Tris di proposte agonistiche per una prova a pochi chilometri dalla grande città ma alle porte della natura selvaggia
di Stefano Gatti© Trail di Capoterra Ufficio Stampa
Appuntamento trail di fine inverno domenica 25 febbraio in Sardegna con il Trail di Capoterra "Correndo a Is Cioffus". Tardo inverno sì ma, pensando a clima e paesaggio dell’isola, è lecito attendersi un fine settimana anticipatore della primavera, quantomeno coltivarne la speranza! L’ottava edizione di un evento in continua crescita e ormai conosciuto e apprezzato anche dai trailrunners del continente è come sempre organizzato da ASD GS Atletica Capoterra, con patrocinio e finanziamento del comune di Capoterra e dell'Ente Parco di Gutturu Mannu. Campo base delle gare il complesso sportivo Poggio Sport Village di Capoterra, dal quale si muove prima verso i sentieri della vicina pineta e poi verso i primi ruscelli (Masoni Ollastu) e la ripida salita chiamata Inferno, all'interno della tenuta delle Cantine Nuraghe Antigori. A quel punto teatro d'operazioni dell’evento sarà il Parco Naturale Regionale della Foresta di Gutturu Mannu. Una prova completamente calata nella natura selvaggia: tra foreste appunto, guadi, boschi e… gole. Nello specifico la Gola di Is Cioffus (l’abisso), vero e proprio cuore selvaggio dell’evento: uno scenario che - per dirla con il cinema - fa tanto "Picnic ad Hanging Rock", film diretto nel 1975 da Peter Weir. Contesto primordiale insomma, fiabesco e introspettivo, dentro il quale i trailrunners non potranno mai permettersi di abbassare la guardia, tantomeno concedersi distrazioni panoramiche: quelle sono da rimandare assolutamente a dopo il traguardo ma in ogni caso da non perdere. Magari approfittando della vicinanza di Capoterra con il capoluogo regionale Cagliari e con l'Aeroporto "Mario Mameli" di Elmas (una ventina di minuti e altrettanti chilometri o poco più), per completare il weekend di gara con una vacanza sull'isola. In fondo, l’occasione fa il trailrunner turista, oppure viceversa!
© Trail di Capoterra Ufficio Stampa/Arnaldo Aru
Ad imporsi un anno fa nella settima e più recente edizione del Trail di Capoterra - tanto per riassumere quanto appena detto a proposito del recente allargamento della fama del TDC - sono stati nella prova clou da 35 chilometri il bergamasco del Team Salomon Luca Carrara e la beniamina local Federica Frongia (ASD GS Atletica Capoterra), dodicesima della classifica assoluta e poi vincitrice anche della Sfida Sentieri Sardi che accomuna otto società dell’isola all'interno di un ricco campionato.
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Confermato per l’ormai imminente ottava edizione di domenica 25 febbraio, il TDC LONG da 35 chilometri (abbondanti) e 1500 metri D+ è affiancato dalla prova intermedia TDC TRAIL da 22 chilometri di sviluppo lineare (1000 metri D+) e da quella d’ingresso TDC SHORT da 10 chilometri e “soli” quattrocento metri di dislivello positivo, molto più corribile delle due sorelle maggiori. A chiudere (o ad aprire, dipende dai punti di vista) la proposta di Capoterra, per chi non ha ambizioni agonistiche e di classifica c’è anche - molto opportunamente - la camminata non competitiva da sei chilometri.
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Per conoscere meglio il Trail di Capoterra nel suo itinerario più impegnativo e nelle sue suggestioni naturali, lasciamo intanto la parola agli amici del comitato organizzatore. Non prima però di aver dato appuntamento agli appassionati di trailrunning più intraprendenti tra ormai meno di un mese nella natura selvaggia del Sulcis più profondo e appartato, carico di fascino e... sintomatico mistero.
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L'ITINERARIO - Roadbook del Trail di Capoterra
Dopo i primi cinquecento metri di gara che portano fuori dall’abitato di Poggio dei Pini, si esce presto anche dalla pineta per entrare nella macchia e - guadato il Rio Masoni Ollastu - si sale lungo un bel single-track ciclabile e panoramico, corribile anche se in salita. Il sentiero ci porta al chilometro 3,400 su una strada forestale sterrata che si percorre in salita per seicento metri prima di immettersi in una stradina che, con una veloce discesa, porta nella foresta. Qui si raggiunge il famigerato single track “Inferno”, creato per il downhill ma che nel TDC si percorre in salita. Qui si alternano tratti di corsa ad altri di quasi arrampicata immersi nella foresta, quasi avvolti da essa. Le pendenze si addolciscono nel single successivo (“Caronte”) che si raggiunge senza soluzione di continuità. La parte finale di Caronte è in discesa e porta a “S’enna sa craba” (chilometro 7,600), punto nodale della gara e della rete di strade forestali. Qui si troverà il primo ristoro con alimenti solidi.
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Si ricomincia subito a salire: prima su un largo sentiero “pulito” dai ciclisti e poi su un vero sentiero di montagna da fare al passo che fra bosco, ampi panorami e formazioni rocciose spettacolari, porta alla cresta del monte Conchioru (Conca d'Oru, chilometro 12,000). Si tratta del GPM-gara, punto più alto dell’intero territorio capoterrese con i suoi 700 metri di quota e teatro (saranno quarantacinque anni a settembre) della più grave sciagura aerea dell'aeroporto di Cagliari-Elmas: trentuno vittime nello schianto di un DC-9 ATI in fase di atterraggio. Alcune parti del relitto si trovano ancora sul posto.
