Tre giorni sulle montagne della Savoia in completa ammirazione dei protagonisti della grande classica francese skialp
di Stefano Gatti© Pierra Menta Press Office
Ne ha fatta di strada… la Luccicanza. Shining sulle Alpi della Savoia! Nulla di cui spaventarsi però, casomai emozionarsi! Stiamo parlando del ghigno che tutti i concorrenti della Pierra Menta esibiscono sfilando (forse loro più emozionati di noi) in mezzo a due ali di… tifosi d’alta quota all’altezza (duemilaquattrocento metri e oltre) del Col de la Forclaz, passaggio-chiave della quarta e ultima tappa della trentottesima edizione della grande classica internazionale di scialpinismo. La resa dei conti, insomma. Che sia un ghigno di sofferenza piuttosto che di felicità, che le coppie in gara lo allarghino in un sorriso vero e proprio (ma che bello tenerlo per sé anche lì in mezzo) o lo stringano penosamente in un serrare di labbra (letteralmente con la bava alla bocca), poco importa. È la Luccicanza della Pierra, che ci riporta lì al solo scriverla. Anche se quelle emozioni, quei suoni, quei profumi e quegli incontri fortunati sono purtroppo solo un ricordo. Le cime del Beaufortain come le Rocky Mountains, lo chalet Le Coeur d’Areches come l’Overlook Hotel, la tormenta sulle montagne del Colorado (e nella testa di Jack Nicholson) lontana invece mille miglia e di più ancora da queste contrade alpine e dai nostri pensieri. Che sono tutti curiosi fino al confine estremo con lo stupore, sognanti fin quasi all’incredulità. Come potrebbe essere diversamente? Siamo al culmine dell’inverno, siamo in alta montagna tra nebbia e rare schiarite, siamo nel regno del silenzio eppure dentro un sabba alpino mai visto prima, invitati ad un rave party che più matto e al tempo stesso sano non si potrebbe… desiderare. È la “Pierra”, bellezza. Ovunque tu sia.
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Il Tour de France oppure il summit mondiale dello scialpinismo. Sono solo un paio delle definizioni collaterali della Pierra Menta: tra le più gettonate e inflazionate eppure sempre molto azzeccate. Mai però - almeno nostro avviso - quanto “Dakar des Neiges”. Forse per il comune carattere offroad (e hors piste). Forse perché si tratta del primo gemellaggio in ordine di tempo tra la grande classica scialpinistica di Arêches-Beaufort che alle sue origini - nel 1985 - era ancora in cerca di identità e la maratona auto e motociclistica africana che (nata nel 1979) a metà degli anni Ottanta viveva la sua stagione più mitica ma anche drammatica e a tratti tragica.
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Un DNA in qualche modo comune e un inprinting avventuroso che ha portato la Dakar a sopravvivere a se stessa (lasciando l’Africa prima per il Sudamerica e poi per la Penisola Arabica) e la Pierra a ritrovare - inverno dopo inverno - il proprio terreno d’elezione: le Alpi della Savoia (versante francese del Monte Bianco) e luoghi identitari come Grand Mont oppure Col de la Forclaz che - citati in prossimità della settimana centrale del mese di marzo - portano invariabilmente lì, tra le montagne del Beaufortain. Vicine ai grandi caroselli sciistici d’Oltralpe ma al tempo stesso piuttosto appartate, quasi un angolo di Svizzera, dove da un momento all’altro da dietro l’angolo di una baita potrebbe fare capolino Heidi (magari un po' lontana dalla sua patria confederata...!)
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L’abbiamo presa un po’ alla lontana ma fa parte del gioco, del bellissimo gioco al quale - nel giro di boa del terzo mese dell’anno, ormai all’ultimo weekend dell’inverno - siamo stati invitati ad unirci dagli amici di Karpos, la firma dell'abbigliamento per l'outdoor che fa parte della house of brands MVC Group (Manifattura Valcismon). Gli altri sono Sportful (sci di fondo), Castelli (ciclismo) e la recente acquisizione Zoot (triathlon).
