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IL RETROSCENA

Il flop Italia e i rigoristi mancanti: giù le mani alla chiamata di Spalletti

Il ct ha raccontato un episodio sconcertante: se con la Svizzera fossimo andati ai rigori, erano in pochi gli azzurri pronti a calciarli...

01 Lug 2024 - 09:41

Non l'ha detto, ma l'ha detto: è anche una questione di personalità. O forse, come spesso capita nello sport, è quasi soltanto una questione di personalità. E allora le parole di Luciano Spalletti e il suo racconto della riunione tecnica prima della gara contro la Svizzera non possono passare in cavalleria. Ecco il ct: "Prima di andare via dalla riunione della mattina, abbiamo chiesto chi se la sarebbe sentita di tirare il calcio di rigore e ce ne sono stati diversi che non hanno alzato il braccio, che non lo volevano battere". E se questa era paura, la paura si è poi vista tutta in campo. 

Chiariamo una cosa: il rigore è degli specialisti, ma è tecnico il giusto. Uno studio di qualche anno fa, per capirci, sosteneva che un rigore calciato a una certa velocità e con una certa angolazione fosse in ogni caso imparabile per il portiere. Era una questione di tempi di reazione. La domanda quindi è: un nazionale è in grado tecnicamente di calciare forte e all'angolino da 11 metri? La risposta è ovviamente sì. Il problema è perciò solo psicologico, una questione come detto di personalità. 

Solo che se la personalità ti manca in una scelta comunque complicata - calciare il rigore in una fase finale di una competizione importante -, è possibile se non probabile che ti manchi anche nelle fasi complicate di una partita. Che non significa solamente quando si è in svantaggio e bisogna recuperare o in vantaggio e bisogna difendere il risultato, ma in senso più largo, quando è necessario controllare un pallone difficile, fare giocate non banali, uscire dalla zona di comfort che nel calcio alla lunga diventa mediocrità. E allora ecco che le parole di Spalletti hanno un senso: se hai paura di quello, forse non sei adatto a un livello di pallone alto qual è quello di un Europeo. 

Il ct, che si è preso qualche responsabilità, ma le ha anche ben condivise con il gruppo, in fondo è sempre stato così. Non è uno che ci gira attorno, non si tiene le parole in bocca. Lui parla, dice quello che deve dire, e se non piace pazienza. Compreso questo retroscena. Che non piacerà a molti e magari a qualcuno, tra quei molti, che per questo non verrà più convocato. 

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