Il 37enne di Belgrado ha raccontato il retroscena sul caso riguardante la mancata vaccinazione contro il Covid-19
di Marco Cangelli© Getty Images
Novak Djokovic è pronto a rimettersi in gioco a trentasette anni dopo un finale di 2024 complicato, tuttavia l'ex numero 1 di tennis serba ancora rancore per quanto accaduto alla vigilia degli Australian Open 2022. Il fuoriclasse di Belgrado era stato fermato dalle autorità australiane a causa della mancata vaccinazione contro il Covid-19, una vicenda controversa che avrebbe avuto degli strani risvolti.
"Si trattava di una questione politica. Non aveva nulla a che vedere con il vaccino, il Covid o qualsiasi altra cosa. Era solo politica. I politici non sopportavano la mia presenza. Per loro, credo, era meno dannoso deportarmi che tenermi lì. Rientrato a casa ho avuto dei problemi di salute. E mi sono reso conto che in quell'hotel di Melbourne mi hanno dato del cibo tossico. L'ho scoperto appena sono tornato in Serbia - ha raccontato Djokovic in un'intervista a GQ Italia - Non l'ho mai rivelato a nessuno pubblicamente dalle analisi è venuto fuori che avevo in corpo un livello di metallo pesante davvero alto. C'erano piombo e mercurio. Ero decisamente malato. Sulle prime sembrava un'influenza, una banale influenza. Tuttavia, nei giorni successivi, quello che pensavo essere un male passeggero mi ha debilitato così tanto. Ho avuto diverse ricadute, finché sono stato costretto a sottopormi a una serie di esami tossicologici".
Nonostante la brutta vicenda, Djokovic è pronto ad andare a caccia dell'undicesimo titolo in terra aussie allontanando di fatto le voci che parlavano di un suo possibile ritiro dalle scene. "Penso più al come che al quando. Sul quando, non ci penso ancora così intensamente. Come... come vorrei chiudere? Immagino che se dovessi iniziare a perdere troppe volte, ad avvertire un divario sempre maggiore con gli avversari e ad avere più difficoltà a superare i veri ostacoli nei tornei di Slam, allora probabilmente la farei finita. Al momento, però, sto bene e continuo ad andare avanti".
Il tennista serbo ha fatto quindi una valutazione anche sugli avversari che ha incontrato nel corso della carriera, fra chi ha deciso di appendere già la racchetta al chiodo e chi invece oggi è in rampa di lancio e potrebbe presto prendere la sua eredità: "Roger Federer: Eleganza. Rafael Nadal: Tenacia. Carlos Alcaraz: Carisma. Jannik Sinner: Sci. Il più intimidatorio? Ti rispondo Nadal. Era famoso per questo, ancora oggi corre nei piccoli corridoi dello spogliatoio e mette letteralmente al tappeto chi gli si para davanti. Escono dalla toilette e lui vuole fargli sentire la sua presenza. Capisci? È un messaggio molto fisico. Ti dice: io sono qui. Sto saltando in giro. Sono pronto per una battaglia. Sarò aggressivo con te fin dall'inizio. Dal primo istante sentirai i miei grugniti. Questo intimorisce molti giocatori".
Djokovic non ha nascosto infine la volontà di rivedere in futuro una Jugoslavia unita. Un progetto politico che il fuoriclasse di Belgrado sposerebbe molto volentieri: "Nei miei sogni più sfrenati, direi in uno scenario perfetto, perché no? Parliamo la stessa lingua o una lingua molto, molto simile. Ci capiamo perfettamente. Se guardi i nostri costumi tradizionali, musica, danza, cibo: sono gli stessi! Esattamente gli stessi. Solo che le parole usate per descriverli sono diverse. Quindi sì, sono favorevole a unire le nostre Nazioni il più possibile. Non penso sia realisticamente fattibile, anche se nulla è impossibile. Ecco perché dico che, se dimostriamo di avere le stesse radici, la stessa storia e di provenire dalle stesse identiche tribù, allora forse qualcosa scatterà nelle persone".