Potevamo rifiutare la proposta? No! Da alcuni anni (e almeno ancora fino al 2026) main sponsor della Pierra, l'azienda di Fonzaso (in provincia di Belluno) fondata da Olindo e Irma Cremonese alla fine della seconda Guerra Mondiale, fatta crescere dal figlio Giordano e oggi guidata dai figli di quest'ultimo (Alberto Olindo presidente, Alessio CEO), sposta per l’occasione una parte dei suoi effettivi dalla sede centrale ai piedi delle Dolomiti Venete a uno spettacolare chalet dalla posizione al tempo stesso defilata e strategica, con vista a trecentosessanta gradi sull’anfiteatro della valle e una straordinaria prospettiva sul teatro d’operazioni dell’evento e in particolare sul già citato Grand Mont.
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Poche ore per trasferirci dal centro di Milano alle montagne savoiarde. Dalla conferenza stampa della spedizione alpinistica tutta femminile K2 70 alla linea d’arrivo della terza tappa della Pierra. Da un contesto istituzionale (un po’ ingessato e… governativo) al senso di libertà, condivisione e amicizia che scatta appena saliti in macchina, lasciandoci alle spalle senza remora alcuna le architetture di Rho Fiera, apparentemente proiettate in un futuro... remoto.
Tappa ad Aosta, dove ho il privilegio di conoscere di persona Marco Albarello (con De Zolt, Vanzetta e Fauner uno dei quattro moschettieri dell’oro olimpico nella staffetta 4x10 di Lillehammer che - trent’anni e un mese fa - spezzò il cuore dei padroni di casa norvegesi) e poi via, fuori dal tunnel: quello del Monte Bianco.
Doppiata la stazione sciistica di Les Saisies (altre memorie olimpiche, quelle di Albertville 1992), con Marco e Alan raggiungiamo Arêches per un finale di giornata che - preso possesso nel nostro alloggio presso il delizioso chalet Le Coeur d'Arêches - si configura subito in modalità festa, tutti intorno ad una tavolata dal menu golosamente autoctono (nel senso della cucina veneta) ma dal contesto altamente internazionale, intorno alla quale si sentono parlare almeno quattro differenti idiomi e (oltre a questi ultimi) si mischiano in totale libertà anche esperienze, ricordi, progetti, emozioni. Ed è subito Pierra!
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La giornata di venerdì muove dal veloce trasferimento verso la località di Planey, dove si trovano partenza e arrivo delle quattro tappe e la fornitissima area expo che è sostanzialmente meeting point e campo base della Pierra e di tutto ciò che gravita intorno e dentro l’evento. Il tempo di orientarsi e siamo già in zona partenza, poco a monte del campo base. È solo qui infatti che la primavera in anticipo permette agli atleti di agganciare gli sci e di prepararsi al via del terzo giorno di gara.
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C’è giusto il tempo di tirare fuori lo smartphone per fissare qualche immagine delle studiate procedure pregara dei e soprattutto delle frontrunners. Mi concentro prima sul dream team formato da Alba De Silvestro e Giulia Murada (secondo gradino del podio finale per le due campionesse del Centro Sportivo Esercito), poi su quello lombardo-veneto di Corinna Ghirardi e Martina Valmassoi: classe ed esperienza per un gran bel quinto posto finale in gara-donne!
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Allineato in prima fila c’è infatti il gotha mondiale dello scialpinismo, nessuno escluso. Giusto il tempo di elaborare questa considerazione (e di prendere atto del privilegio di trovarsi qui) che i concorrenti scattano in avanti e si inerpicano su per la prima rampa. Altro breve trasferimento per raggiungere il pratone di Les Perches, dove prendono il via i giovani e i giovanissimi della Pierra Jeunes. Per quanto mi riguarda, c’è aria di casa: ci sono molti ragazzini e ragazzine valtellinesi tra gli italiani che faranno incetta di vittorie nelle varie categorie Under.
