L'italiano, però, può sognare ancora le Finals
Bastano un'ora e venticinque minuti a Jo-Wilfred Tsonga per battere Matteo Berrettini, sconfitto ai Masters 1000 di Parigi in due set. Finisce 6-4, 6-3 per l'eroe di casa, che rimane in controllo della partita per tutta la sua durata e fa anche un gran favore al connazionale Gael Monfils. Ora la qualificazione alle Atp Finals di Roma non dipende infatti più dal solo Berrettini, che dovrà anche aggrapparsi ai risultati degli altri.
Contratto nelle prime fasi di partita, quindi in ritardo sui colpi dell'avversario, lento e alla fine anche un po' sfiduciato. Non è certo la migliore versione stagionale di Matteo Berrettini quella che si presenta sul cemento di Parigi-Bercy per la sfida contro un Jo-Wilfred Tsonga invece tirato a lucido e pronto a sfoderare il suo tennis migliore davanti a un pubblico che lo adora. Ci si aspetta una grande partita, in ogni caso, e infatti gli spalti acclamano entrambi i contendenti prima dell'inizio del match. Appare però evidente quasi da subito che il romano non è in serata: il primo game si apre con un gran passante in back e la possibilità di strappare il servizio a Tsonga, il francese però non concede il break e anzi se lo prende per il punto del 2-0. Berrettini prova a tornare in partita con il controbreak del 3-2 sfruttando una fase in cui Tsonga sbaglia molto. Non altrettanto nel decisivo decimo game, quello che vale il 6-4 contro cui l'azzurro non riesce a replicare. E il secondo set inizia con le stesse premesse, e finisce anche peggio: ancora Berrettini non riesce a far fruttare una palla break, poi sembra quasi incupirsi quando l'avversario arpiona il 4-2 con un diritto radente velenosissimo. La reazione non c'è e la vittoria è di Tsonga, che la celebra saltando di gioia davanti al suo pubblico in estasi. Berrettini invece indossa il cappellino ed esce a capo chino dal palazzetto parigino, consapevole che una semifinale di Gael Monfils sarebbe sufficiente a fargli mancare la qualificazione alle ATP Finals di Londra. Ripensando a quanto successo nell'arco di sei mesi, con tanto di passaggio dal numero 53 al mondo fino all'attuale 9, c'è però davvero poco da rimproverarsi.