Il racconto della grande classica: non ci si può mai rilassare. Ma l'atmosfera è impareggiabile
La prima persona che incontro all’ingresso di Sondrio scendendo dalla Valmalenco la mattina del Valtellina Wine Trail è “nientemeno” che Franco Collè, leggenda vivente delle ultramaratone di corsa in montagna. Sarà un incontro beneaugurante in vista della gara? Speriamo di si! Anche lui è diretto al ritrovo nella centralissima Piazza Garibaldi o piuttosto alla stazione per salire sul treno che porterà a Chiuro ed a Tirano chi ha scelto di prendere parte rispettivamente alla mezza maratona ed alla maratona che scatteranno in contemporanea nel primo pomeriggio per convergere entrambe su Sondrio.
Mentre guido tra le vie cittadine mi ritrovo a pensare alla facilità di contatto con i grandi campioni della specialità. Ne avrò una convincente riprova un’oretta più tardi al mio arrivo in Piazza Cavour a Tirano trovandovi Marco De Gasperi, pluricampione del mondo ed anima del Comitato Organizzatore, intento ad occuparsi dell’allestimento della zona di partenza. Un altro grande campione ed una persona umile ed alla mano, il “Dega”. Inganno l’attesa del via divorando un panino ed una fetta di crostata troppo piccola. Il pieno di carboidrati l’ho fatto la sera prima a Lanzada, ordinando… “il solito”: due porzioni abbondanti di pasta al pomodoro… Poi a letto presto ma non prima di aver preparato tutto il necessario per l’indomani, allineando maniacalmente in ordine sul tavolo l’outfit per gara e dopogara ma soprattutto Cascadia e Supertrac, sperando che una delle due paia al momento di scegliere mi “parli” e mi assicuri massima tenuta ed affidabilità in gara.
Poi saliamo tutti alla sala convegni che una delle due grandi banche valtellinesi ha messo a disposizione dei concorrenti per cambiarsi e prepararsi alla partenza. Finalmente una banca che fa qualcosa di tangibilmente utile… I primi due chilometri nell’abitato di Tirano li maciniamo ad un ritmo sostenuto. Poi cambia tutto: si comincia a salire senza tante storie. Il Valtellina Wine Trail si corre tutto più o meno a mezza costa sul versante retico, alternando tratti lungo i terrazzamenti realizzati dall’uomo nel corso dei secoli per ricavarne terreno per l’agricoltura a sentieri nei boschi di castagno. Attraversiamo vigneti e frutteti ma non mancano appunto lunghi traversi nei boschi e discese ripidissime verso i paesi attraversati dalla corsa (undici comuni in tutto). Ma sono i vigneti a colpirmi. Li si attraversa per la lunga ma ogni tanto si “guadagna”… un piano del terrazzamento con una salita brevissima ma ripida e magari una rampa di gradini di pietra che risale il muro di contenimento.
Non solo: come mi diceva giustamente un ragazzo con il quale ho condiviso tre o quattro chilometri di gara, la Wine Trail forse non è una gara particolarmente dura ma è certamente una gara “stronza” perché non possiede un dislivello esagerato (millesettecento metri, oltretutto “spalmati” su quarantadue chilometri, nel mio caso) ma prevede un continuo alternarsi di tratti brevi ma ripidi e di discese altrettanto “in piedi”, spesso su asfalto oppure fondo cementato, dove ogni atterraggio rimbomba dalla pianta del piedi fino alla punta dei capelli. Con il risultato che non ci si può mai rilassare e si prova uno “scomodo” obbligo morale di correre praticamente sempre e comunque.
Dopo nemmeno un’ora di corsa rieccolo, De Gasperi: lo incrociamo mentre sta scendendo ed ha per tutti noi una parola di incoraggiamento che ci fa salire d’un botto il tasso di adrenalina …! I tetti di Tirano sono ancora laggiù in basso che mi vedo già affiancare e superare dalla fortissima Sarah Palfrader dell’Atletica Alta Valtellina. Ex biker convertita in skyrunner, Sarah per come la conosco dalle gare nelle quali l’ho incontrata è una delle ragazze più toste in assoluto. Vorrei provare a seguirla ma la sua progressione va completamente e rapidamente al di là delle mie possibilità: sarà seconda al traguardo di Sondrio alle spalle dell’inarrivabile Elisa Desco. Hanno una fortuna le ragazze dello skyrunning: il loro numero non va praticamente mai oltre il dieci-quindici per cento dei concorrenti al via, quindi godono di simpatia e di attenzione particolare da parte del pubblico che le identifica subito nel gruppo e le “conta” spesso, comunicando loro le rispettive posizioni. Dal mio punto di vista, un aiuto nella gestione della gara.