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Al continuo inseguimento delle fasi chiave della giornata, siamo di nuovo nell’area d’arrivo perché i primi sono già prossimi alla conclusione della loro fatica. Robert Antonioli e Davide Magnini sono anche oggi sulle code degli sci dei padroni di casa Xavier Gachet e William Bon Mardion: è il fil rouge della trentottesima edizione della Pierra.
© Stefano Gatti
Mentre attendo l’esito della sfida odierna, scatto un paio di foto all’amico Silvano Gadin, che avevo già incrociato alla partenza. Siede sul suo trespolo nella cabina di commento più o meno en plein air dei colleghi francesi: la Pierra è live in streaming dall’inizio alla fine, per quattro giorni di fila. La postazione di commento ricorda da vicino quella del Tour de France, tanto per ribadire il concetto. Lo stile della narrazione anche. Vedere Silvano “competere” alla pari con i telecronisti francesi, beh è un motivo di orgoglio e un bel riconoscimento alla sua autorevolezza in questo sport.
© Maurizio Torri
Al traguardo di tappa (il cronometro si è fermato più su, in zona partenza Jeunes causa… mancanza di neve quaggiù) Antonioli e Magnini tengono aperta la sfida con i leaders. Conosco Magnini da qualche anno, da una lunga intervista per Studio Aperto realizzata (credo nel 2019) nel covo runner milanese di Runaway. Un incrocio di sguardi e Davide (casco ancora in testa, sci sottobraccio) mi raggiunge sul bordo del recinto per fare quattro chiacchiere… ad un certo punto interrotte dall’arrivo di un giudice di gara che ha da sindacare sulle procedure di un cambio assetto. Al di là del caso specifico, assisto a un confronto bello acceso, nel quale il campione di Vermiglio non la manda certo a dire, deciso a far valere le proprie ragioni. Davide ha sembianze da eterno ragazzino ma un carattere molto forte e uno spirito agonistico che non si spegne neanche oltre la linea del traguardo. Le gare (non necessariamente questa) si vincono anche così.
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La parte “race” della giornata centrale di questa trasferta si chiude con un divertente siparietto sotto il tendone dell’area expo e più precisamente davanti al bancone del bar che mesce senza sosta quantità esorbitanti di birra. Un fluire ininterrotto dai rubinetti. Dopo averne rifiutate a più riprese (di birre) e ormai convinta di averla scampata, la collega Ines Häfliger di NZZ (Neue Zuercher Zeitung) paga dazio, imbattendosi in Franco Parolo, "past president" della Polisportiva Albosaggia (comune nei pressi di Sondrio gemellato con Arêches-Beaufort e qui presente in forze con tante giovani promesse dello skialp). Cappellaccio in testa e camice bianco lungo da "docteur en médecine" dal quale spunta l'abbigliamento da sci, il popolarissimo Franco propina alla giovane collega elvetica una ciotolina contenente una sorta di pozione magica (grappa!) dalla gradazione alcoolica ben superiore alla bionda bevanda che qui la fa da padrona.
© Stefano Gatti
Rientrati in paese, puntiamo al nostro chalet “cento per cento legno” per il pranzo e un pomeriggio a tutto relax, piacevolmente intervallato dalla presentazione Karpos a cura del Direttore Marketing Marco Capretta, di Federico Maccagnan (Social Media Specialist) e del Responsabile Atleti ed Eventi nonché ex ciclista professionista Andrea Peron, campione del mondo nella cronosquadre nel 1991, argento olimpico nella stessa specialità a Barcellona 1992 (le Olimpiadi sono un tema laterale piuttosto ricco di queste righe!) e una top ten nel Tour de France - per restare in tema - del 1999. Marco, Federico e Andrea: incontri fortunati della nostra trasferta. Insieme ai loro colleghi, naturalmente!
