La 33enne di Verbania è diventata la prima ragazza a imporsi in una gara di Coppa del Mondo facendo meglio dei colleghi maschi
di Marco Cangelli© FISI
Quando Valentina Greggio ha tagliato il traguardo di Vars, probabilmente molti suoi colleghi devono aver pensato a un errore del rilevatore. La 33enne di Verbania aveva toccato i 202, 140 chilometri orari, meglio di Simone Origone, primo nella gara maschile. Eppure, in uno sport dove contano sia il fisico che la struttura corporea, la portacolori del C.S. Valtournenche ha saputo riscrivere la storia diventando la prima donna a battere i maschi in una prova di Coppa del Mondo di sci di velocità.
Un traguardo che Greggio è riuscita a raggiungere grazie alla collaborazione con Dallara con la quale è riuscita a riprendere quello splendido percorso che l’aveva condotta a toccare una punta di velocità di 247,083 chilometri orari, primato mondiale ancora oggi attivo. Da quel giorno sono passati quasi nove anni, eppure Valentina non ha mai smesso di vincere conquistando sei Coppe del Mondo, cinquanta vittorie nel massimo circuito e cinque titoli iridati a cui vanno aggiunti un argento e un bronzo.
Numeri che non fermano l’esperta piemontese che, grazie al sostegno degli ingegneri di Dallara, punta a condurre lo sci di velocità femminile in una nuova dimensione.
Com’è lasciare alle spalle i suoi colleghi maschi?
Le loro facce non le ho viste, anche se la sfida non era quella. Più che altro si trattava di una dimostrazione che volevo dare a me stessa e a chi segue lo sci in genere perché un mondo ancora molto ‘maschilista’. In questo momento chiaramente c’è grande attenzione nello sci alpino su Federica Brignone e Sofia Goggia perchè stanno tenendo alto l’onore del movimento italiano, ma osservando più in piccolo il nostro mondo, noto che si dà ancora più importanza ai risultati ottenuti dai colleghi maschi perché realizzano le velocità più elevate. Infatti, quando va citato un citato un fuoriclasse dello sci velocità, si pensa sempre a un uomo. Almeno d’ora in avanti non sarà più così perché con questo risultato ho dimostrato che anche noi donne siamo forti. In passato mi è stato inoltre insinuato che io vincevo soltanto perché il livello femminile non era così elevato. Ora ho dimostrato che vinco non tanto perché le altre sono scarse, ma perché io sono realmente forte.
Com’è nato il progetto con Dallara?
È nato tre anni fa perché, tornando dalla Francia, ero abbastanza amareggiata visto che non avevo ottenuto i risultati che speravo, ma soprattutto la mia rivale, la svedese Britta Backlund, continuava a migliorare, mentre io ero ormai giunta a un punto di stallo. A quel punto, se non avessi avuto altri margini di progresso, avrei propeso per il ritiro. Qualche mese prima, in occasione di una serata organizzata dalla Pro Loco di Varano, avevo conosciuto l’ingegner Dallara a cui ho subito proposto una collaborazione. Nonostante l’idea l’avesse colpito, il discorso è caduto velocemente nel dimenticatoio, motivo per cui dopo le gare in Francia, grazie all’aiuto di alcuni amici, sono riuscita a ottenere un contatto e-mail dell’ingegnere a cui ho spiegato il mio progetto. Il contenuto di quel messaggio deve aver fatto effetto tanto che, qualche settimana dopo, mi ha risposto dicendo che aveva passato il contenuto all’ingegnere a capo del settore aerodinamica. Probabilmente hanno visto in me del potenziale e così abbiamo approfondito la collaborazione.
Su quali aspetti si è concentrata la Dallara?
Loro lavorano principalmente sul casco, gli spoiler e, da quest’anno, anche sui bastoncini. Chiaramente questa è solo una parte del materiale che utilizzo, motivo per cui, per ottenere ottimi risultati, è necessario lavorare a 360 gradi. Sono due anni che lavoriamo duramente insieme visto che loro hanno bisogno dei miei feedback per mettere a punto nel migliore dei modi tutto il materiale.
