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L'INTERVISTA

Fabbiano a Sportmediaset: "I successi italiani nel tennis sono merito della federazione e presto arriveranno altri Sinner"

L'ex numero 70 Atp a tutto campo: "Jannik può vincere quattro o cinque Slam perché sa accettare di giocare a volte male. Io lavoro per diventare allenatore e... voto Federer"

di Alberto Gasparri
17 Gen 2024 - 10:11

Il tennis italiano maschile sta vivendo il suo momento d'oro, culminato con il trionfo in Coppa Davis. Gli ultimi mesi sono stati entusiasmanti soprattutto grazie alle vittorie di Sinner e ci sono tutte le premesse perché il meglio debba ancora venire. Questi risultati, però, non sono frutto del caso, ma di un lavoro partito da lontano e che lontano porterà. Di Sinner, del movimento azzurro e di un'epopea irripetibile targata Djokovic, Federer e Nadal, ci ha parlato Thomas Fabbiano, ex numero 70 delle classifiche Atp e oggi all'inizio di una nuova carriera da allenatore. "Tanto merito va alla federazione. Innanzitutto per aver portato il tennis nelle case degli italiani con il suo canale televisivo. Questo è stato il primo passo. Poi c'è stato il miglioramento nella formazione dei maestri, che ora hanno basi migliori per poter insegnare il gioco ai giovani d'oggi. Queste due componenti hanno creato la quantità, il bacino d'utenza da cui attingere: tanta gente ha iniziato a giocare, a conoscere il tennis, a provarlo. Partendo da numeri importanti, e facendo la logica scrematura, è aumentata la possibilità di trovare dei campioni", ha detto a Sportmediaset.it il 34enne pugliese in occasione del lancio italiano della nuova collezione di Le Coq Sportif all'Aspria Harbour Club di Milano.

© ufficio-stampa

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-Le dispiace essersi ritirato proprio adesso?
"Qualche anno fa non si parlava di tennis così tanto se non dopo qualche grande vittoria. Nel mio caso, quando ho battuto Tsitsipas e Thiem, c'è stato un bel riscontro per qualche giorno, ma il nostro sport non era ancora entrato nei canali principali di informazione. Però non posso dire che mi dispiace, ho fatto il mio corso, mi sono tolto le mie soddisfazioni. Adesso è giusto che il tennis si prenda quello che merita, cioè essere conosciuto come uno sport vero, leale, molto difficile. Da fuori si vede solo l'ora e mezza migliore, quella delle partite ma non le restanti 22 ore, ciò che c'è dietro, la preparazione, le sofferenze, i sacrifici, le difficoltà fisiche. E' uno sport completo che ti aiuta a crescere in modo anche più veloce rispetto ad altre discipline, come ad esempio quelle di squadra".

-E' pronto per una nuova vita sportiva?
"Adesso insegno tennis, sono passato dall'altra parte della rete se si può dire... Il primo obiettivo è quello di imparare il mestiere perché è vero che si parla sempre dello stesso sport, ma saper insegnare è diverso. L'empatia con i ragazzi me la devo costruire io, bisogna saper spiegare il gioco in modo semplice. Devo fare tesoro degli insegnamenti avuti dai miei allenatori, creare un mix con la persona che sono e cercare di mettere in pratica quello che ho imparato in questi anni".

-Adesso l'uomo simbolo del tennis azzurro è Sinner: perché lui è arrivato a questo livello e altri no?
"Ha una maturità mentale superiore, fa un'analisi sempre lucida della partita e sa gestire i momenti più complicati in modo migliore. Va in campo dimenticando quello che è successo il giorno prima, sia di buono, sia di meno buono, ed è capace di ripartire da zero. In lui c'è sempre una spinta verticale verso il miglioramento, senza farsi prendere dalle emozioni precedenti. Accetta di giocare a volte male e questo lo spinge a trovare la soluzione per vincere comunque. Lui vuole scoprire in allenamento e in partita come fare a essere migliore dell'avversario che quel giorno ha di fronte".

-Ci sono già altri potenziali Sinner in Italia?
"Quel tipo di caratteristiche ancora non l'ho visto in altri giocatori, ma adesso il movimento è così ampio che potrebbero arrivare tanti Sinner più velocemente rispetto al passato, senza dover aspettare trent'anni. Stargli vicino, guardarlo, sentirlo analizzare le partite, ascoltare le sue interviste, dà tanta speranza agli altri perché non fa niente di speciale se non essere ancora più semplice rispetto a quanto uno pensi che si debba fare per essere al top. Quindi, allenarsi duramente e vivere la giornata per quello che è, con le sue difficoltà e i suoi momenti migliori".

