Da Lecco a Esino Lario attraverso il Gruppo delle Grigne: il racconto di un sabato pomeriggio adrenalinico
Pizzoccheri, polenta, brasato, patate al forno … Il menu del Rifugio Antonietta al Pialeral, scritto col classico gessetto bianco sull’altrettanto classica lavagna nera, è ricco di prelibatezze. Ma niente da fare … A me toccano biscotti, spicchi d’arancia, sali, acqua. La biondina che ha appena spuntato dal foglio dei passaggi il 23 (che poi sarei io) comprende il mio mezzo dramma interiore e mi rivolge uno sguardo a metà strada tra tenerezza e comprensione. Non al punto però di cedermi la scodella di minestra fumante che si sta concedendo … Siamo al chilometro ventuno dei trentasette che (per restare in tema) compongono il menu di UTLAC, l’Ultra Trail del Lago di Como, uno degli eventi in calendario nella prima edizione del Lecco Mountain Festival.
Una sorta di anteprima di Lago di Como Endurance Trail, il “mostro” che Andrea Gaddi ed il suo team stanno preparando per il 2020: 270 chilometri e 17mila metri di dislivello positivo da completare nell’arco di novanta ore. Per adesso, meglio concentrarsi sul “mostriciattolo”. Anche perché il Rifugio Antonietta è a quota millequattrocento ed il prossimo ristoro si trova al Brioschi, appollaiato sui duemilaquattrocentodieci metri vetta della Grigna Settentionale. Insomma, mille metri (abbondanti) di dislivello. Decisamente tanti, ma poi in fondo meno di un terzo dei tremilaseicento in programma. Mentre riprendo in mano i bastoncini nuovi (in sostituzione di quelli che ho spezzato al Trail delle Grigne Sud di due settimane fa), il pensiero va ai toprunners che a quest’ora stanno completando la loro prova sul traguardo di Esino Lario.
Li ho lasciati (anzi, loro hanno lasciato me!) sette ore fa, alla partenza da Piazza Garibaldi, cuore pulsante di Lecco. Non eravamo in tanti: forse una sessantina. Pochi ma buoni. Un po’ di autostima aiuta, quando davanti hai tutta quella strada e tutto quel dislivello: da lì a Esino Lario via Grignetta e Grignone, semplificando parecchio! Pronti, via. La voce dell’amico Gianluca “Cine” Corti, con il quale il pomeriggio prima ho presentato la conferenza di Francesca Canepa a Palazzo Falck, ci accompagna lungo le prime decine di metri del percorso, nel centro storico. Corro i primi due chilometri “stradali e cittadini proprio nella scia della campionessa valdostana, prima donna italiana a vincere – nel 2018 – l’UTMB, il mitico Ultra Trail du Mont-Blanc. Atleta straordinaria e donna altrettanto fuori dal comune. Se dovessi definirla con una parola, la parola sarebbe: “magnetica” ma nemmeo questo renderebbe compiutamente l’idea. Saranno lei ed il suo preparatore Renato Jorioz, in serata, a riportare a Lecco me ed il compagno di squadra Vittorio tra una decina di ore, dopo la cena conviviale a Esino. Chiacchierando di trailrunning, alpinismo ed alpinisti, sport in televisione. Sulle prime rampe mi imbatto in Marta Poretti, alle prese con qualche problema di stomaco dal quale però la ragazza si riprenderà molto bene, chiudendo la gara sul terzo gradino del podio, alle spalle della vincitrice Patrizia Pensa e di Giuliana Arrigoni, seconda classificata. Cento metri dopo la fine dell’asfalto, il primo abbaglio.
Prendo a destra invece che a sinistra e me ne porto dietro altri due. Andrea ci intercetta sui primi tornanti verso i Resinelli e ci rispedisce … al mittente. Non saremo gli unici a sbagliare strada, oggi … Tornato sulla retta via, “punto” Chiara del Team Pasturo con la quale, un mese fa alla ZacUp, abbiamo condiviso un pezzo di strada ma soprattutto … un violento attacco di crampi! Sopporto a fatica la lunga risalita nei boschi della Val Calolden, sbuco ai Piani Resinelli e me li lascio alle spalle, direzione Rifugio Rosalba via Sentiero delle Foppe: quello che fa il giro un po’ più largo del vicino e – appunto - più diretto Sentiero dei Morti. Lasciamo perdere le battute, che è meglio … La giornata è bella, tiepdia, soleggiata. Nebbiolina a tratti solo in quota, a rendere il tutto più interessante. Dividiamo il sentiero con un numero crescente di escursionisti. Il Rosalba è aggrappato sulla spalla della Grignetta, quella che da scende verso il lago, passando prima per lo Zucco di Manavello, punto chiave della già citata TGS. Il Rosalba, non lo raggiungevo più da diciassette-diciotto anni, allora in compagnia di Patrizia. Ristoro, sali, un po’ d’uva bianca. Poi su lungo la spalla, lungo un tratto del Sentiero Cecilia che abbandoniamo molto presto, all’altezza di Colle Valsecchi, chilometro diciassette.
