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TRAILRUNNING

Sport, storia e natura al Trail del Monte Casto, tra atmosfere magiche e ninfe dei boschi

Ritorno in gara in uno degli appuntamenti più collaudati e suggestivi della corsa sui sentieri della stagione autunnale

di Stefano Gatti
11 Nov 2022 - 22:21
 © Massimiliano Tarello

© Massimiliano Tarello

Come ci si potrà mai sentire ad essere raggiunti dai primi (anzi, in questo caso dalle prime) della classifica nel finale di una gara che per loro è stata di distanza più che doppia rispetto alla propria? No, siete sulla strada sbagliata. Ci si sente bene, invece. Ma benebenebene! Vabbeh, quantomeno fortunati, se ti puoi godere - praticamente in prima fila - lo spettacolo di una resa dei conti per il podio femminile tra tre toprunners che se le danno di santa ragione fin dal primo mattino sui sentieri del Trail del Monte Casto.

© Francesco Berlucchi

© Francesco Berlucchi

Ci hanno detto: Vivere è una corsa, quindi corri.
Lo capirai solo al traguardo.

(“Mancarsi” – Coma Cose)

No Place Too Far: guardo il claim di SCARPA, sponsor principale della gara, che campeggia in cima all’arco di partenza e arrivo nel suo azzurro “d'ordinanza” ed ho davanti agli occhi (letteralmente) la conferma che è proprio così: se la passione c’è, nessuno luogo è troppo lontano. Andorno Micca e la Valle Cervo che si imbocca appena a nord di Biella sono ad un centinaio di minuti (chi corre “ragiona” così) di macchina da Milano, metà dei quali peraltro impiegati per lasciarsi alle spalle il traffico cittadino del tardo pomeriggio, di un venerdì che precede un lungo ponte, oltretutto. Lascio la redazione alle diciassette in punto, vi farò ritorno… alle diciassette in punto del giorno dopo per la luuuunga serata del Gran Premio del Messico di Formula Uno. Ventiquattr’ore spaccate per affrontare e completare la missione Trail del Monte Casto, per me gara del rientro dopo quattro mesi e mezzo (l’intera estate, compresa la sua lunga coda… autunnale) di fisioterapia in studio, compiti a casa - o meglio nella tavernetta casalinga adibita a palestra - e un graduale rientro corsa. Un lungo percorso riabilitativo seguito allo strappo con lesione ad un polpaccio all’indomani del Gran Trail delle Grigne: una meravigliosa skymarathon da Lecco a Mandello del Lario che ha lasciato il segno nell’anima e… nel corpo. Alla lunga per fortuna è rimasto solo il primo!

Il contesto è come detto poco sopra quello della prima montagna biellese. Punto di partenza e di arrivo dell’itinerario ad anello il paese di Andorno Micca, dal nome dall’eroe della guerra di successione spagnola Pietro Micca che vi era nato (località Sagliano, per la precisione) e che tutti conosciamo per lontane (chi più, chi meno) memorie scolastiche ed il suo atto di eroismo appunto nel corso dell’assedio francese di Torino del 1706, durante la guerra di successione spagnola che opponeva l’esercito transalpino alle forze sabaude.

Storia ma anche geografia, o meglio paesaggio. Caratteristica principale delle gare in programma è infatti l’itinerario completamente immerso nelle atmosfere autunnali dai colori accesi e dai contrasti forti, esaltati dalla bellissima e luminosa giornata. Trail del Monte Casto è infatti considerato alla stregua di una festa trail pagana di “saluto al sole” nel weekend di Halloween e così viene vissuto dalla stragrande maggioranza di chi vi prende parte. Quest’anno (sedicesima edizione) erano oltre settecento gli atleti al via sulle tre distanze.

