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La forza dei principi di gioco: il calcio "funzionale" di Spalletti

L'organizzazione collettiva è stata fondamentale per la conquista del tricolore da parte del Napoli

di Andrea Cocchi
05 Mag 2023 - 10:51
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© Getty Images
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Il modo di giocare del Napoli, per buona parte della stagione, ha colpito molti per la capacità di combinare i risultati con un più che elevato livello estetico. Spalletti ha, probabilmente, realizzato il suo capolavoro. Ha saputo creare un mix quasi perfetto tra i suoi principi e le caratteristiche dei giocatori a disposizione. Ne è venuta fuori una squadra capace di dominare il campionato e di dare spettacolo fino agli ottavi di Champions League compresi. 

Per capire l'organizzazione di gioco del Napoli bisogna uscire dalle normali logiche basate sui numeri. Certo, il sistema di partenza è il 4-3-3 con qualche virata verso il 4-2-3-1, ma i neo campioni d'Italia hanno una base di principi, oliati nelle sedute di allenamento, che consentono alla squadra di Spalletti di leggere le varie situazioni che si presentano in partita e di adattarsi di conseguenza. Nella fase di costruzione si preferisce l'impostazione dal basso, con i due centrali difensivi aiutati da Lobotka e dagli esterni bassi che si piazzano in linea con il regista. Lo sviluppo può prevedere il superamento della linea avversaria con una rotazione della catena esterna (Di Lorenzo, Anguissa e Politano-Lozano a destra e Mario Rui, Zielinski e Kvaratskhelia a sinistra), che si scambiano la posizione per avanzare verso la trequarti avversaria, che può essere raggiunta anche con l'avanzamento delle mezze ali alle spalle del centrocampo dei rivali. 

L'alternativa sempre valida è il pallone lungo verso la corsa di Osimhen, capace come pochi di sfruttare la profondità, sia cercando direttamente la porta, sia difendendo il pallone per lo scarico verso gli esterni alti o chi arriva da dietro. Una delle poche giocate codificate prevede la ricerca di Politano sulla destra che di prima intenzione cerca una verticalizzazione per il nigeriano che, aiutato dal movimento a rientrare di Anguissa che porta via un centrale avversario, si ritrova a sfruttare l'uno contro uno con il difensore rimasto. Fondamentali sono le letture degli esterni bassi che arrivano spesso a dare una mano in fase di rifinitura, sia sfruttando le sovrapposizioni, sia accentrandosi sulla trequarti, creando così continui dubbi ai laterali avversari. Il tutto nasce da principi condivisi e dalla capacità di riconoscere gli spazi che, come dice Spalletti, vanno ricercati tra i giocatori rivali e non tra le linee.

C'è qualche principio del gioco di posizione, ma quello del Napoli è più classificabile come "funzionale", una filosofia che sta sempre più prendendo piede nel calcio mondiale. I migliori interpreti sono il Fluminense di Diniz in Brasile e il Benfica di Schmidt in Europa. "La mia scelta è più aposizionale. I calciatori si muovono. È un gioco più libero, di settori, i giocatori possono cambiare in ogni settore, cambiano posizione", questa la definizione dell'allenatore brasiliano. Rispetto a questa idea, in verità, nel Napoli ci sono anche giocatori che mantengono una posizione più o meno fissa, come Kvaratskhelia o Politano e Lozano, che garantiscono l'ampiezza, concetto fondamentale in questo Napoli, per sfruttare gli uno contro uno, la velocità in dribbling, in progressione o il taglio verso il centro con o senza palla. 

In fase difensiva il Napoli può pressare l'impostazione bassa avversaria, può aspettare con un blocco medio, con Zielinski che si allinea a Osimhen nel caso gli avversari impostino a quattro (e a quel punto si struttura in un 4-4-2), riaggredisce secondo i principi del gegenpressing appena perde palla, anche in zona avanzata, e sa spezzare la linea facendo uscire i centrali difensivi a seguire gli attaccanti che retrocedono. Un bagaglio di conoscenze, insomma, che ha saputo esaltare le qualità tecniche di un gruppo straordinario. 

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