Nel lavoro di Mauro De Cesare il ricordo di una bandiera della Roma che ha deciso di lasciarci troppo presto
Due date ricorrono in modo impressionante e drammatico nel racconto di chi sia stato Agostino Di Bartolomei: 30 maggio 1984 - 30 maggio 1994. Dieci anni esatti che separano la più grande delusione calcistica di chi ama la Roma dalla più grande tragedia di chi ha amato lui. Tra meno di due mesi saranno 40 dalla finale di Coppa dei Campioni persa all'Olimpico dai giallorossi e 30 dal suicidio di uno dei capitani più amati della storia della Roma.
Mauro De Cesare mette insieme, in modo emozionante, storie, testimonianze dirette e ricordi di chi ha potuto vivere a stretto contatto con Ago, dalla moglie e il figlio, agli ex compagni, ai tifosi della Curva Sud, agli addetti ai lavori. Ne esce uno spaccato di vita che parte dalla sua adolescenza, agli amici di Tor Marancia, alle sfide con i coetanei della Garbatella, al suo primo campo di gioco.
Poi ci sono i campionati vinti con la Primavera della Roma, il debutto in prima squadra con Herrera, la consacrazione con Liedholm, che gli trova la giusta posizione in campo davanti alla difesa, lo scudetto del 1983, quella finale maledetta, il trasferimento, vissuto come un tradimento, al Milan, l'esperienza a Cesena e la conclusione della carriera alla Salernitana per trasferirsi nel Cilento, terra di origine dell'amatissima moglie Marisa.
Ognuno descrive il suo Agostino e chi lo ha conosciuto bene, o benissimo come chi ha passato la vita nella stessa casa con lui, lo descrive tutt'altro che ombroso ma divertente, affettuoso, diverso da come veniva dipinto e da come è diventato quasi normale immaginarselo dopo il gesto che ha posto fine alla sua vita. C'è un figlio che rimpiange tutti gli anni che non ha potuto passare con lui, una moglie che ricorda particolari semplici ma bellissimi, come il fatto che nel portafoglio tenesse una foto di Padre Pio e una della Curva Sud. Nel libro non si cade nel facile tranello di chiedersi i perché di un gesto di quella portata. Non c'è mai un perché, c'è solo la disperazione di un momento che può comprendere solo chi lo mette in pratica. Agli altri non resta che il dolore, il rimpianto, il ricordo e l'amore, che è davvero l'unica cosa che può sconfiggere la morte.