Il 37enne di Belgrado ha messo in dubbio la partecipazione alla rassegna in programma a Torino dal 14 al 21 novembre
di Marco Cangelli"Le Finals di Torino non sono un mio obiettivo". Parole che dicono tutto e che allontanano Novak Djokovic dall'ultimo grande appuntamento del tennis mondiale. Il 37enne di Belgrado è attualmente fuori dagli otto giocatori che saranno presenti nel capoluogo sabaudo dal 14 al 21 novembre prossimi, tuttavia si dannerà l'anima per rientrare in corsa per il torneo piemontese. A ora l'ottava piazza dell'ATP Race occupata da Alex De Minaur dista soltanto quarantacinque punti, un'inezia per un campione come Djokovic che però non sembra intenzionato a esserci.
"Non inseguo le Atp Finals, non inseguo la classifica. Per quanto mi riguarda, ho chiuso con quei tornei per la mia carriera. Le mie priorità principali sono giocare per la mia nazionale e gli Slam. Ho vinto tutto, ho 37 anni, inevitabilmente qualcosa è cambiato – ha spiegato il fuoriclasse serbo in un'intervista alla televisione serba Blic Tv -. Di solito nella mia carriera programmavo tutto con sei mesi in anticipo, ma al giorno d’oggi non è più così, ora è più spontaneo. Ho bisogno di riposare fisicamente, emotivamente e mentalmente per iniziare a pensare a cosa voglio fare dopo, in che modo, quando e dove. Per prolungare la mia carriera, ho bisogno di divertirmi, ho bisogno di scegliere saggiamente i tornei a cui giocherò”.
Se è vero che sarà al via del Masters 1000 di Pechino, le priorità per Djokovic sono altre come pensare alla propria famiglia e alla crescita dei figli ai quali vorrebbe dare un'educazione ben precisa: "Stefan e Tara si lamentano perché sono gli unici a scuola senza cellulare, io gli spiego che così ci differenziamo dagli altri, perché siamo testardi sia in senso positivo che in senso negativo. È importante che le persone acquisiscano un po' più di consapevolezza su quello che accade intorno a noi, non è necessario seguire il gregge - sottolinea l'ex numero 1 al mondo -. Oggi ci sono le sfide dei social network, disprezziamo i giovani e diciamo che sono incompetenti, che non sanno niente. E' inevitabile perché viviamo nell'era digitale. Sono genitore di due bambini piccoli e anch'io mi pongo gli stessi interrogativi".