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LA RIVINCITA

La prima volta di Sarri alla faccia delle critiche e del fuoco amico

Il luogo comune lo voleva perdente a tutti i costi, nonostante l'Europa League vinta con il Chelsea. Il Comandante, dopo aver perso Coppa Italia e Supercoppa, si toglie la soddisfazione dello scudetto

di Andrea Cocchi
26 Lug 2020 - 23:41
 © lapresse

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Che ci abbia messo del suo non ci sono dubbi. Accettare una rosa che il suo predecessore voleva rivoluzionare (ritrovandosi accompagnato alla porta), non insistere abbastanza sul mercato (alla Conte, per intenderci) e un approccio forse troppo rude nei confronti di un gruppo che poteva vantare una serie infinita di titoli, lo hanno portato a vivere una stagione ibrida, tra la necessità di insegnare il suo calcio e le caratteristiche di individualità uniche ma portate fatalmente all'anarchia tattica. Ma l'astio e la violenza di certe critiche che gli hanno vomitato addosso alcuni opinionisti e, soprattutto, i tifosi bianconeri, sono stati qualcosa di inedito nel pur nevrotico mondo del pallone nostrano.

Sprazzi di sarrismo si sono visti eccome. Certi gol arrivati dopo una serie di scambi in velocità con il pallone mosso a uno-due tocchi avanti e indietro, la pressione portata fin dai primi possessori di palla avversari, la ricerca del recupero immediato a palla persa, il possesso prolungato per trovare varchi anche tramite cambi di gioco e la compattezza e i movimenti coordinati della linea difensiva sono stati una costante della stagione bianconera.

Il problema è che, in parecchi casi, questi momenti di calcio sparivano all'improvviso lasciando la squadra a vagare per il campo senza riuscire a trovare spazi in avanti e coperture credibili dietro. I famosi blackout che il 4-2 di San Siro con il Milan hanno messo in mostra nel modo più evidente. L'impressione è quella dello scolaro che studia tanto ma poi al momento dell'esame rischia la scena muta. La Juve aveva in testa la lezione dell'allenamento ma in partita sembrava perdersi. 

Tutta colpa dell'allenatore? Per quasi tutti sì. Peccato però che la società abbia scelto Sarri proprio per il suo calcio. Magari avrebbe fatto anche una scelta intelligente mettendogli a disposizione qualche giocatore con le caratteristiche giuste. Non è successo e il risultato finale è questa specie di mostro costruito mettendo insieme ingredienti spesso incompatibili. Eppure questo mostro è riuscito a vincere lo scudetto non solo per le qualità immense di certi giocatori della rosa ma anche per la serie di lezioni ripetute fino allo sfinimento durante la settimana. 

Sarri ha saputo rivedere certe sue convinzioni cercando di limitare al minimo le consegne tattiche per gente come Dybala e Cristiano Ronaldo. Qualsiasi altro allenatore sarebbe stato lodato per la sua capacità di adattamento. Per lui, invece, il più autorevole giornalista sportivo italiano ha coniato l'espressione "l'inutilità di Sarri", spiegando che le vittorie della Juve sono arrivate solo per le caratteristiche elevate dei campioni a sua disposizione. Senza pensare che anche fare arrivare la palla nel modo giusto ai fenomeni davanti può essere frutto di un lavoro costante svolto in allenamento. 

Nonostante tutto, per tanti addetti ai lavori e quasi tutti i tifosi bianconeri, questa stagione è stata un fallimento. Un fallimento che ha visto Sarri piazzarsi tra i migliori allenatori al debutto sulla panchina bianconera per media punti e che ha avuto il suo culmine nello scudetto. Saremmo in tanti a voler vivere fallimenti di questo tipo. 

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