© Carlotta Greco

© Carlotta Greco

Con Maurizio "Mau" Scilla, guru di questa prova dalle atmosfere uniche nel suo genere, ero in contatto fin dallo scorso anno e non mi sono lasciato sfuggire l’occasione di passare dalle parole ai fatti, scegliendo il Monte Casto come gara del rientro appunto, preferendola tra tutte all’interno di un’offerta particolarmente ricca, in questo periodo dell’anno. Per molti quello della chiusura della stagione trail (magari prima di rimettere gli sci), per tanti altri un semplice passaggio di consegne a livello di luci, suoni e profumi prima delle prove invernali, per me quello della ripresa e basta! Quindi Biella, un tranquillo hotel ai bordi della città, una pizza in centro e quattro passi tranquilli prima di una notte parecchio… agitata. Sì perché rimettere il pettorale dopo la lunga sosta un po’ di ansia me la attacca addosso, anche prima di spillarmi sulla casacca della Sportiva Lanzada il 244esimo pettorale della carriera.

E poi ‘sta notte del passaggio dall'ora legale a quella solare che - anche se è ormai tutto automatico con internet e gli smartphones - una qualche forma di ansia ancestrale o primordiale me la provoca sempre, scombussolandomi un po’ (troppo). Finalmente ora di alzarsi: scosto le tende e - laggiù nella sala da pranzo - vedo gli atleti della 44 chilometri già intenti a fare colazione. Che invidia! Io mi devo limitare alla 20K: meglio riprendere gradualmente. Ci penserà lo stesso Mau (sia in partenza che dopo l’arrivo) a raccomandarsi di tornare per affrontare la gara lunga. Caro Mau: promesso, tornerò per l’upgrade chilometrico ed emozionale! 

© Arianna Scilla

© Arianna Scilla

Quindi ok, siamo ormai pronti per questa che è solo la mia seconda volta con le scarpe da trail (e tutto il resto) oltre… Ticino, dopo l’esordio al Winterbrich dello scorso mese di febbraio nella non così lontana Valdengo, solo una manciata di chilometri più ad est. Dove ho in programma di tornare tra tre mesi, a completare una doppietta nelle magnifiche lande sabaude che mi dovrebbe vedere impegnato anche pochi giorni prima nel temibilissimo (già dal nome) Brutal Trail di Ghemme, in provincia di Novara.

© Stefano Gatti

© Stefano Gatti

Tra programmi e pensieri, eccoci al via del Trail del Monte Casto 20K dal centro sportivo di Andorno Micca. Arrivando, ho fatto in tempo ad assistere alla partenza di quelli della lunga” di cui sopra. Ora tocca a noi. Prima però un pensiero (in pieno Spirito Trail) a Francesco "Paco" Gentilucci (scomparso un anno fa proprio oggi, 30 ottobre) e ad Ivan Camurri, che ci ha lasciati poche settimane dopo, il giorno di Natale. In gara nella 44K c’è la sua Agnese (Valz Gen) che porterà al traguardo in sesta posizione il suo sguardo magnetico.

Pochi chilometri per smaltire l’asfalto cittadino e siamo già in mezzo ai boschi. Non faccio salti di gioia (e come potrei, sto già sbuffando), perché non amo alla follia questo tipo di terreno, soprattutto in autunno. Aperta parentesi: a chi si azzarda a chiamarlo in mia presenza “foliage” giuro che faccio lo sgambetto con i bastoncini, che peraltro ho lasciato al calduccio nel baule di Maya. Chiusa parentesi. Preferisco di gran lunga la prateria alpina… e oltre, dove si usano anche le mani e magari si "gattona" tra le rocce. Però il passaggio al bosco di conifere mi ringalluzzisce un po’, non fosse altro perché segnala un innalzamento della quota: quello che ci vuole per affrontare il terreno in salita quasi sempre continua della prima metà gara.

© Massimiliano Tarello

© Massimiliano Tarello

Non conosco bene luoghi e toponimi locali ma - dopo lo scollinamento in vetta al Monte Casto - attacchiamo il lunghissimo tratto centrale della gara, che è tutto in discesa, con solo pochi tratti di falsopiano e qualche rampetta tanto breve da non fare nemmeno male come di solito in questi casi! Sono nella pancia del gruppo e… va bene così. Potrei forse fare di meglio ma ho promesso a coach Bonarini (e soprattutto a me stesso) di provare a non fare cavolate-pronti-via proprio al rientro e con una lunga stagione fredda di gare davanti (almeno spero), ad iniziare dall’imperdibile appuntamento di Valtellina Wine Trail. Quindi mi concentro sulla… presenza mentale, su equilibrio e coordinazione, insomma sul “gesto” atletico. In altre parole vado giù più o meno con il freno a mano tirato nella terra di nessuno del centro-sud della classifica. Per farmi coraggio penso (sperando di non peccare di presunzione) che stavolta devo aspettare il mio momento, che è poi questo: si perché correrò nella pancia del gruppo ma nessuno mi batte alla tastiera!

