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PECHINO 2022

Pechino 2022, Razzoli: "Pechino arriva al momento giusto, ai Giochi non si va solo per partecipare"

A 37 anni lo specialista dello slalom, oro a Vancouver 2010, punta alla medaglia a Pechino, come racconta in esclusiva a SportMediaset.it: "Sono in credito con la fortuna, mi sento vicino ai migliori perché non ho mai sciato bene come adesso"

di Giulia Bassi
29 Gen 2022 - 11:15
 © Getty Images

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Chiedete a qualsiasi sportivo quale sia il suo sogno e la risposta sarà quasi sempre quella, scontata, ma non per questo banale: le Olimpiadi. Hanno qualcosa di magico, unico e affascinante quei Giochi dal sapore antico e mitico. Lo sa bene lo sciatore Giuliano Razzoli che a SportMediaset.it racconta come si prepara, a 37 anni, alla sua terza Olimpiade: "E' qualcosa di speciale sì, qualcosa che sogni da bambino. Poi io ho avuto persino la fortuna di vincerla...".

Razzoli dopo Tomba - Ecco, si parte inevitabilmente da lì: da un'Olimpiade vinta. Era il 27 febbraio 2010 e Giuliano Razzoli, specialista dello slalom speciale, diventava campione olimpico ai Giochi olimpici invernali di Vancouver 2010: una medaglia d'oro tornava così in Italia 22 anni dopo Alberto Tomba e le sue magiche discese di Calgary '88 (una delle quali aveva portato all'interruzione del Festival di Sanremo per permettere agli italiani di godersi in diretta l'impresa del campione bolognese).

L'oro olimpico - Quella medaglia del 2010 proiettò Razzoli nell'olimpo dello sport e dalle sue parole, e dalle pause che fa mentre ne parla, si capisce quanto abbia significato "E' un ricordo indelebile e incredibile. E' stato un sogno fortemente voluto e cercato, che mi ha dato la possibilità di trasmettere emozioni e ricevere affetto. Sono riuscito a regalare qualcosa alla gente e questa è una delle cose più belle che succedono nello sport. Se potessi parlare ora a quel giovane Giuliano gli direi solo di goderselo di più, quel momento". 

"La mia carriera bella così, tra alti e bassi" - Perché da quel momento le aspettative di tutti andarono alle stelle e la carriera di Razzoli, costellata da tantissimi infortuni, ha portato qualcuno (ma non lui) a ritenerle disattese, tutte quelle aspettative: "Le aspettative sono degli altri, ognuno deve vivere la propria carriera. Avrei potuto fare di più? Certo, ma ho avuto tanti problemi fisici e adesso sono qui anche per questo. Perché se non avessi avuto tutti quegli infortuni, a 37 anni forse avrei smesso di sciare perché non avrei avuto quella voglia di riscatto e di tornare ad alti livelli che invece ho adesso. La mia avventura è stata bellissima così, tra alti e bassi", dice con voce convinta e serena. 

Spingere al massimo senza rimpianti - I rimpianti, insomma, non gli appartengono. Anzi Razzoli dice di aver sempre impostato tutta la sua carriera proprio per non averne: "Pochi giorni fa a Kitzbühel ho visto che c'era la possibilità di vincere e ci ho provato senza accontentarmi di un altro piazzamento. Sono finito fuori poco prima del traguardo perché ho spinto ma il rimpianto sarebbe stato non averci provato. Io ce l'ho sempre messa tutta, in ogni occasione, poi quello che si raccoglie non dipende sempre e solo da noi stessi: se ad esempio a Pechino faccio la mia gara perfetta e arrivo quarto, sono comunque contento perché il mio l'ho fatto e vorrà dire che ci saranno stati in tre più bravi di me a cui non potrò che fare i complimenti. In fondo lo sport è soprattutto questo, è un modo per crescere, anche se spesso ce ne dimentichiamo". 