Deciso cambio di rotta: si punta verso nord, in discesa verso il fondo della selvaggia (si dice così) Val Scarettone. Inizia il tratto attrezzato: catene, ferratine. Difficoltà non elevata, avevano scritto gli organizzatori. In effetti è così ma io, ripensandoci, ricordo di avere affrontato questo settore “in tensione” e costantemente concentrato … Anche perché, solita storia, rocce e roccette le dividiamo con gli escursionisti. Scarponcini, pantaloni lunghi, giacca e vento, in qualche casco moschettoni e caschetto per loro. Scarpe da trail, pantaloni sopra il ginocchio, magliettina tecnica e poco altro per noi … Per corde e catene i più previdenti si sono portati i guantini. Pure io, ma li lascio nello zainetto, dove ad un certo punto infilo anche i bastoncini che (così utili per spingermi in alto sul sentiero) adesso ostacolano parecchio la progressione e – prima ancora – il mantenimento … dell’equilibrio. Le difficoltà si esauriscono allo sbocco della Bocchetta del Giardino, dove io ed il mio occasionale compagno di strada superiamo una cordata formata da padre istruttore e figlio allievo che – quest’ultimo in particolare – scalcia parecchio, tirandoci addosso un po’ troppa ghiaia. Ci rilassiamo un po’ nel lungo tratto che porta fino al laghetto ed all’Alpe Campione, poi giù ancora fino al torrente Pioverna dove ritrovo Andrea (che oggi evidentemente si avvale del teletrasporto per tenerci d’occhio) ed inizio la risalita verso il Pialeral … di cui all’inizio di queste note di viaggio. Ormai è pomeriggio inoltrato: lungo le rampe che portano verso la Grigna Settentrionale incontriamo frotte di escursionisti orma sulla via del ritorno (il che è normale, vista l’ora e la stagione). Seguo da lontano Chiara, che sale con passo agile ed ogni tanto canticchia pure … ed il “team” formato da Luca e dal suo amico-del-quale-non-ricordo-il nome. Ma fatico a tenerli nel mirino perché la Val Scarettone (della quale ignoravo prima di oggi la “consistenza”) mi ha un po’ prosciugato … La sagoma del Brioschi è già visibile. Eppure impiego un paio d’ore ad arrivarci e, quando finalmente vi approdo, faccio sparire in un sol boccone tutte le striscioline di formaggio che trovo sul tavolino. Quelle che non butto giù subito me le infilo in tutte le tasche della divisa, anche quelle che non sapevo di avere. Dietro non ne ho lasciati molti: forse cinque o sei. Un paio (sento dire alla radio da un tecnico del Soccorso Alpino) saranno prelevati dall’elicottero perché ormai troppo indietro. Venticinque chilometri e tutta la salita alle spalle: ora si tratta di affrontarne una dozzina nella discesa che inizia con una ferratina e qualche altro tratto attrezzato elementare ma (in qualche breve settore) incrostato di ghiaccio.
Al Rifugio Bogani non trovo granché da mangiare. Evidentemente le torte “annunciate” qui (come al Pialeral) se le sono mangiate quelli che mi hanno preceduto da queste parti. Sono stati più bravi di me, sono stati premiati di più. Non fa una grinza. La calata verso Esino Lario è un lungo itinerario su sentiero a mezzacosta nei boschi, con l’intermezzo del pianoro del Cainallo. La lucidità è quella che è: chiedo la direzione giusta ad un tizio a cavallo di una moto da trial e lui, dopo avermela indicata, avvia il mezzo e mi affianca per un breve tratto, fino a quando non imbocco la mulattiera che porta verso valle. Grazie. Luca ed il suo amico senza nome mi hanno seminato senza tanti complimenti. Mi perdo un po’ nei pensieri: quelli mi sa che li ritrovo solo al traguardo. Però … e se invece … chissà! Nel dubbio, riprendo a trotterellare, poi a corricchiare, poi a correre davvero. Ho finalmente scavallato la frontiera della stanchezza. Sapevo che questo momento sarebbe arrivato. Quando ti spingi dalle parti dei tuoi limiti, è lì che impati a conoscerti meglio. Adesso è solo inerzia, è solo piacere di andare avanti. Non pensi, corri, vai avanti. L’unica direzione possibile. Non solo in gara. In fondo ad un rettilineo riesco ad inquadrarli di nuovo. Sembrano aver mollato. Li raggiungo rapidamente, li sfilo facilmente: -“Dai che ci siamo”! -“Si, ci siamo”. Riprendono a corre nella mia scia, poi rinunciano. Per me, stato di grazia. Le prime case di Esino, i primi esseri umani. Una ragazza con carrozzina e pargolo dentro mi sorride e mi fa: “Sempre dritto, sei arrivato”. Grazie, cara. Rettilineo finale, in leggera salita, ma potrebbe essere lungo venti chilometri e lo farei lo stesso tutto di corsa. Chiara è arrivata sarà almeno un quarto d’ora fa ma non è nemmeno andata a cambiarsi, è rimasta lì ad attendere: -“Dai, Steeeee …”! Rivedo anche lo speaker Gianluca che, quando sono ad una cinquantina di metri dal traguardo, mi riconosce, sottolinea con fin troppa generosità il mio passo leggero (…) e mi riserva un’accoglienza speciale, “targata” Sportmediaset. Attraverso la linea, tiro il fiato e appoggio i gomiti sulla testa dei bastoncini. Il sole è ormai basso all’orizzonte, le energie sono sotto la suola delle mie Scott ma il morale è altissimo: la soddisfazione tanta. Come abbiamo convenuto con Francesca (Canepa) quando stai correndo fai sostanzialmente fatica e basta. Ma il Prima e soprattutto il Dopo ripagano, restituiscono, riaccendono e ti riportano lì: tra le montagne, a correre.