Poi iniziano i passaggi all’interno delle aziende vitivinicole dove si lavora il frutto dei vigneti lungo i quali ci stiamo impegnando a fondo. Si corre (ed è un’”esclusiva mondiale” della Wine Trail) in mezzo a macchinari, botti enormi, silos altissimi con su scritti i nomi dei vini più famosi della Valtellina: Inferno, Grumello, Sassella. Da un comune all’altro, da una località all’altra, i chilometri si accumulano nella gambe e nei polmoni. Passano anche le ore ed il sole inizia a calare. Non che lo possiamo vedere: le nuvole hanno un po’ rovinato i piani degli organizzatori che avevano spostato la partenza delle due prove lunghe alle ore quattordici in modo da permettere agli atleti di “distrarsi” un po’ inseguendo la corsa del sole verso ovest nella splendida luce del tramonto autunnale, con i colori accesi dei vigneti, degli alberi da frutto e dei larici delle foreste più in alto (il VWT si corre tutto a quote collinari, tra i duecento ed i settecento metri di quota).
Ma non tutto il male viene per nuocere. E nemmeno il maltempo: con il sopraggiungere dell’oscurità la montagna si accende comunque, grazie alla lunga “teoria” di lampade frontali azionate dai concorrenti per capirci qualcosa negli ultimi chilometri dell’itinerario e non incespicare con esiti potenzialmente disastrosi in un sasso, una radice sporgente, una griglia di ferro. Incombenza, questa del “frontalino”, risparmiata solo ai top runners ed agli specialisti (quelli forti insomma), che completano la picchiata su Sondrio all’ora del crepuscolo. Per tutti gli altri al calare delle tenebre il VWT 2018 si trasforma in un’esperienza a tratti mistica.
La pioggia aumenta d’intensità, con acquazzoni brevi ma intensi. Abbiamo tutti – da regolamento - una giacca impermeabile nello zainetto “tattico” ma manca poco all’arrivo, bisognerebbe fermarsi per tirarla fuori e indossarla. Si perderebbero posizioni altrettanto faticosamente guadagnate, con zero chances di riguadagnarle visto che la corsa è… ormai agli sgoccioli (tanto per restare in argomento). Il passaggio nelle ultime vigne fa un po’ effetto: si corre sempre sul bordo dei muretti alti dai tre ai cinque metri che separano come detto ogni terrazza da quella successiva e che con il buio chissà come “acquistano” uno o due metri di altezza…
E poi il clou: le rovine di Castel Grumello, a picco sopra il capoluogo valtellinese: sembra di rivedere certe scene del finale di “La nona porta” di Roman Polanski con Johnny Depp, Emmanuelle Seigner e Frank Langella, ambientate nel castello di Puivert, al confine tra Francia e Spagna, ai piedi dei Pirenei. L’atmosfera è a dir poco dantesca: il buio, la pioggia, il castello diroccato. Manco a farlo apposta, questa è l’unica fase della gara nella quale sono completamente solo: nessuna lucina in vista davanti a me, nessuna dietro…
Anche questo è la magia del Valtellina Wine Trail: corri per ore a stretto contatto con decine di colleghi, poi all’improvviso rimani solo con la montagna, le rovine e la tua “meravigliosa” fatica, amica fedele ed inseparabile di tante gare. Sotto l’arco di quello che presumo fu l’ingresso principale del maniero si trova il simpatico personaggio che fa da contorno a molte gare di trail e skyrunning, in divisa “mefistofelica” d’ordinanza: tutto vestito di rosso, con una vistosa parrucca ed il forcone. La sua presenza è particolarmente appropriata al contesto… Ormai però è fatta. La discesa su Sondrio, i vicoli del centro storico, il rettilineo finale che sfocia in Piazza Garibaldi.
Ci arrivo cinque ore e mezza dopo il via da Piazza Cavour di una Tirano ormai lontana nello spazio e nel tempo, nonostante siamo passate solo poche ore. Stanco come e forse più di tante altre volte ma… inevitabilmente soddisfatto. Ho in mente solo la doccia, mettermi addosso vestiti asciutti e la giacca a vento per restare in piazza fino a mezzanotte sotto la pioggia a godermi lo show delle premiazioni, vedere che faccia hanno quelli bravi (e chi li vede mai in gara?).
Ma soprattutto ho in testa la cena conviviale sotto il tendone, un bicchiere di vino e poi i pizzoccheri che ho sognato per cinque ore e mezza: tanti, buoni e fumanti! Anzi no, manca quello che per me è stato il pezzo forte della giornata: ho ancora in testa (e nel cuore) i bambini tifosi all’uscita di uno dei paesi attraversati: fianco a fianco lungo la strada in discesa a tendere la mano aperta per darti il “cinque” mentre passi e li passi in rassegna. L’ho restituito a tutti, il cinque, non ne ho lasciato indietro nemmeno uno. Avevano pure preparato un lenzuolo con sopra scritto: “Psyco supporters”. Beh, direi che hanno letteralmente centrato il… problema ed hanno fatto la loro bella parte per aiutarci a risolverlo!