I test si svolgono in galleria del vento o anche sulla neve?
I test più importanti vengono fatti in galleria del vento. Lì si definisce se una soluzione possa funzionare o meno. Se la provo sulla neve e non ottengo i riscontri che mi aspettavo, non metto in discussione la loro risposta, ma piuttosto me stessa. Se i materiali funzionano e sono stati testati in galleria del vento, poi è compito mio farli rendere sulla neve.
I risultati che ottenete dipendono dalle condizioni della neve?
Sì, ma anche da dove si parte. Ho raggiunto 202 chilometri orari perché siamo partiti dalla parte bassa della pista. La neve non era molto veloce visto che ne è caduta altra recentemente. In altre condizioni, se fosse stata confermata, sarebbe stata molto più veloce.
Conta anche la scelta della sciolina sul risultato?
Sì, anche se quello me la gestisco io. Gli sci me li preparo io e, se si eccettua qualche consiglio che posso ricevere da qualche skiman, il resto dipende totalmente da me.
Avete un sostegno da parte della Federazione?
La Federazione ci supporta molto perché ci paga tutte le trasferte e ci permette di gareggiare, così come la tuta. L’attrezzatura è principalmente composta da materiali speciali per cui, finchè non ho aperto la collaborazione con Dallara, la maggior parte me li costruivo io oppure me li facevo costruire, ma sempre a mie spese.
Cosa provate quando la velocità supera i 200 chilometri orari?
Molti si aspetterebbero che sia adrenalinico, in realtà no. Senti molto più la velocità rispetto a 130/140 chilometri orari, ma noi siamo concentrati sul nostro obiettivo e soprattutto sull’evitare il più possibile di cadere.
Quanto pesa non poter prendere parte alle Olimpiadi?
Ormai ci ho fatto l’abitudine, per cui non mi pesa moltissimo. Quando ho iniziato ci ho pensato moltissimo, però noi abbiamo a disposizione la possibilità di realizzare un record del mondo. Indipendentemente dal livello in campo, ogni anno qualcuno vince la Coppa del Mondo o i Mondiali, così ogni quattro anni qualcuno si mette al collo una medaglia olimpica in altri sport. Il record rimane invece qualcosa di unico, che può resistere per decenni e dimostra quanto sei stata brava. Chiaramente un po’ mi spiace sapere che sin al 1992 questo sport è stato olimpico e qualcuno ha a casa una medaglia dei Giochi. Probabilmente lo sci di velocità tornerà nel consesso olimpico nel 2030, ma purtroppo per me sarà troppo tardi. Nel caso si realizzasse, sarei comunque contenta perché significa che questa disciplina sta riprendendo piede e questo è merito anche di noi italiani.
Ci sono giovani in Italia che stanno seguendo le sue orme?
Purtroppo, siamo pochi. Attualmente c’è una ragazza che si sta cimentando nella categoria inferiore, però in Italia non ci sono né piste né gare. Le prove con materiali da discesa libera sono ormai poche e non sono valide per la Coppa del Mondo, per cui arrivare a questi livelli diventa complicato. In Francia c’è un circuito di sci di velocità e, grazie a quest’ultimo, riescono a tirar fuori i talenti più brillanti. In Italia la cultura sta purtroppo pian piano sparendo perché, quando è stata chiusa la pista di Cervinia, è morto tutto.
Si possono costruire nuovi impianti nel nostro paese?
In realtà non servono nuovi impianti, ma basterebbe trovare delle piste adatte e sistemarle per la nostra disciplina. Sicuramente si può fare, ma servirebbe cercare in giro per l’Italia per capire dove ci siano gli spazi adatti per svolgere questo sport.
Pensa di poter battere in futuro il suo record del mondo?
Sicuramente è battibile. Non si sa quando né da chi, ma certamente verrà battuto. Tutti potrebbero superarlo, io come altre. È lì e qualcuno lo cancellerà.