-Di certo però la pressione su di lui è aumentata
"I grandi campioni devono sopportare la pressione. Se tanti parlano di lui, vuol dire che sta facendo qualcosa di buono. Adesso tocca alle persone che gli stanno vicino, farlo continuare a rimanere concentrato sul lavoro. Il gruppo, il team nel suo insieme, conta tantissimo. Ti deve voler bene, deve lavorare per te e darti una sorta di protezione contro le voci, contro le persone che vogliono avvicinarti per secondi fini. Serve un preparatore fisico competente che riesca a ragionare sul lungo termine e un manager che non ti faccia giocare per i suoi interessi. Come serve fortuna per trovarli e capire in tempo chi hai attorno. Ma quelli che sono riusciti ad avere le persone giuste, sono poi diventati i campioni che abbiamo ammirato fino a oggi".

-Il 2024 sarà l'anno del suo primo Slam e magari anche del numero 1 in classifica?
"Secondo me uno Slam potrebbe vincerlo quest'anno, è sicuramente tra i primi tre candidati. Per il numero uno potremmo anche dover aspettare, non necessariamente se vinci un torneo Slam poi diventi numero 1, perché serve la continuità di un anno intero".

-Già gli Australian Open potrebbero essere l'occasione giusta?
"A Melbourne può vincere, forse quello più difficile per lui è Wimbledon, dove ha giocato meno negli anni, anche se paradossalmente è quello in cui ha più chance per le sue qualità e il suo gioco. Però sulla terra sa giocare, sul cemento prende a pallate tutti: bisogna solo dargli tempo. Se non è quest'anno, sarà il prossimo, o tra due. Salvo infortuni, giocherà 40 Slam nei dieci anni a venire e non vedo come non possa vincerne quattro o cinque. O almeno di sicuro potrà crearsi le occasioni per vincerli e provare a sfruttare le chance, con bravura e fortuna".

-Chi sta vivendo un momento difficile, invece, è Berrettini: solo colpa degli infortuni?
"Non è una questione di condizione fisica, sono infortuni che lui ha sempre avuto negli anni, solo che ora stanno durando un po' di più. La vita gli sta dando anche altre opportunità, è diventato una notorietà, ci sono distrazioni in più, che però è stato bravo a crearsi e credo anche a gestire. Ha fatto una finale a Wimbledon dopo essere entrato nei primi dieci, per tre o quattro anni ha continuato a crescere. Poi arriva per tutti una fase che riesci a gestire un po' meno. Questa fragilità fisica, però, è stata quasi una sua forza perché nei momenti di stop si è sempre creato quasi una corazza per dimostrare di essere un giocatore di alto livello".

-Dopo le emozioni che ci hanno regalato Schiavone, Pennetta, Errani e Vinci, le nostre donne si sono un po' perse?
"Sono dei cicli, come dimostra quello maschile che mai pensavamo di poter avere così ampio. Se la federazione continua a lavorare così, torneranno a vincere anche loro. Non stiamo comunque parlando di un movimento inesistente, anzi. Però adesso quando abbiamo uno che è 4, l'altro che è 15, l'altro ancora che è 25, ci sembra che avere tre, quattro o cinque ragazze nella Top 100 non sia più abbastanza. Ma sono sicuro che anche il settore femminile saprà di nuovo farci divertire".

-Come ci hanno fatto divertire Djokovic, Federer e Nadal: Fabbiano vota...
"Direi Federer per l'eleganza e per come ha cambiato la visione del tennis in questi anni. Ma parlo di gusto personale. Sotto il profilo dei risultati penso che il migliore della storia sia Djokovic per quanto ha vinto. Certo, non mi aspettavo che in tre si dividessero 64 Slam: fino all'epoca di Sampras già vincere 7 Wimbledon e 14 Slam mi sembrava una cosa che potesse accadere ogni 200 anni. Invece ne abbiamo avuti tre così negli stessi 20 anni e ora immaginare che Sinner, Alcaraz e Rune si dividano 20 Slam nei prossimi 10 anni sembra quasi una cosa stranissima".

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