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Il georgiano ha raccolto l'eredità di Diego nel cuore dei tifosi azzurri. Perché nessuno ha saputo far sognare Napoli come lui
di Alessandro Franchetti© Getty Images
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Nella celeberrima telecronaca di Victor Hugo Morales, che raccontò meravigliosamente il gol di Maradona all'Inghilterra nei Mondiali del 1986, si accorcia, con le dovute cautele, la differenza tra il primo e unico grande idolo di Napoli e Khvicha Kvaratskhelia, l'ex sconosciuto georgiano che si è guadagnato, nell'anno del trionfo, l'amore profondo del popolo partenopeo. A rileggere il "canto" di Morales si capisce perché: "Ahi la tiene Maradona, le marcan dos. Pisa la pelota Maradona". Questa la traduzione: "La tiene Maradona, lo marcano in due. Schiaccia la palla Maradona". Pensando al campionato di Kvaratskhelia, al suo modo di muoversi in campo, quante volte è accaduto? Palla a Kvara, immediato raddoppio di marcatura, palla sotto la suola e dribbling. Da Maradona a Kvaradona, com'è stato presto ribattezzato, nel segno del dribbling.
A dire il vero il punto di contatto tra i due è tutto qui. Maradona e Kvaratskhelia sono giocatori diversi in quasi tutto. Intanto nel ruolo: a tutto campo Maradona, confinato sulla sinistra il georgiano. Poi nel carattere, con la personalità debordante, perfino eccessiva, di Diego, e la discrezione mista a timidezza di Khvicha. Infine le squadre. Il Maradona del primo scudetto cantava praticamente da solo. Kvaratskhelia è parte di un gruppo in cui, in fondo, ciascuno fa la propria parte all'interno di un meccanismo perfetto che non prevede primedonne. Certo, Kvara e Osimhen hanno fatto in qualche modo un campionato a parte. Raccontando però lo scudetto numero tre del Napoli, non si può e non si potrebbero dimenticare Kim o Lobotka, Anguissa o Di Lorenzo, per dirne solo quattro in ogni caso decisivi. Insomma, Maradona è sempre una storia a sé, il resto è una lunga rincorsa per prendersi quel pezzo di cuore che tutta Napoli non ha già riservato al suo unico re.
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E' però un fatto che il modo di giocare di Kvaratskhelia ha esaltato come solo Diego una città portata a sognare. L'attitudine del georgiano a puntare sempre l'avversario e a cercare in continuazione l'uno contro uno è l'essenza del calcio, è talento puro, è la sfida per eccellenza. Anche perché Kvara non ha lo strapotere fisico di altri grandi campioni moderni (Leao, per esempio), il suo è talento, è occhio, la sua è rapidità, il tocco impercettibile del pallone un attimo prima che l'avversario intervenga. Calcio allo stato puro. Kvara è senza dubbio stato la grande scoperta del nostro campionato e la migliore scommessa vinta degli ultimi anni. E il suo non è l'exploit di una stagione in cui anche i suoi avversari hanno avuto bisogno di tempo per conoscerlo. Il suo è il primo passo di un grande cammino, un primo passo che è già stato il piede sulla Luna dello scudetto.
Kvaratskhelia a Maradona sarebbe piaciuto ed è fin troppo facile pensare che da lassù Diego si sia fatto delle grandi risate a guardarlo giocare. Poi, poi non si può non notare il dettaglio di un trono lasciato solo dopo essersene andato per sempre. Il Mondiale all'Argentina prima, che mancava da quel famoso 1986, 36 lunghissimi anni. Lo scudetto al Napoli adesso, 33 anni dopo. E allora vien solo voglia di continuare ad ascoltare la musica di Victor Hugo Morales, di chiudere gli occhi e provare, solo provare, a sovrapporre il Maradona di ieri al Kvaratskhelia di oggi. Così, semplicemente: "Genio, genio, genio, tà, tà, tà". Gol.