© Stefano Gatti
Poi tutti al cinema di La Chaudanne per il briefing della quarta e ultima tappa (alla Pierra il percorso di ogni singola giornata di gara viene svelato solo la sera precedente) e la premiazione della gara dei giovani. Come detto, a salire sul palco per ritirare il loro premio molte giovani promesse di casa nostra. Non resta che prepararsi a un’altra serata a base di convivialità, spensieratezza e molto altro ancora. Poi via a letto, perché la giornata-clou si preannuncia impegnativa e - sulla strada del ritorno verso il nostro alloggio tra le viuzze del borgo - iniziano a cadere le prime gocce.
È una notte tempestosa quella che (poche ore in realtà) ci separa dalla giornata finale. Una lunga serie di acquazzoni che si susseguono con “ammirevole” continuità, a base scrosci di pioggia battente sul tetto di legno della nostra baita. Sarebbe una bella ninna-nanna, se non fosse che la sveglia suona di mattina presto: molto “mattina”! Per fortuna Marco ci viene in soccorso, raggiungendoci all’ora di colazione con un’aggiunta antipioggia al nostro già ricco apparel kit by Karpos. Partiamo dopo un saluto a Nadine e Gerard, la impagabile coppia di titolari del nostro alloggio che, oltre ad averci fornito colazioni spettacolari e aperitivi… anche, ci ha deliziato e impressionato con gli aneddoti di una vicenda umana (la loro) che non è esagerato definire “da film”!
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Salendo verso il Plateau du Cuvy, dove si trova la stazione a monte del primo tratto della seggiovia del Gran Mont (Le Panoramique, oggi non molto!), la pioggia battente si trasforma con l’aumento della quota in pioggia ghiacciata e ben presto in una bella nevicata. Sullo schuss finale della pista si dividono le strade di quelli di noi che inforcano gli sci da scialpinismo e di chi risale il pendio a piedi e a bordo pista: come me che non mi sono mai preso la briga di imparare a sciare. Marco e Federico (li ringrazio per questo) mi fanno compagnia in una salita lungo la quale (ah, l’allenamento) mi metto comunque dietro diversi appassionati con le... prolunghe. Se mi fossi portato i ramponcini da skyrunner avrei fatto ancora meglio, mannaggia.
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Ci vuole quasi un’ora per raggiungere la “torcida” di Col de la Forclaz (quota 2374), sightseeing point eccezionale sulla quarta tappa della Pierra e punto d’appoggio per il vicino Grand Mont che svetta trecento metri più in alto, a quota 2686. I concorrenti passano di qui due volte, a distanza di poche decine di minuti: prima in salita, poi in discesa, alla chiusura di un breve anello ancora più in quota.
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Folate di nevischio e brevi schiarite si alternano in continuazione sue giù per i pendii innevati, pesantemente carichi dell'oro bianco che vi si è depositato copiosamente negli ultimi giorni ma soprattutto nella scorsa notte e ancora adesso. La nebbia si mescola ai fumogeni, le urla di incitamento agli atleti sono una colonna sonora incessante. Benvenuti all'happening d'alta quota della Pierra: è l’ora della Luccicanza di cui all’inizio.
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Restiamo lì per applaudire e incitare tutti quanti: da chi se la gioca per la vittoria, a chi se le vuole semplicemente godere fino in fondo: tra estasi e sofferenza, muscoli che gridano vendetta e occhi lucidi, bastoncini sollevati all’unisono per chiedere un incoraggiamento in più e mani appoggiate alle orecchie per chiedere un “allez” più carico di decibel, un “venga venga” senza risparmio, un “non mollare” che sia davvero una molla che dia slancio al prossimo movimento di braccia e di gambe. È la Pierra e noi ci siamo proprio dentro!
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