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Controstoria... possibile dell'alpinismo: giustizia è fatta?

Un saggio edito da Laterza con il Club Alpino Italiano prova a ridisegnare le origini dell'alpinismo e la paternità di molte prime ascensioni

di Stefano Gatti
31 Mar 2024 - 11:59
 © S. Gatti

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Una storia (anzi una controstoria) che corre verso l’alto parallela a quella ufficiale e torna a valle con una proposta alternativa circa le origini dell’alpinismo e le sue motivazioni, in discontinuità con quella generalmente (e storicamente appunto) accettata. Questo in estrema sintesi il senso del saggio dal titolo “Controstoria dell’alpinismo” di Mario Zannini, pubblicato a metà del mese di febbraio da Editori Laterza e dal Club Alpino Italiano nella collana i Robinson/Letture (Serie Tracce). Un lavoro, quello del docente Storia dell’Europa all’Università di Udine, che gode quindi dell’imprimatur del CAI e ne dimostra accoglienza e disponibilità ad aprire un dibattito, aprendo a nuove ipotesi su tempi, modi e senso di un movimento le cui origini sono state fin qui elaborate nel senso di un’emancipazione - alle sue radici razionalista e in qualche modo forzosa - della montagna (e dell’arco alpino in particolare, raggio d’azione… storicamente inoppugnabile del saggio) rispetto alla ristrettezza di vedute e alla superstizione delle sue stesse popolazioni. Zannini non arriva a proporre una nuova verità a tutti i costi ma ne propone una parallela, che rende intanto giustizia alla gente di montagna come prima esploratrice della propria terra. Un ribaltamento di prospettiva possibile, imprescindibilmente legato al punto di vista che si vuole adottare, agli strumenti che si vogliono utilizzare e alle premesse dalle quali si intende muovere.

© Editori Laterza

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Nella nostra lettura, partiamo proprio dal presupposto che l’alpinismo non è una scienza esatta, anche se sono proprio gli studiosi delle scienze naturali dell’Illuminismo settecentesco i primi indiziati nella caccia all’identificazione dei primi alpinisti della storia. Loro oppure - prima di loro - il letterato Francesco Petrarca con la sua salita al Mont Ventoux nel 1336 o magari Antoine de Ville e compagni per conto di Carlo VIII Valois re di Francia sul Mont Aiguille, significativamente nell’anno di grazia 1492? Curiosamente, due avvenimenti separati da ben centocinquantasei anni, su due montagne tra di loro distanti solo poco più di una settantina di chilometri in linea d'aria nel Sud della Francia.

© Getty Images

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E ancora, gli uomini di scienza oppure - dopo di loro - i viaggiatori borghesi del Nord Europa e quelli britannici in particolare? Ecco, il passaggio-chiave e risolutivo (per usare un linguaggio legato all’alpinismo) è il termine “borghesia”: quella cittadina europea in ascesa e in prima linea sulle alte vie e su quelle alpinistiche, “rubando” le vette a quella locale. L’esempio più emblematico - nel saggio - è quello relativo all’esplorazione e alla “conquista” (termine in questo caso azzeccato) del Monte Bianco. Il committente borghese che sponsorizza la corsa alla vetta come fosse un quadro da dipingere, ammettendovi a parole il cacciatore di camosci, il curato di montagna o il notabile locale ma di fatto snobbandoli. 

© Editori Laterza

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Punto per punto, anzi quadrante alpino per quadrante alpino, Zannini rintraccia e quasi sempre identifica (restituendo loro in qualche modo onore) altrettanti primi salitori locali sulle Alpi Occidentali come sulle Giulie, su entrambi i versanti dello spartiacque alpino principale, sui quattromila delle Graie come sulle Dolomiti. Come detto, la proposta è interessante e a suo modo romantica. A cambiare è semmai l’approccio dello scienziato, che è diverso da quello del cacciatore, che è a sua volta differente da quello del lord inglese e quest’ultimo dalle motivazioni del cercatore di cristalli.  

© Editori Laterza

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Si tratta di intendersi insomma, più che di raddoppiare quando non moltiplicare la lista delle prime scalate sulle Alpi. Se vogliamo, il trait d’union, la sintesi possibile (al di là di quella più semplice e fin banale-la figura della Guida Alpina), è la curiosità. Scalare le montagne e raggiungerne la vetta. Non solo per vedere cosa c’è dall’altra parte e quanto lontano si possa vedere da lassù, quanto per soddisfare un intimo desiderio di conoscenza: che non si misura per forza con uno strumento scientifico, ma con un godimento fisico e spirituale trasversale alla storia (e alla controstoria). Valido sempre: dal Medioevo ai giorni nostri passando per il Rinascimento, l’Illuminismo l’Ottocento e le due Guerre Mondiali. Che il proprio intento sia la conoscenza scientifica oppure l’elevazione del cuore, la pura ricreazione come la performance sportiva, fino alla moda o al business. La montagna offre spazio a tutti, tocca poi a ciascuno dei suoi frequentatori trovare i proprio limite e il proprio ambito. Scrivendolo poi magari nello spazio lasciato in bianco delle cinque pagine di “annotazioni” alla fine del saggio.

© Getty Images

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Curiosità e poi ancora (forse prima) autocoscienza: quella che è forse mancata ai primi salitori "local" - nel senso della consapevolezza dei loro exploits indigeni - insieme alla progettualità e al superamento dell'ambito locale appunto. Sono queste, a nostro personalissimo avviso - le caratteristiche della definizione di alpinismo. Alle quali aggiungere la divulgazione programmata e programmatica della performance d'alta quota. Un carattere modernissimo, anzi contemporaneo: aderente al modo di agire del mondo di oggi ma non per questo parziale o limitante.  

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Borghesia cittadina e di villaggio, curiosità, coscienza. Altrettante parole chiave utili a decifrare la controstoria dell'alpinismo e apprezzarne fino in fondo il tentativo di rendere giustizia alle popolazioni alpine. Il cui primato - antropizzandole nel corso della storia - risiede nell'averle "coltivate" (nel senso più ampio del termine), con una lungimiranza sconosciuta ai visitatori esterni. Quasi sempre, almeno.

“Controstoria dell’alpinismo” (198 pagine con illustrazioni) è disponibile in libreria al prezzo di 18 euro. Prezzo scontato per i soci del Club alpino italiano su store.cai.it

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L'AUTORE

Andrea Zannini insegna Storia dell’Europa all’Università di Udine. Si è interessato di storia economica e sociale della Serenissima, storia dell’emigrazione e storia della Resistenza. Tra le sue pubblicazioni: Storia minima d’Europa. Dal Neolitico a oggi (il Mulino 2019) e L’altro Pasolini. Guido, Pier Paolo, Porzus e i turchi (Marsilio 2022).

© Getty Images

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