Il podio dopo sei anni - Proprio in quest'ultimo periodo, infatti, tutti gridano che Razzoli è tornato: è del 16 gennaio 2022 il podio in Coppa del mondo nello slalom di Wengen, a sei anni di distanza dall'ultima volta. Sei lunghissimi anni in cui "Razzo", come tutti lo chiamano, si è allenato e ha inseguito medaglie e piazzamenti. "E' stato bellissimo, grandioso e meritato. Niente è casuale e quel podio dopo tanto tempo mi ha dato fiducia in vista di Pechino". C'è un senso di serenità nelle sue parole che quasi rimanda alle filosofie e alle tradizioni orientali: nessun posto come la Cina ha un richiamo alla spiritualità così forte da condizionare mente e corpo.

Pechino al momento giusto - Sarà anche per questo, forse, che Giuliano dice convinto che queste Olimpiadi arrivano al momento giusto. Sono le terze per lui, dopo Vancouver 2010 e Sochi 2014, e rappresentano l'occasione che inseguiva. "Nelle ultime gare mi sono sentito vicino ai migliori ed era importante che questo succedesse prima delle Olimpiadi perché così adesso ho una consapevolezza diversa. Sono contento di essere qui, in questo momento a giocarmi le mie possibilità. Ho inseguito per tutta la vita la sciata perfetta che forse non esiste, ma adesso sento che sto esprimendo la mia sciata migliore e questo è bellissimo. Sciare come sto sciando ora è sempre stato il mio sogno". Rieccoli, i sogni. 

L'importante non è partecipare - E se si deve sognare, figuriamoci se può tirarsi indietro uno che ha in camera una medaglia d'oro olimpica, l'emblema di tutti i sogni possibili. "Ho sempre detto che il mio sogno non era tornare alle Olimpiadi, ma tornare alle Olimpiadi con delle chances di portare a casa un risultato. Io ce l'ho fatta, sono qui dopo un percorso complesso che mi dà carica e fiducia. Il fatto stesso di andare ai Giochi è bellissimo ma non basta: non ci si va solo per partecipare ma per provare a portare a casa qualcosa", dice in chiusura. 

(Cinque) cerchi che si chiudono - Anche se di chiusure vere e proprie non ne vuole sentir parlare. Pechino, in teoria, potrebbe essere la sua ideale chiusura del cerchio, da un'Olimpiade a un'altra, e farebbe anche un certo effetto, avrebbe il suo fascino, come si capisce dall'incertezza con cui inizia a rispondere: "Potrebbe sì, ma...". Ma c'è un ma. "Io ho sempre guardato avanti e visto che sto bene, anche fisicamente, non penso a smettere. Di sicuro sono verso la fine della mia carriera ma se sono competitivo posso andare avanti ancora uno o due anni. Anche perché sono decisamente in credito con la fortuna e non si sa mai...". 

Il cipresso indovino - A Pechino 2022 sarà una questione di dettagli: "In sette-otto decimi ci sono 10-15 sciatori, siamo tutti vicini come ho visto nelle ultime gare. Sarà una battaglia avvincente perché in tanti possiamo puntare alla medaglia", dice come ultima cosa. Una medaglia a Pechino, obiettivo dichiarato e per nulla nascosto, visto che ammette di non essere affatto scaramantico. Ripenso che a Pechino, città delle infinite leggende, c'è anche quella del cipresso indovino: è vecchio 700 anni e si trova nel tempio dedicato a Confucio. Si dice abbia il potere straordinario di distinguere i buoni dai cattivi al punto che se passa una persona malvagia le cade il cappello. Per capire la determinazione e la voglia di riscatto di Razzoli non serve un indovino, come per capire che certe critiche avrebbero spezzato molti ma non lui, convinto del suo percorso e della sua storia. Uno a cui, di fronte all'antico mito di un'Olimpiade, di certo non cadrebbe il cappello.

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