile ha visto King Kilian trionfare per l’undicesima volta nella mitiva Zegama-Aizkorri sulla distanza classica della maratona ma con… 2700 metri di dislivello positivo (!), primo appuntamento di un programma che punta ora sulla altrettanto mitica Sierre-Zinal di metà agosto (“La Corsa dei Cinque Quattromila” del Vallese) e su un finale di stagione ancora da definire ma che - ne siamo certi - riserverà ai fans del nostro qualche bella sorpresa: a livello agonistico e magari anche di performance individuali!
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C’era una volta “Into The Wild”, il film-verità sulla vicenda di Christopher McCandless tra le montagne dell’Alaska. Ora c’è “Into The (Un)known”, il challenge di Kilian Jornet alle origini stesse del suo mito, della sua carriera, della sua vita fin qui. È la storia di un campione, alle prese con una delle sfide più ardue e dure della sua carriera, “dentro” i luoghi a lui più familiari e alla ricerca di un riscatto sul finire di una stagione frenata da un infortunio. Il campione-imprenditore catalano ne fa la chiave per aprire un passaggio segreto della sua storia di atleta, affrontando la traversata in uno dei momenti più ardui e duri della carriera.
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Con il supporto dei rifugisti locali, degli amici di sempre, dei suoi maestri e anche di sua mamma Nuria (sempre ad attenderlo e ad… assisterlo nei passaggi più emozionalmente intensi), Kilian ha attraversato la catena montuosa che divide la Spagna dalla Francia, toccando 177 vette da oltre tremila metri di quota, arrivando a concatenarne più di quaranta in una sola tappa, camminando fino a trentanove ore consecutive! Viaggiando talvolta in bicicletta, con una “gravel” presa in prestito da un amico per collegare le varie sezioni di un itinerario steso sulla cartina.
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Non una mappa digitale - utilizzata invece per ovvie ragioni di praticità in corso d’opera - ma una cartina… di carta, con la linea sinuosa tracciata a pennarello prima di partire, seguendo ricordi e pensieri solo suoi, solo a lui noti ma svelati a chi ha la curiosità e il gusto di seguirlo. Una traccia adattata alle esigenze del momento e completata nell’arco di soli otto giorni. Una performance sportiva mostruosa, un viaggio dai profondi risvolti emotivi: un’avventura alla Kilian!
© Stefano Gatti
Preceduta da un'introduzione dedicata dello stesso Kilian in perfetto italiano alla prima milanese, la proiezione ha letteralmente inchiodato la proprio... punto di osservazione una platea appassionata, della quale abbiamo fatto orgogliosamente parte. “Into The (Un)Known” è Kilian e Kilian è Into The (Un)Known. Qualcosa di largamente sconosciuto (al di là del palmarès) e forse inconoscibile ma al tempo stesso svelato: passo dopo passo, lungo una traversata che ci sentiamo di consigliare a tutti e che ci ha tenuto attaccati alla poltrona. Proprio così: da consigliare a tutti, ma comodamente davanti ad uno schermo. Fatto salvo - questo sì - l’imperativo di alzarsi poi dalla fatidica poltrona motivati ad intraprendere il proprio viaggio personale di scoperta e di riscoperta, consapevolezza e inconscio: un’avventura fisica o mentale. Poco importa, davvero.
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Sospeso tra etica ed estetica, nell’alternarsi tra giorno e notte, sul filo delle creste o al tepore (anche umano) del rifugio, il viaggio di Kilian dentro un paesaggio a tratti lunare o piuttosto marziano è un continuo flow (fluire) indistinto di passi e di emozioni, di tecnica e libertà, di manovre da eseguire con precisione e di scenari nei quali perdersi senza ritegno e senza vergogna lasciare spazio alle lacrime che rigano il volto e si mescolano al sudore, in un’alchimia di umori che ha dentro il senso del tempo che passa e trasforma. Il limite come via virtuosa alla trasformazione e la crescita personale come sbocco superiore alla superficie della coscienza e della conoscenza.
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Colpisce in particolare e ci ha colpito personalmente nel corso della narrazione (tutta in prima persona), il fenomeno del déjà vu che Kilian denuncia, attraversando luoghi a lui particolarmente cari, che lo riportano indietro nel tempo, verso sensazioni già vissute appunto ma al tempo stesso completamente nuove. Visioni in formato flashback che riportano all’infanzia trascorsa infatti sulla catena pirenaica e che restituiscono con altissima fedeltà la “cifra” intima di Kilian, che nel docufilm finisce per aprirsi totalmente: forza e debolezza, vittorie e sconfitte, sogno e realtà. Passato, presente e futuro: o meglio storia, attualità, ambizioni.
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Inevitabilmente passi e pensieri si ripetono, seguendo fedelmente il continuo alternarsi rassicurante e “perfetto” di giorno e notte, discese e risalite, ore di fatica (tante e consecutive) e ore di riposo (pochissime). Una ripetitività che però non stanca e non distrae, fino a sublimarsi in un prezioso valore aggiunto Perché ogni volta foriera di una ripresa, di una rinascita, di una rivelazione inattesa.
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Ne scaturisce un viaggio davvero (Un)Known, nel quale Kilian riscopre se stesso e ricerca ciò che ancora gli sfugge e che (cambiando prospettiva: la nostra, dalla poltrona o al massimo da un sentiero più basso e più comodo e con un passo decisamente più lento e circospetto) mescola ciò che di Kilian conosciamo e ciò che lui stesso ci vuole rivelare. Un viaggio misteriosamente svelato, che sfuma in un orizzonte denso di promesse, programmi, progetti. Ancora.
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