Il finale di gara (che poi non si rivela tale) propone il classico miraggio del finto avvicinamento alla meta: si rimette piede sull’asfalto, si agogna (di più: si brama) il rientro in paese, la birra e così via, si sente via via più forte la voce dello speaker all’arrivo e la musica della festa… Invece no! Contrordine, rotta di nuovo verso la boscaglia. Non solo: ci addentriamo in una zona umida, fiancheggiando un infido torrentello. Non c’è niente da fare, dentro “siffatti” microclimi, una sensazione di freddo mi attanaglia e mi morde subito lo stomaco. Via, via a tutta velocità, a caccia del sole, a guisa di lucertola! Meno male, passa in fretta ed eccoci nei chilometri finali, dove occorre tornare all’inizio.

© Francesco Ferraro Titin

© Francesco Ferraro Titin

Mi vedo sfilare a sinistra ed a velocità pressoché doppia da una ragazza minuta minuta. Mi dico: non può essere una che si è tenuta il meglio per gli ultimi tre chilometri. Sarebbe tutto talento sprecato. Mi sono tenuto molto da parte, come detto, quindi conservo la lucidità necessaria per fare due conti e capire che si tratta della topwoman della 44 chilometri Annadora Sapia detta Giulia (oppure il contrario, non so bene quale sia il nome all’anagrafe e quello d’arte o di “battaglia”). Non mi sono ancora ripreso dallo choc e dal dubbio amletico ed anagrafico (il pettorale recita “Giulia” e il pettorale per un runner è sacro come la Bibbia) che mi sorpassa in scioltezza Paola Gelpi.

© Stefano Gatti

© Stefano Gatti

“Non ce la fa a riprenderla”, penso. Ho appena finito di elaborare quest’ultimo pensiero ed ecco stavolta frombolarmi via come una furia pure Laura Barale. “Altro che riagganciare la prima, Gelpi deve pure difendersi da questa”. Finisce che grido due volte a Laura che si allontana: “Dai, dai che la riprendi, è lì!”. Non me ne voglia Paola ma… puntavo solo a godermi in prima fila lo spettacolo della seconda e della terza che se la giocano “alla morte”. Ma, appunto, entrambe si allontanano ad un passo doppio rispetto al mio. Di lì a poco finiranno - le prime tre - nello spazio di due minuti (non a caso 14esima, 15esima e 16 esima della classifica generale) e tra il secondo ed il terzo gradino del podio solo una trentina di secondi!

© Daniele Chiodi

© Daniele Chiodi

Per quanto mi riguarda, nemmeno quelli, a separarle: perché lo spettacolo di leggerezza, classe e grinta di Annadora-Giulia, Paola e Laura (tre running ninfe dei boschi) è senza dubbio l’immagine più significativa che mi porto dentro nelle ultime centinaia di metri del “mio” Trail del Monte Casto, poi al traguardo e più tardi ancora nel rientro alla base e lungo tutta la serata messicana della Formula Uno, che - nonostante la lunga giornata alle spalle - affronto in scioltezza e serenità (anche perché fondamentalmente sono seduto davanti alla tv!). La scioltezza e la serenità che vengono dalla soddisfazione per essere tornato in gara, dalla… riposante stanchezza alla quale approda la splendida fatica sui sentieri, tra gente che si sfida in cagnesco (come è giusto che sia) ma solo dal segnale del via alla linea d’arrivo. Nessun posto è troppo lontano.

Che schifo avere rimpianti
Però quanto è bello avere paura
La strada è solo una riga di matita
Che trucca gli occhi alla pianura
Percorrerla tutta per andare lontano

(“Mancarsi” – Coma Cose)

© Francesco Ferraro Titin

© Francesco Ferraro Titin

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