Quale pensiero potrà mai avere il primo millenial a vincere una medaglia d’oro per l’Italia? Semplice, tornare a casa. Vito Dell’Aquila, campione olimpico del Taekwondo, sono ormai giorni che fatica a dormire. Troppa l’eccitazione, non si contano i messaggi che intasano il cellulare. L’improvvisa popolarità è piacevole, ma non si avvicina neppure al desiderio di riabbracciare i genitori. Vito è così. E’ un bravo ragazzo, è attaccato alla famiglia, non perde occasione di ricordare quel nonno che tanto ha creduto in lui e che ora non c’è più.
Ecco perché anche in un collegamento televisivo ribadisce che la dedica è tutta per lui. Ora è pronto a salire sull’aereo, ripartire per l’Italia. Una breve parentesi a Roma e poi finalmente Mesagne, nella sua Puglia, dove un paese intero lo attende per fare festa. Ha voglia di qualche giorno di vacanza, ma anche di tornare ad allenarsi perché a fine anno ci sono le finals del Grand Prix.
L’unica medaglia d’oro della spedizione azzurra – almeno dopo i primi quattro giorni di gare – appartiene a un ragazzo semplice per nulla desideroso di vedersi stravolgere la vita. Certo se questo successo facesse da scossone a tutto il movimento, sarebbe il primo ad esserne felice.
Proprio come un altro medagliato: Mirko Zanni. Altra faccia pulita, altro bravo ragazzo, che merita il bronzo nel sollevamento pesi. Vorrebbe essere uno sport per una disciplina che viene erroneamente accostata alla palestra di chi vuole solo gonfiare i muscoli. Qui si parla di sport olimpico e di un ragazzo in grado di sollevare in spalla i 90 kg di Massimiliano Rosolino come se si stesse alzando da tavola. Un altro giovane terribile che non intende fermarsi qui. Andrà anche a Parigi intenzionato a divertirsi.