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Inter, altro che scudetto annunciato: è una grande impresa per dieci motivi

Dal Covid alle avversarie, dai meriti di Conte a quelli dei preparatori: i nerazzurri hanno vinto il campionato più difficile del secolo

di Gianluca Mazzini
02 Mag 2021 - 16:54
 © Getty Images

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Ma quanto vale lo scudetto numero 19 della storia dell’Inter? I calcoli economici li lasciamo alla famiglia Zhang. Quello che interessa è il valore sportivo del titolo ottenuto da Conte con l’Inter, dopo oltre dieci anni di attesa. Chiariamolo subito: si è trattato di una grande impresa.

Per almeno tre ragioni: il contesto pandemico, il valore degli avversari, le contingenze societarie nerazzurre.
A) Pandemia. Scontato dire che si è trattato del campionato più difficile del secolo per via del Covid. Virus che aveva condizionato anche il campionato scorso ma solo nell’ultima parte con lo scudetto già saldamente nelle mani bianconere. Quest’annata è stata complicatissima per tutti. Fin dall’inizio. Senza pubblico, con i giocatori e dirigenti colpiti dal Covid e partite rinviate. Da ricordare che l’Inter è stata tra le squadre italiane con più contagiati. Basti ricordare il derby d’andata (sconfitta per 2-1) con sei giocatori indisponibili causa virus. Così come il rinvio della partita con il Sassuolo per un rischio focolaio alla Pinetina che ha compresso il calendario dei nerazzurri facendo saltare molti allenamenti.
B) Concorrenza. Guardando adesso la classifica non si direbbe ma ad inizio stagione le candidate al titolo erano almeno tre. Certamente l’Inter ma equiparata alla Juve del “predestinato Pirlo” a caccia del decimo titolo. Tra le favorite anche il Napoli forte di una rosa competitiva e un mister emergente. Tra le outsider Roma e Lazio senza scordare la mina vagante Atalanta. A sorpresa nella corsa si è inserito subito il Milan. Grazie all’Ibra-power i rossoneri hanno dominato la prima parte del campionato conquistando il titolo di campione d’inverno. 
C) Società. Conte ha dovuto confrontarsi e (scontrarsi) anche con problemi societari. Una proprietà enigmatica, un mercato al risparmio che non ha soddisfatto l’allenatore. Il mister nerazzurro ha dovuto fare a meno anche del precampionato perché l’Inter è arrivata in finale di Europa League giocando tutto agosto per poi ripartire a settembre con il campionato.

Veniamo al campo. Conte ha dovuto superare varie difficoltà durante il percorso tricolore. E se l’è cavata decisamente meglio di tutti i colleghi. Per diversi motivi: 
1) Champions. L’eliminazione è stata un disastro (si era parlato anche di un cambio di panchina) che poteva mettere in ginocchio la squadra, duramente criticata da stampa e tifosi. Il mister nerazzurro, invece, è riuscito a compattare lo spogliatoio e suscitare la voglia di riscatto del gruppo (il famoso “patto scudetto”). Una situazione opposta a quella della Juve di Pirlo che non si è più ripresa dal trauma dell’eliminazione dalla coppa. 
2) Squadra. Conte è poi riuscito a far sentire tutti importanti. Chi scendeva in campo come chi andava in panchina. Si guardi il caso Eriksen, prima emarginato, messo sul mercato a gennaio, rimasto controvoglia per poi diventare titolare inamovibile. Questa forse la mossa che ha reso definitivamente granitico il gruppo. Il danese ha preso, infatti, il posto del pupillo di Conte Arturo Vidal. Questa decisione, arrivata a campionato inoltrato, ha dimostrato a tutti i giocatori che il mister non aveva preclusioni né protetti o intoccabili. La mossa Eriksen ha dato qualità in campo ma soprattutto suscitato una fiducia incondizionata nel mister.
3) Gioco. Anche le critiche nei confronti del gioco di Conte hanno poco valore. L’Inter ha disputato alcune ottime partite (Juve Lazio e Milan a San Siro), altre di discreto livello, altre badando solo al risultato. Anche qui c’è stata un’evoluzione del Conte-pensiero che aveva iniziato la stagione praticando un calcio spregiudicato ed offensivo (nelle prime giornate l’Inter subiva una media di due gol a partita). A metà stagione alcuni accorgimenti tattici hanno permesso a Conte di di affrontare le partite in base agli avversari. Avendo il controllo totale sulla squadra Conte ha potuto utilizzare moduli e formazioni in funzione degli avversari. Cosa che non accadeva lo scorso anno.
4) Infortuni. A differenza dei colleghi rivali l’allenatore interista non ha dovuto fare i conti con gravi infortuni dei suoi titolarissimi. Solo fortuna? No, merito di una preparazione atletica studiata nei dettagli con carichi di lavoro equilibrati. Conte è un grande mister anche perché lavora con un grande staff.
5) Panchina. La panchina nerazzurra è importante si è dimostrata qualitativa e importante ma scoperta in alcuni ruoli. Si pensi alla terza punta. Un bomber di riserva è mancato nei fatti: Sanchez ha avuto problemi e Pinamonti non ha praticamente mai giocato. Un deficit compensato dalla Lula.
6) Stampa. Il rapporto non facile con la stampa poteva diventare un macigno in grado di incrinare le certezze del club, invece è diventato un’arma in più. Lo schema di Conte si attirare l’attenzione sempre su di sé (a torto o a ragione) ha liberato la squadra di molte pressioni.
7) Interismo. Non era facile per un allenatore juventino doc rivale in campo dell’Inter negli anni a cavallo di Calciopoli diventare un leader interista. Invece, fin da subito, Conte ci è riuscito senza rinnegare il suo passato. Altro merito di un mister che è entrato da protagonista nella storia nerazzurra.
 

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