Dopo un breve tratto di discesa tecnica, si torna ai single-track puliti e lisciati dai bikers che consentono di affrontare due chilometri piuttosto facili ma molto divertenti, in lieve discesa in un ambiente meraviglioso di alberi e rocce. Il single-track “Capeddu” finisce su strada forestale al chilometro 14,600, in località “Punta su luru”, dove sarà allestito il secondo ristoro.
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Si percorrono solo una decina di metri di strada prima di riprendere i sentieri, ora meno lisci ma sempre in discesa e sempre in ambiente spettacolare. Usciti dal bosco, ci si trova sopra la gola di “Is Cioffus” (antichissimo toponimo per fosso, fosso, baratro, abisso), dove si possono ammirare le caratteristiche guglie rocciose. La suggestiva località è conosciuta anche come Is Strintusu de Antoi Sanna (gli stretti di Antonio Sanna). Intorno al 17esimo chilometro si lascia il sentiero…“meno liscio” per entrare in un sentiero “ancora meno liscio”! Ci stiamo avviando verso la gola. L’ambiente si fa via via più selvaggio. Tratti di foresta primordiale con lecci secolari si alternano a passaggi su roccia e ai primi guadi. Improvvisamente le pareti rocciose si alzano e ci troviamo in un passaggio largo cinque metri per duecento di altezza. Questo è forse il punto più spettacolare di tutto il Sulcis. In caso di abbondanti piogge nei giorni precedenti TDC, sarà giocoforza mettere i piedi nell’acqua. Siamo al 19esimo chilometro: inizia la strada per tornare a casa. Usciti dalla gola, il percorso segue il corso del torrente (almeno una dozzina i guadi da affrontare), in leggera discesa lungo tracce di sentiero che diventa via via più agevole e - in località “Spagnolu” termina in una strada. Siamo al 21eesimo chilometro (terzo ristoro).
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Dopo un chilometro circa di strada sterrata, si cambia torrente e da Rio Is cioffus si prende Rio Scillaras, questa volta in salita. Le pendenze sono appena accennate ma il sentiero percorre diversi tratti sul greto del torrente, risultando comunque faticoso. Le cose si fanno più semplici intorno al 24esimo chilometro. Il sentiero si trasforma in stradina e poi di nuovo in un bellissimo single-track ciclabile che - sempre in salita - ci riporta a “S’enna e sa Craba” (chilometro 27,600), dove ritroviamo il ristoro lasciato una ventina di chilometri prima.
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Siamo di nuovo “vista mare” e la traccia-gara concede due chilometri e mezzo di strada sterrata in discesa prima di entrare in un altro bel single-track panoramico nella macchia che in due chilometri (siamo ormai al 32esimo) riporta nel fondovalle del rio Masoni Ollastu. Qui ci aspetta l’ultima fatica: niente in confronto a quelle che ci siamo lasciati alle spalle ma - con tanti chilometri ormai “in corpo” - la fatica si farà inevitabilmente sentire lungo la stradina che (con dislivello 129 metri D+) sale all’osservatorio astronomico di Poggio dei Pini. Da qui un divertente sentiero si abbassa nella pineta fino al laghetto di Poggio dal quale, con un ultimo chilometro asfaltato in leggera discesa, chi “ne ha“ ancora può fare un pensierino allo sprint finale lungo il 36esimo e ultimo chilometro, fino al traguardo.
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LA SUGGESTIONE - Is Cioffus, dove il tempo si è fermato (di Lorenzo Pisani)
Al di là di S'enna sa Craba si entra nel mondo selvaggio. Le viste sul mare, sullo stagno, sula città di Cagliari e sulla sua zona industriale che appaiono al di qua, lasciano posto a distese infinite di alberi e rocce. Movimenti di aerei, petroliere e traffico automobilistico lasciano il posto al fluttuare delle foglie al vento e allo scorrere dei torrenti. La paletta di colori è dominata da sfumature di verde e di marrone, puntellate dal viola del cisto.
Fascino e disagio. Rovi e mosche cavalline. Civiltà antiche ridotte a rovine, frammenti di aerei precipitati, resti ossei, testimoniano di un territorio magnifico e terribile. Anche il capraro, per decenni unico abitante della zona, qualche anno fa si è impiccato.
Se, spostando i rovi, ci si inoltra verso la gola, si trova un angolo di bosco intatto da molti secoli. Qui neanche i carbonai sono arrivati a trasformare alberi millenari in alimento per la civiltà industriale. Qui l'acqua non è quella domestica che esce a comando dal rubinetto: è acqua selvatica che scorre libera e scava, ostinata. Mi ci immergo per lasciarmi modellare e sentire la delicatezza della sua mano d'artista.
E si entra nella gola come bocconi masticati.
Lo sguardo si deve alzare, la sosta è obbligatoria. Il tempo si neutralizza, anche i gps si perdono. Il trail si interrompe, non è più neanche escursione, ma immersione. Il tempo si è fermato qui, bloccato in un presente che persiste da millenni, intangibile: si rifugia qui, in fuga dal cinetismo moderno. Questa staticità incombe maestosa ma trasmette forza e sicurezza, riparo dai vortici, dalle turbolenze imprevedibili dei “tempi moderni”. La viscosità temporale tiene appiccicati giorni, mesi e anni. Qui è così alta che non sono entrati i carbonai e non entra e non entreranno mai neanche l'economia e il debito pubblico. Visti da qui, in questa immobilità, i cosiddetti “problemi” appaiono come balene spiaggiate.
Benvenuti nel mondo selvaggio. Benvenuti a is cioffus, dove il tempo si è fermato.
© Trail di Capoterra Ufficio Stampa/Arnaldo Aru