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L'INTERVISTA

Caso Sinner, l’esperto fa chiarezza: “Il rischio squalifica è concreto, ma le parti potrebbero trovare un accordo”

L’avvocato Angelo Cascella ha fatto il punto sul ricorso attuato dalla WADA

di Marco Cangelli
17 Dic 2024 - 13:38
 © Ufficio Stampa

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Jannik Sinner ha concluso in bellezza il suo 2024, tuttavia su di lui pesa ancora il ricorso della WADA per la positività al Clostebol. Un procedimento che andrà a intaccare l’inizio della nuova stagione e che potrebbe influenzare il prosieguo della sua carriera. A far chiarezza sulla vicenda ci ha pensato l’avvocato Angelo Cascella, esperto in diritto sportivo internazionale ed ex membro del TAS di Losanna il quale ha spiegato in quali rischi potrebbe incorrere il numero 1 del tennis mondiale.

Cosa rischia attualmente Jannik Sinner?

Essendo state effettuate delle analisi ed essendo stato dimostrato la sussistenza di tracce dopanti, l’atleta rischia una condanna da uno a due anni. In questi casi possono sussistere il dolo oppure colpa o negligenza. Nel primo caso la condanna può arrivare sino a quattro anni di squalifica, nel secondo, come richiesto per Sinner, si va da uno a due anni.

Perché la WADA ha deciso di ricorrere in appello?

Perché la norma prevede che sia vietato trovare all’interno delle analisi a cui viene sottoposto un atleta sostanze inserite nella lista delle sostanze proibite. Se nelle analisi di sangue o urine vengono trovate sostanze vietate di cui atleta e staff sono perfettamente a conoscenza, in questo caso scatta la responsabilità dello sportivo. Lo stesso è infatti responsabile delle sostanze che vengono trovate nel suo corpo e, nel caso di Sinner, alcune di esse sono state rilevate nei controlli svolti il 10 e il 18 marzo 2024. L’atleta avrebbe avuto il diritto di svolgere delle contro-analisi, tuttavia ha preferito non richiederle e per questo motivo è stato automaticamente sospeso. Sinner ha fatto ricorso in entrambe i casi e la Federazione gli ha consentito di tornare a giocare immediatamente. Avendo però trovato delle sostanze nelle analisi, l’atleta ha dovuto giustificare la sussistenza delle stesse, spiegando l’origine di questa presenza. Usufruendo di un tribunale indipendente, l’ITIA ha sentito Sinner, i testimoni e i suoi periti ritenendo come non ci fosse responsabilità da parte dell’atleta. Nonostante ciò, la WADA ha legittimamente esercitato il diritto d’appello impuntando presso il TAS la decisione.

Il direttore generale della WADA ha sottolineato come Sinner sia responsabile di questa contaminazione. Se non è stata causata volontariamente, perché rischia comunque una squalifica?

Il direttore si è attenuto all'applicazione delle norme: l’atleta è responsabile anche dello staff di professionisti che lo affianca. Se ci sono degli errori dello staff, questi influiscono sulla posizione dell’atleta e ciò può portare a una squalifica. Questo è il principale motivo per cui la decisione dell’ITIA è stata impugnata dalla WADA. L’Organizzazione Mondiale Antidoping non ha detto che Sinner ha appositamente violato le norme, ma ha contestato una colpa o negligenza. Non dobbiamo dimenticare come le norme antidoping siano state stilate a tutela della salute degli atleti. In questo caso andiamo a parlare di steroidi anabolizzanti, quindi vietati perché rischiano di creare danni alla salute dell’atleta.

La WADA ha annunciato che nel 2027 cambierà le regole proprio sulla contaminazione e sulla modica presenza di sostanze dopanti. Tutto ciò potrebbe aiutare la difesa di Sinner?

In punta di diritto no, perché la norma sarà in vigore a partire dal 2027, il che vuol dire che non influisce sulla decisione di questo caso che è antecedente. Il caso dovrà essere quindi deciso sulle norme sussistenti, quindi non si potrà applicare il cosiddetto “favor rei”. Se le norme fossero state immediatamente operative, avremmo forse potuto auspicare un’estensione a un caso già iniziato con una diversa normativa.

Si è parlato di “percentuali infinitesimali”, sottolineando come la sostanza non influisse sulle prestazioni dell’atleta. Ciò potrebbe scagionarlo?

No, perché calcoliamo che l’aspetto della modica quantità o infinitesimale non c’entrano con il diritto in quanto la sostanza vietata non può esser trovata all’interno dell’atleta. Il fatto che la sostanza non vada a migliorare la prestazione dell’atleta, anch’esso non ha importanza perché ciò che conta è che la sostanza ci sia. Poi che in futuro ci possano essere delle modifiche del regolamento non riguardano il presente caso.

Jannik Sinner potrebbe usufruire di alcune attenuanti che riducano la squalifica?

Ho verificato che in questi mesi ci sono stati altri tennisti che sono stati squalificati per alcuni mesi per altre situazioni di doping. È chiaro che altre situazioni che possono sembrare simili, alla fine non sono identiche; quindi, ogni caso fa storia a sé. Quella diversità può portare da una pena rispetto a un’altra. Il rischio di una condanna c’è, ma nello stesso tempo è possibile che le parti in questi mesi si sentano e si possa trovare un accordo a titolo transativo su qualcosa che vada bene a entrambe e sospendere il giudizio dell’udienza visto che non arriverà prima della primavera 2025. Come mi è già capitato, si potrebbe anche trovare una conciliazione in sede d’udienza o anche prima della stessa. Bisognerà inoltre vedere cosa sarà inserito nelle pagine difensive. Il giudizio del TAS può affrontare ex-novo la questione, quindi possono esser risentiti testimoni, i periti di cui si è avvalso Sinner per giustificare varie cose, però di fatto il giudizio sarà lungo. Da lì bisognerà capire quale sarà la scelta processuale che gli avvocati di Sinner intenderanno adottare.

Ci potrebbero essere anche delle conseguenze economiche su Sinner?

Sì, perché i contratti di sponsorizzazione in genere contengono delle clausole che, in caso di positività all’antidoping, possono portare all’annullamento di un contratto stesso o al pagamento di penali a carico dell’atleta stesso che possa esser trovato positivo. Il rischio per l’atleta è di andare incontro a delle sanzioni, con la WADA che ha chiesto una squalifica da uno a due anni, quindi puntando su colpa o negligenza. 

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