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Dalla città dell'amore a quella degli angeli, un viaggio di sola andata dalla provincia veneta fino ai riflettori di Hollywood. Non senza peripezie, tra le inevitabili difficoltà di ambientamento negli States e i problemi alla spalla che ne hanno complicato il percorso e il sospirato esordio nell'olimpo del baseball. Alla fine, però, Samuel Aldegheri è riuscito a coronare il suo sogno di giocare in Major League, diventando il primo lanciatore italiano a debuttare nel maggior campionato statunitense. Un traguardo incredibile per chi è partito da San Martino Buon Albergo, paesino alle porte di Verona, e si è ritrovato catapultato ai Los Angeles Angels, dopo esser stato notato dagli scout oltreoceano ed aver firmato, nel 2019, un contratto con i Philadelphia Phillies. Prima la pandemia e poi gli infortuni hanno però frenato il sogno americano dell'atleta 23enne, che finalmente a fine agosto è riuscito a esordire in Mlb. "Mi tremavano le gambe il primo inning, per il resto della partita sono rimasto tranquillo, sono andato fuori e mi sono detto 'fai quello che sai fare' - ha raccontato a LaPresse in occasione di un incontro a Torino con i ragazzi dell'Accademia Piemonte, a lungo in fila per strappare una foto e un autografo al loro beniamino - Ho fatto tre partite, la terza ho avuto un infortunio al dito e hanno deciso di fermarmi. I ricordi sono un po' vaghi, ho provato tanta emozione soprattutto per la mia famiglia che mi ha raggiunto per il debutto".
La passione per il baseball nasce per caso, ereditata dal fratello in una famiglia in cui il papà, tifoso della Juve, aveva giocato a calcio a livello dilettantistico. "Tiravo la palla contro il muro, rimbalzava, la riprendevo e continuavo così tutto il pomeriggio", ha raccontato Aldegheri, che dal gioco del 'muretto' ha bruciato presto le tappe: dalla squadra di paese al Verona, da Verona a Parma. Fino al grande salto negli Usa, dopo esser stato notato da uno scout americano in un torneo internazionale all'età di 15 anni. A 17, arriva la firma con Philadelphia. Sembra tutto facile, ma il passaggio in America "è difficile e drammatico, i primi giorni al complesso di allenamento ero impaurito perché non conoscevo niente della cultura, non sapevo la lingua, non avevo amici - ha confessato - I miei genitori mi hanno fatto presente quanto fossi fortunato, da lì ho deciso di continuare e di provarci".
Successivamente il mondo è però scosso dal Covid, e ogni attività si ferma. Poi, debellata la pandemia, subentrano gli infortuni al gomito. "Ho pensato di smettere perché non vedevo la luce in fondo al tunnel - ha spiegato - ricordo di aver chiamato a casa e avevo detto 'non so se voglio rimanere qui'". Alla fine però la costanza e il talento di Aldegheri sono stati premiati. Con il passaggio in Mlb "cambia tutto, è completamente un altro mondo, sei un professionista a 360°, ti seguono dal dormire al cibo, ci sono i viaggi privati, gli hotel di lusso - ha spiegato - Cambia anche il contratto e lo stipendio". A fare il tifo per il lanciatore veronese c'è poi un supporter speciale, anche lui un 'habitué' di Los Angeles: Alessandro Del Piero, l'idolo di Aldegheri da bambino. "Mi ha scritto su Instagram dopo il mio debutto, mi ha fatto le congratulazioni e mi ha augurato di trovarmi bene a L.A. - ha spiegato - Ero con mio papà quando è successo, ci siamo emozionati entrambi. Pensavo fosse una fanpage invece era proprio lui, ovviamente mi ha fatto un certo effetto". Il prossimo obiettivo, adesso, è confermare il posto in prima squadra nella prossima stagione tra i cinque lanciatori degli Angeles. Intanto, però, la dedica di questo traguardo raggiunto oltre alla famiglia va "innanzi tutto a me stesso, perché il lavoro che c'è stato dietro l'ho fatto io".